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Le Borse virano (di nuovo) in rosso per colpa (anche) della Bce

Bizze da referendum: dopo il no dei risultati e la paura di un crollo sul Ftse Mib, il listino milanese ha invece deciso di farsi coraggio e puntare in alto. Ecco allora che dopo un avvio di seduta partito con un preoccupante -2%, si è arrivati dopo nemmeno mezz'ora di contrattazioni a superare prima la parità e poi a raggiungere un rassicurante 1%.

Il cambio di rotta

Purtroppo l'illusione è stata breve e al giro di boa della mattinata il Ftse Mib ha registrato, alle 14.20, un passivo che è tornato a -1,3%. Il resto dell'Europa, invece, preferisce muoversi al rialzo con il Ftse 100 che alla stessa ora vede un aumento dello 0,3%, il Dax a +1,4% e il Cac 40 a +0,85%. Un andamento contro corrente rispetto al resto del Vecchio Continente che nasce non per questioni tecniche o politiche, sebbene la situazione del panorama italiano sia alquanto confusa attualmente, bensì a causa delle dichiarazioni del membro della Bce Ewald Nowotny,

il quale avanza l'ipotesi di un possibile ricorso a risorse pubbliche per riuscire a salvare le banche più problematiche. Dichiarazioni che, al contrario del risultato del referendum, hanno infiammato la platea di Piazza Affari portando nuovamente il listino in territorio negativo e confermando l'estrema volatilità della seduta. Una dichiarazione, quella dell'esponente della Banca Centrale, che nasce dal fatto che in Italia non è stata fatta nessuna operazione di questo tipo, a differenza di quanto invece accaduto in Germania e in Austria. A fargli eco anche il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che però tende a gettare acqua sul fuoco ricordando come l'economia italiana sia fondamentalmente forte; quello che è cambiato, da ieri a oggi, è un allungamento dei tempi tecnici e forse anche burocratici per il salvataggio delle banche.

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Nessuna crisi dell'Ue. Per ora

Nessuna crisi del blocco Ue all'orizzonte, dunque, ma solo la consapevolezza di un aumento delle incertezze di fondo che obbligano all'attesa per le prossime mosse politiche. Più caustica l'opinione di Morgan Stanley (Xetra: 885836 - notizie) che guarda a possibili aiuti di Stato per Mps (BSE: MPSLTD.BO - notizie) ormai sempre più probabili anche alla luce di una raccolta finora ferma a poco più di 1 miliardo di euro dall'operazione di conversione dei bond subordinati contro un target fissato intorno a 1-1,5 miliardi di euro. E l'incertezza politica di certo non aiuta le decisioni che gli investitori esteri dovranno prendere visto che sul tavolo delle ricapitalizzazioni non ci sono solo gli obbligazionisti di Mps ma anche Unicredit (EUREX: DE000A163206.EX - notizie) con un progetto altrettanto complesso. Guardando ai numeri si parla di 13 miliardi solo per Unicredit mentre i 5 fissati per Mps sono estremamente suscettibili verso un rialzo. Il NO al referendum, nel migliore dei casi, allunga i tempi per avere una visione chiara di quanto il governo farà (se lo farà) e di quando, eventualmente, lo farà.

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