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Brexit, troppi interessi in gioco per una trattativa amichevole

Dimenticate le buone intenzioni, la retorica del "siamo tutti amici", e le parole pronunciate dai capi di governo subito dopo il referendum sulla Brexit. Ancora alle prese con il risultato scioccante che ha visto la vittoria di "Leavers" lo scorso giugno, i leader europei avevano cercato sin da subito di calmare le turbolenze dei mercati finanziari con parole che sembravano ispirate dalle migliori intenzioni, del tipo "ci siederemo intorno ad un tavolo per cercare di capire come fare in modo che le trattative siano vantaggiose sia per il Regno Unito che per l'Unione europea ".

Pochi mesi sono passati da allora e, complice la scelta del primo ministro britannico Theresa May di optare per una "hard Brexit", le buone intenzioni sono già finite nel dimenticatoio. Che i negoziati per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea si risolveranno in una guerra senza esclusioni di colpi è ormai chiaro a tutti e il motivo è semplice: troppi soldi, troppi interessi in gioco, che ruotano attorno al centro finanziario di Londra e una opportunità troppo ghiotta per i paesi europei di sottrarre, una volta per tutte, il tesoro finanziario rappresentato dalla City rendono impossibile pensare che la torta possa essere equamente (ma, soprattutto, lealmente) divisa.

Si tratta di una partita a scacchi che vale diversi trilioni di euro. Un occasione unica di vincere una storica partita per Germania e Francia, con altri paesi, come Italia, Olanda e Lussemburgo pronte a balzare sull'ambita preda inglese. L'unico alleato del Regno Unito resterebbe la Spagna, ma Madrid ha un peso politico troppo modesto all'interno dell'Unione per poter influenzare realmente le trattative. Al contrario, l'asse europeo sarebbe difficilmente scalfibile da Londra, la cui unica arma rimasta da giocare nei negoziati è data dalle dimensioni del suo mercato per i prodotti e servizi made in Europe. La promessa da parte del presidente della Commissione Jean Claude Junker che il conto da pagare, per Londra, "sarà molto salato" non lascia certo presagire nulla di buono.

Assicurazioni, servizi finanziari, servizi di negoziazione, clearing, servizi derivati, fintech. L'elenco dei prodotti e dei servizi finanziari che possono essere sottratti allo squared mile della City è molto lungo e la carta vincente nelle mani degli europei è rappresentata dai diritti di passporting finanziari, che obbliga le società finanziarie che vogliono vendere i loro servizi ai paesi dell'Unione ad avere una sede situata in un paese membro. Da questo punto di vista, la strategia della Commissione potrebbe essere quella di esacerbare la differenza delle norme vigenti nel Regno Unito da quelle vigenti nell'Europa continentale, magari inflazionando il contesto normativo europeo in materia finanziaria, con lo scopo di rendere impossibile, per i banchieri e i finanzieri di oltre Manica, il continuare a mantenere il loro quartier generale a Londra.

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