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La Consulta blinda Letta per le riforme, maggioranza doppioturnista

di Paolo Biondi ROMA (Reuters) - Come incide la sentenza della Consulta sul governo e la sua durata? Quale formula elettorale esce rafforzata? In sintesi la risposta a queste due domande è questa: Enrico Letta appare blindato o comunque rafforzato nel suo obbiettivo di arrivare fino al 2015, con la condizione che si dia però un solido programma di poche riforme possibili; c'è ora in Parlamento una maggioranza su una riforma elettorale a doppio turno. Vediamo i dettagli. Dopo un iniziale sconcerto e sbandamento davanti alla decisione della Corte, dovuti soprattutto alle attese per un rinvio della decisione a gennaio e alle speranze covate da qualcuno che la Consulta regalasse al Paese un Mattarellum o comunque una legge elettorale subito fruibile, i commentatori sono abbastanza concordi in questa interpretazione. La Consulta, bocciando il premio di maggioranza e le liste bloccate, anche se bisognerà attendere le motivazioni per capire bene i dettagli, consegna al Paese un proporzionale con sbarramento del 3% alla Camera e del 4% al Senato e la preferenza unica sul voto di lista, cioè quel che resta del Porcellum senza premio e liste bloccate. Il proporzionale oggi, in una sistema sostanzialmente tripolare (Pd, Fi e grillini), più forze al centro e alle estreme consolidate seppure in una situazione defilata, consegnerebbe il Paese a una sostanziale ingovernabilità e quindi a necessarie nuove larghe intese. E' la situazione che in questo momento prediligono Beppe Grillo e Silvio Berlusconi che hanno bisogno di scompaginare il quadro attuale (portando il Paese a nuove elezioni) ma anche di una nuova legislatura per consolidare le rispettive posizioni. E' una convenienza piuttosto evidente ma che non può essere detta. E' questo il motivo per il quale Roberto Calderoli, il leghista con grande fiuto politico ma ormai defilato, ha dichiarato che la decisione della Consulta colpisce soprattutto Grillo, Berlusconi e Matteo Renzi. Di Grillo e Berlusconi si è detto, del sindaco di Firenze va precisato che avrebbe preferito elezioni in primavera per sfruttare il suo momento magico e il trampolino di lancio delle primarie di domenica prossima, senza farsi logorare da tempi lunghi. Ma ora ha dichiarato che bisogna fare le riforme in questa legislatura e indicato un tabellino di marcia che prevede nuova legge elettorale entro giugno ed elezioni nel 2015. Ha cioè rassicurato così Letta e Napolitano sulle sue intenzioni. Sull'onda della sentenza, approfittando un po' troppo del respiro che concede al dibattito politico, c'è una parte del mondo politico - in particolare qualche centrista, ma anche altri parlamentari sparsi negli schieramenti - che ha iniziato a pronosticare che, allungandosi i tempi, si può andare anche al 2016 pronosticando una legislatura che si avvicina alla sua durata piena. Questa ipotesi "estremista" non è piaciuta al Quirinale. Fonti della presidenza della Repubblica fanno sapere che il capo dello Stato non gradisce "perdite di tempo" e che la sua impostazione resta quella di sollecitare le forze politiche a fare le riforme entro il 2015 per trovare poi "nuovi assetti istituzionali" e, quindi, politici. Tradotto vuol dire: orizzonte del governo resta quello del 2015, né prima, né dopo. Il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello ha questa mattina ribadito che il Parlamento non ha più alibi per procedere sulla strada delle riforme, visto che il Porcellum non esiste più né è accettabile un ritorno al proporzionale. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ha ribadito che, se le Camere non faranno passi avanti, interverrà direttamente il governo, probabilmente con un suo disegno di legge visto che l'uso del decreto è difficilmente ipotizzabile per la delicatezza della materia. Ma iniziativa del governo vuol dire una cosa: individuare una maggioranza di partenza per le riforme, maggioranza che parte dall'attuale coalizione di governo e che cerca poi di allargarsi sulla materia nella aule parlamentari. Come già dicevamo alcuni giorni fa è probabile che la maggioranza converga su una riforma a doppio turno, ipotesi sulla quale è d'accordo anche Renzi e che potrebbe dare maggior forza contrattuale ad Angelino Alfano nei confronti di Berlusconi (sul fronte del centrodestra). E' questa la partita che si sta aprendo e che diventerà operativa da gennaio, da quando cioè - come ha detto Renzi l'altra sera - si definirà il "nuovo patto" programmatico del governo Letta, quello che il premier illustrerà solo a grandi linee mercoledì il Parlamento. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia