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Il crollo dei prestiti interbancari

È raro che io possa espormi dal punto di vista temporale riguardo un dato fenomeno di mercato. Questa volta farò un'eccezione. Lo stimolo a prendere questa decisione me l'ha dato la lettura di due articoli, entrambi riguardanti un unico tema: la recente mania nei casinò azionari definita "buy the dips", ovvero, comprare durante i ribassi. In parole povere, si cerca di trarre profitto dai momentanei ribassi dei titoli per comprarli e fare profitti su una rinnovata salita. Problema: la recente salita dei titoli azionari non è stata affatto fisiologica. Tornando, quindi, ai due articoli il primo a ventilare l'ipotetica fine di suddetta mania è stato un portavoce di Goldman Sachs (NYSE: GS-PB - notizie) sul Financial Times, seguito da un manager in un famoso hedge fund su Bloomberg. Inutile dire che entrambi, non avendo una teoria coerente riguardo il ciclo economico, parlano solamente di shock esterni o mancanza di volatilità come causa del recente crash nel mercato azionario, ma questo è qualcosa che affronteremo più in là in questo articolo. Parliamo prima dell'importanza di queste due notizie. Esse infatti arrivano in concomitanza con un evento a cui pochi hanno dato peso, mentre invece rappresenta un punto cruciale nello svolgimento del ciclo economico.

Infatti esistono vari strumenti attraverso i quali capire quando la fase di boom è praticamente alle battute finali e si appresta ad entrare in scena quella di bust. Oltre alla curva dei rendimenti, l'altro fattore importante da tenere d'occhio è il mercato dei finanziamenti interbancari. Ne ho spiegato l'importanza in questo articolo. Secondo i dati più recenti, nelle prime settimane del 2018 i prestiti interbancari sono scesi di circa $55 miliardi, un calo di circa l'80%, raggiungendo un minimo storico.

Il prestito interbancario è entrato in un lungo declino a seguito della risposta della Federal Reserve alla crisi finanziaria del 2008. Da allora i programmi di QE della FED hanno iniettato nelle banche migliaia di miliardi di dollari in riserve e, inoltre, la FED ha continuato a pagare interessi su tali riserve. Entrambe le misure hanno notevolmente migliorato i rapporti di capitale delle banche e hanno ridotto la necessità di accendere prestiti l'una dall'altra tramite prestiti interbancari. Ciononostante, l'entità e la tempistica del recente calo dei prestiti interbancari è anomala. Perché è importante? Perché questo parametro rappresenta il termometro della fiducia che le banche commerciali ripongono l'una nell'altra. E adesso che le varie banche centrali del mondo stanno tirando il freno a mano, il sudore freddo inizia a colare in quei settori maggiormente intorbiditi dalla gigantesca offerta d'acquisto partorita dalle rotative dei banchieri centrali.

Ci sarà da divertirsi adesso data la proposta di Trump di effettuare una spesa per infrastrutture pari a $1,500 miliardi. Il classico bias keynesiano secondo cui la spesa pubblica abbia aiutato l'economia di un qualsiasi Paese ad uscire da un periodo di flessione economica. Negli Stati Uniti, ad esempio, la spesa per infrastrutture (riguardante il trasporto) è di decine di miliardi al mese (una media di $30 miliardi per il 2017 rispetto ai $25 miliardi del 2011 ed i $18 miliardi nel 2004), quindi parlare di una sua carenza è a dir poco criminale. Salvo poi scoprire che ciò che si costruisce è a dir poco inutile.

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Quindi, a seguito di questo piano faraonico e alla volontà della FED di tirare il freno a mano normalizzando la sua politica, chi comprerà il pattume obbligazionario dello zio Sam? Gli effetti di questa politica hanno cominciato a farsi sentire nei mercati finanziari. I rendimenti obbligazionari sono aumentati vertiginosamente ed i prezzi delle azioni sono andati in crash nelle ultime 2 settimane.

Il QE ha spinto la domanda per i bond statali perché immetteva liquidità nei conti dei Primary Dealer. Il QT non drena direttamente il denaro da queste figure, ma ha lo stesso effetto, perché nega quei finanziamenti di cui hanno bisogno per acquistare i bond statali. Questo è lo stesso problema che ha causato il crollo del mercato azionario nel 2008.Di (KSE: 003160.KS - notizie) conseguenza, non dovremmo essere sorpresi dall'azione nel mercato azionario delle ultime due settimane. Né dovremmo essere sorpresi se vedremo crash simili diverse volte quest'anno, o almeno fino a quando la FED non invertirà il QT. Ma questa volta lo zero bound è più vicino delle altre, e con esso uno spazio di manovra esiguo e gigantesche possibilità che l'intera baracca sfugga di mano.

Come ci ricorda Zerohedge, due scenari adesso si dipanano lungo la via: uno in cui i trader considerano mal strutturati i titoli del VIX e vendono solo quelli per il momento (in attesa di un tapering più consistente da parte di BOJ e BCE (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) ); oppure vendono in blocco i titoli del VIX e danno il via ad una cascata di vendite anche in altri settori. Qualunque sia il percorso, è solo la punta dell'iceberg perché il problema di fondo, mai sottolineato abbastanza, è che le politiche delle banche centrali hanno scatenato una gigantesca disconnessione tra l'economia percepita e quella reale. La loro enorme offerta d'acquisto per determinati titoli non solo ha permesso una maggiore allocazione errata delle risorse economiche permettendo agli zombie economici di restare in vita, ma ha colpevolmente eroso il bacino dei risparmi reali.

E per mantenere i propri standard di vita, la maggior parte delle persone è costretta a ricorrere al credito revolving.

La folle espansione dell'offerta di moneta da parte delle varie banche centrali, non ha raggiunto l'economia più ampia (solo un'infima parte l'ha fatto, il resto è rimasto confinato tra i canyon di Wall Street). Questo significa che qualunque effetto inflazionistico partorito dal denaro sfuggito da suddetti canyon, è stato controllato in qualche modo dai pianificatori centrali attraverso il sistema fiscale. L'euforia, questa volta, è rimasta confinata al settore azionario e obbligazionario. La classe media vi ha scarso accesso, soprattutto dopo la baldoria del credito facile dell'era Greenspan/Bernanke/Yellen. Questo significa che mentre a Main Street è stato parzialmente concesso un periodo di deleveraging, Wall Street è stata tenuta artificialmente a galla grazie alla generosità delle banche centrali.

Ciononostante le distorsioni economiche sono continuate. Flussi di cassa negativi dei pachidermi aziendali, ingegneria finanziaria, burocrazia e fisco sono i quattro cavalieri dell'apocalisse che, attraverso la luce rossa lampeggiante dei prestiti interbancari, abbatteranno quei binari paralleli su cui l'economia stava viaggiando più marcatamente dal 2009.

COME E PERCHÉ: LA TEORIA AUSTRIACA DEL CICLO ECONOMICO

A quel tempo la Federal Reserve risposte in un modo che nessuno fino a quel momento si sarebbe mai immaginato: una gigantesca espansione del credito e il più basso tasso dei prestiti interbancari di sempre.

La Federal Reserve ha scaraventato migliaia di miliardi di dollari nel settore finanziario e nel sistema bancario, sperando che il cosiddetto "effetto ricchezza a cascata" si tramutasse in maggiori spese ed occupazione in tutta l'economia. Voleva tamponare il calo dei prezzi delle case e delle azioni, ma così facendo non ha fatto altro che peggiorare le cose, adempiendo al suo mandato ufficioso: salvaguardare il sistema bancario commerciale ed i conti dello stato. La risposta ovviamente non sarebbe dovuta essere un intervento attivo nei mercati, distorcendone i segnali salutari, ma un monitoraggio passivo della situazione. Impossibile? Per chi è ignorante in storia dell'economia, sicuramente. In breve, la Federal Reserve ha impedito a tutta l'economia di affrontare una sana correzione, necessaria dopo l'ultimo ciclo di espansione indotto dalle sue precedenti politiche monetarie allentate.

Ludwig von Mises fu il primo a proporre una teoria coerente di come siano le banche centrali a causare il ciclo economico. Il suo ragionamento partì da una semplice domanda: "Cosa induce una grande schiera di imprenditori a commettere tutti gli stessi errori nello stesso momento?" Essi, infatti, fanno affidamento sui tassi d'interesse per scegliere quei progetti d'investimento sostenibili da perseguire, quante persone assumere, quale tipo di beni strumentali ha bisogno, ecc. Senza interferenze esterne, il tasso d'interesse svolge un ruolo fondamentale tra mutuatari e creditori poiché riflette le interazioni dei vari attori di mercato, i quali in base alle proprie preferenze temporali allocano i risparmi.

Ad esempio, se gli attori di mercato cominciano a risparmiare di più e sono pronti a prestare parte dei loro risparmi a potenziali mutuatari, il tasso d'interesse scende. Lo stock di risorse risparmiate (terreni, materiali da costruzione, attrezzature, ecc.) viene trasferito nelle mani dei mutuatari che li useranno per espandere le loro attività, acquistare case, avviare una nuova attività, ecc. Questo tipo di azione verrà intrapresa solo se i mutuatari si aspettano di guadagnare abbastanza denaro per ripagare ciò che hanno preso in prestito (più gli interessi) e guadagnare qualcosa loro. Il tasso d'interesse, quindi, non solo svolge un atto di bilanciamento, ma coordina anche la produzione all'interno dell'ambiente economico Autore: Francesco Simoncelli Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online