Gig economy: tutte le regole per il lavoro in Europa
Una corsa in bicicletta, tra una consegna e l’altra. Sono i lavoratori nati nell’era della gig economy, quella dei “lavoretti”, cresciuta sulla spinta di società come Uber, Deliveroo o Foodora. Per la Commissione europea sono 273 le piattaforme attive nel vecchio continente, per una ricerca ce ne sarebbero 300 solo in Francia.
In Italia
Sotto esame sono finite le condizioni di lavoro della gig economy in 14 stati: Croazia, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Lituania, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria. Lo studio è quello di Eurofond, l’agenzia comunitaria che analizza le tematiche lavorative e sociali in Europa. L’Italia è uno dei Paesi con il più alto tasso di operatori impiegati nella gig economy.
I lavoratori
Il 22 per cento del campione in Italia ha dichiarato di aver lavorato attraverso le piattaforme. Una percentuale ben più alta rispetto al 12 per cento della Germania, al 10 per cento della Svezia o al 9 per cento dell’Olanda e Grand Bretagna.
Le criticità
Tra i problemi maggiori per chi lavora nella gig economy si colloca l’inquadramento da dipendente o da lavoratore autonomo. Questo è il principale fronte di battaglia in Italia tra rappresentanti dei lavoratori e piattaforme. L’incertezza ha forti ripercussioni anche a livello fiscale.
Il voto in Europa
Oggi la commissione lavoro del Parlamento europeo si esprime sulle norme per regolare l’occupazione a tempo, quella con contratti intermittenti e quella da parte delle piattaforme della gig economy. In Europa, “tra 4 e 6 milioni di persone lavorano a chiamata e con contratti intermittenti, spesso con poche indicazioni in merito a quando lavoreranno e per quanto tempo”, si legge nel documento di Bruxelles.
La direttiva
L’obiettivo della direttiva è quello di rendere più trasparenti i contratti, i salari e le condizioni di lavoro. Viene chiesto al datore di “notificare a tali lavoratori i periodi, in termini di ore e giorni, nei quali può essere chiesto loro di lavorare. In questo modo i lavoratori potrebbero utilizzare il tempo al di fuori di tali ore o giorni di riferimento per svolgere un altro lavoro, per l’istruzione o per adempiere a obblighi di assistenza”.
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