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Il Governo vede il picco. L'ipotesi di allentare le misure tra due settimane

Covid (Photo: Ansa)
Covid (Photo: Ansa)

L’accordo sull’alleggerimento delle misure anti-Covid, richiesto dal documento in sette punti presentato dalle Regioni, potrebbe arrivare prima del previsto. Addirittura nel giro di due settimane. Secondo alcune fonti vicine al Governo, il tavolo di discussione per il superamento del sistema dei colori e per il ripensamento dell’isolamento per i positivi asintomatici (non malati) era fissato già in questi giorni, slittato poi per l’urgenza di stabilire la lista dei negozi nei quali dal 1 febbraio ci si potrà recare senza avere almeno il green pass base.

Tuttavia, non si placa la spinta dei governatori che chiedono a gran voce la semplificazione delle misure di contenimento in vista del picco e del conseguente calo dei contagi. Su una cosa sembrano essere tutti concordi: fra meno di due settimane in Italia si dovrebbe raggiungere il picco e la riduzione del numero dei positivi potrebbe essere anche repentina. “Dobbiamo cominciare a parlarne adesso per farci trovare pronti con misure da mettere in atto subito”, dicono dal Governo. Per questo l’interlocuzione, anche con il Cts, sembra iniziata già da un po’. A parlarne pubblicamente è stato il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri che ha chiaramente espresso l’esigenza “di rivedere le misure” in base all’evidenza che “Omicron corre di più, ma è meno grave nella popolazione vaccinata”.

“Il bollettino rimane, al momento non cambia nulla, è come vanno presentati i dati che fa la differenza e qui devono aiutarci la comunicazione e i media”, ha sottolineato Sileri. “Non è importante il numero dei contagi, che ovviamente deve essere riportato, quanto andare a vedere il numero dei ricoveri e delle terapie intensive, perché se il bollettino mostra 200mila contagi, si tratta di 200mila positivi, ma non di 200mila malati”. Anche sul numero dei ricoveri, conclude Sileri “una cosa sono i ricoverati per sintomi da polmonite Covid: un’altra chi entra in ospedale per altre patologie e scopre di essere positivo a seguito del tampone di ingresso”.

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D’altronde, ragionano nel Governo, indicazioni a livello scientifico europeo arrivano anche dall’Ecdc che ha rilasciato il 7 gennaio un documento dove dice in questa fase come è opportuno gestire quarantene e isolamenti per casi positivi asintomatici in condizioni in cui ci fosse, ad esempio, forte stress per i sistemi sanitari. In altre parole, un medico o un infermiere che risulta totalmente asintomatico, in condizioni di necessità per carenza di personale ospedaliero, può anche lavorare senza ricorrere all’isolamento, ovviamente con tutti i presidi di protezione.

L’indicazione, dunque, è quella di andare verso una riduzione dei tempi delle quarantene: attualmente l’isolamento per i positivi è 7 giorni; in molti Paesi è stato ridotto a 5 giorni; l’Ecdc in alcune situazioni dice che potrebbe essere ridotto a 3. Poi c’è la questione della necessità del tampone di uscita: se farlo o no, se si può fare fai da te a casa come molti presidenti di Regione stanno sperimentando. Insomma, cominciare a pensare a misure che prefigurino una forma di convivenza con un virus che, dai dati relativi alla variante Omicron è meno letale e meno grave, non è fantascienza.

“Il corpus di norme attuale ci ha tenuti al riparo dalla variante Delta”, dicono fonti governative. “Ma l’evidenza della minore letalità di Omicron deve farci propendere verso una revisione. Rimarrà la distinzione fra chi è vaccinato e chi non lo è perché le differenze di rischio per quanto riguarda ospedalizzazioni, terapie intensive e decessi sono importanti”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.