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Imu, quanto va allo Stato e quanto va ai Comuni

Ci siamo. La scadenza per il versamento della prima rata dell’Imu, in calendario il 18 giugno, è alle porte. La tanto odiata imposta unica municipale sulla casa, almeno per questo primo acconto, si deve pagare esclusivamente con il modello F24. C’è la possibilità di versare il tributo anche in tre rate: 18 giugno il primo acconto, 16 settembre per la seconda rata e, alla fine, il conguaglio del 17 dicembre. La novità più importante - e che gli italiani ormai sanno bene - riguarda il pagamento anche per l’abitazione principale. L’aliquota base per la prima casa e le relative pertinenze è del 4 per mille, che i Comuni possono alzare fino a 6 o ridurre a 2; è prevista una detrazione base pari a 200 euro per l’abitazione principale che può essere maggiorata di 50 euro per ogni figlio fino a 26 anni residente nell’unità immobiliare, fino a un massimo di 400 euro.

E dando un’occhiata al modello F24 da compilare per il versamento, c’è il rischio di andare un po’ in confusione con tutte quelle righe e numeri da riempire. Le istruzioni da seguire sono semplici: occorre avere la rendita catastale dell’immobile, aggiornarla del 5% e moltiplicarla per 160. Al valore ottenuto si deve applicare l’aliquota base per la prima casa dello 0,4% prevista per il primo acconto del 18 giugno (quella base per le altre abitazioni è dello 0,76%), al netto di eventuali detrazioni. Il risultato è l’Imu annuale e per la prima casa va versata interamente al Comune. Nel caso si possedesse anche una seconda casa, invece, sarà necessario compilare due righi del modello F24, uno per il Comune e l’altro per lo Stato, praticamente identici tranne che per il codice tributo (codice 3918 per il Comune e 3919 per lo Stato). Quindi l’Imu che paghiamo, finisce al nostro Comune o i soldi vengono prelevati da Roma?

“L’Imu contiene una tassa patrimoniale che va allo Stato. Uno Stato che aveva tutto il diritto di fare una tassa patrimoniale, ma non di confonderla con le imposte comunali”, è il commento di Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci, l’associazione nazionale Comuni italiani. E sono proprio i Comuni a lanciare un vero e proprio grido d’allarme al governo sulle conseguenze che l’Imu può avere sulle casse delle Amministrazioni locali. Il problema è far scattare le contromisure necessarie per bilanciare le minori entrate: tra le ipotesi ci sono gli aumenti delle addizionali Irpef, tariffe sui servizi, tassa rifiuti e imposte di scopo. Dati alla mano, l’Anci ha dimostrato come l’Imu sia molto più onerosa per gli italiani rispetto alla vecchia Ici. Ma non solo. I Comuni perdono - sempre secondo l’Anci - con la nuova imposta municipale circa il 30 per cento delle loro entrate. L’Ici nel 2011 è pesata, infatti, sui contribuenti per 9,2 miliardi; l’Imu quest’anno dovrebbe portare 21,4 miliardi di entrate. In buona sostanza le imposte sulla casa nel 2012 aumenteranno, per i cittadini, del 133 per cento. Un’enormità. E per quanto riguarda, invece, i municipi con l’Imu dovrebbero ricevere 3,2 miliardi ma a causa dei tagli previsti dal governo di 5,7 miliardi, le Amministrazioni locali potrebbero perdere 2,5 miliardi di euro, ossia il 27% della vecchia Ici. “Questa Imu – ha aggiunto Delrio – non è dei Comuni, è solo nominalmente un’imposta municipale. E’ una tassa rigida, onerosa e ingiusta e non permette ai Comuni di modellarla secondo quelle che sono le necessità dei cittadini”.

Riguardo alla previsione del gettito che l’Imu dovrebbe generare, le stime parlano di 3,43 miliardi dall’abitazione principale e 18 dagli altri immobili, come detto, per un totale di 21,43 miliardi di cui 9 andranno allo Stato e 12,43 ai Comuni. Rispetto all’Ici che nel 2010 valeva 9,2 miliardi, l’eccedenza di 3,23 miliardi comporterà una variazione del F.s.r (fondo sperimentale di riequilibrio), quindi per il Comune cambia poco in termini di introiti incassati con l’Ici. Però i cittadini pagheranno di più. Nell’ipotesi di attuazione della quota base, verseranno 21,43 miliardi, anziché 9,2. E lecito immaginare che i Comuni, a questo punto, per far fronte alle proprie spese e ai bisogni amplificati della crisi, decidano di aumentare le aliquote di base. Per rendere meglio l’idea, prendiamo l’esempio di Milano. Palazzo Marino ipotizza di incassare 675 milioni di euro dall’Imu 2012. Oltre 385 milioni di euro in più rispetto al 2011 (123 milioni di euro sulla prima casa che lo scorso anno non dovevano essere versati e 265 milioni sugli altri immobili). Ma tutti questi soldi non rimarranno nelle casse del capoluogo lombardo. Perché il Comune intascherà sì le cifre frutto dell’imposta locale, ma 276 milioni (ovvero la metà di quanto chiederà a chi possiede una seconda abitazione, un ufficio o un negozio) andranno in realtà direttamente allo Stato. L’Imu sulla prima casa viene riassorbita dai tagli ai trasferimenti che il governo prima stanziava per compensare in mancato introito dell’Ici. E l’importo su tutto il resto è sostanzialmente identico a quanto riscuoteva in passato per l’Ici: 289 milioni di euro. Che difficilmente basteranno per chiudere il bilancio che richiede la bellezza di 580 milioni di euro soltanto per far quadrare i conti delle spese correnti. Tra le ipotesi, al vaglio della giunta Pisapia, la possibilità di innalzare l’aliquota al massimo: dallo 0,76% all’1,06%, salvando le prime case.