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Inchiesta Mps, Viola tre ore in udienza ricostruisce Alexandria

SIENA (Reuters) - L'AD di banca Mps Fabrizio Viola è stato ascoltato per tre ore come testimone nel corso dell'udienza del processo in corso a Siena contro gli ex vertici della banca senese, Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, e l'ex direttore finanziario Gian Luca Baldassarri. Viola ha ricostruito la storia del ritrovamento dell'accordo di Mps con Nomura, il mandate agreement, per la ristrutturazione del prodotto strutturato Alexandria, scovato nella cassaforte di Vigni e che ha determinato la riscrittura dei bilanci per far emergere il reale costo dell'operazione. Viola e Vigni si sono salutati con una stretta di mano e una pacca sulla spalla. L'AD della banca senese, rispondendo a tutte le domande dei pm e dei difensori, ha riferito che "dall'estate 2012 erano in corso contatti" tra la banca e "Nomura, andati avanti fino al ritrovamento del mandate, dopodiché abbiamo deciso di sospendere queste relazioni e avviare una causa civile perchè non c'era più solo un problema di relazione commerciale". Il mandate agreement venne ritrovato nella cassaforte di Vigni il 10 ottobre 2012, mentre il costo dell'operazione "fu certo solo nel novembre 2012, quando arrivò una email di un dirigente di Nomura nella quale si quantificava il costo dell'operazione in 220 milioni di euro". Successivamente la banca ha riesaminato l'intero portafoglio titoli scovando anche "un'altra operazione con caratteristiche similari, Santorini, anche se su questa non abbiamo trovato nessun mandate" e ha effettuato un restatement dei bilanci coinvolti in queste operazioni. Un'operazione di certo "non indolore", l'ha definita Viola, che ha costretto la banca a chiedere 500 milioni in più di Monti bond, saliti a 2 miliardi a cui poi è stato associato il debito preesistente con lo Stato di 1,9 miliardi di vecchi Tremonti Bond, per un totale di aiuti, recentemente autorizzati da Bruxelles, di circa 4,1 miliardi. Viola ha anche parlato dell'uscita dalla banca Mps dell'ex capo della Finanza Baldassarri, poi finito in carcere in seguito agli sviluppi dell'inchiesta, spiegando di aver deciso il suo allontanamento dopo aver scoperto l'esistenza di una "operatività con broker privati, in particolare uno, Enigma, che non rientrava in quei criteri di utilizzo delle controparti che ritenevo opportuni". Per Baldassarri si trattò di una risoluzione consensuale con una buonuscita di 830.000 euro e una lettera di encomio che, ha spiegato sempre in Tribunale oggi l'ex segretario del Cda Valentino Fanti, fu scritta dallo stesso Baldassarri e che Mussari si limitò ad ammorbidire. Questo encomio, comunque, ha assicurato Viola, "non ha pesato sulla trattativa per la buonuscita". Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia