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Perchè l’oro ha (per adesso) tutto a suo favore?

Dato per morto per quasi 4 anni adesso l’oro resuscita e rimonta: 18% dall’inizio dell’anno. Bene (Londra: 0N6T.L - notizie) rifugio per eccellenza, il metallo giallo è tornato protagonista sui mercati internazionali in un momento in cui, paradossalmente, i motivi che da sempre sono stati alla base della sua rinascita, non esistono.

Tra inflazione e deflazione

L’inflazione incontrollata a livello mondiale è uno spettro ben lontano dall’arrivare, anzi, l’azione messa in atto dalle varie banche centrali con una strategia che più di una volta è sembrata orchestrata, non solo non ha sortito effetto alcuno sul rialzo dei prezzi ma ha anche fatto nascere più di un timore sul fatto che la bassa inflazione, divenuta cronica, possa facilmente sfociare nel suo diretto opposto, la deflazione.

L’ultimo esempio arriva dalla sempre più diffusa adozione dei tassi negativi e dalla minaccia che questi potrebbero rappresentare per le banche, settore nevralgico in particolare nel Vecchio Continente.

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A questo si aggiunga anche la sempre più diffusa guerra al contante e al risparmio, il che spesso ha portato le persone a pensare a come e soprattutto dove mettere i propri soldi al sicuro. E la prima risposta è stata: oro. E paradossalmente il suo lato negativo, e cioè l’assenza di rendimenti, è improvvisamente diventato un punto di forza in un mondo in cui il trend è quello di andare sul negativo, ovunque.

Di (KSE: 003160.KS - notizie) fronte a un quadro del genere, quale sarebbero, allora, i motivi per cui l’oro è rientrato nel vasto gioco dei mercati con il suo ritrovato ruolo di asset appetibile?

La rinascita è effimera?

Da tempo si sa che le dinamiche che regolano l’andamento dell’oro tra domanda e offerta non sempre rispondono alle regole canoniche, regole che, come accennato precedentemente, sono state messe a soqquadro proprio dalle misure di allentamento monetario. Per quanto riguarda l’oro adesso è Pechino a dettare le regole del gioco con un’importazione che è pari al 25% della produzione mondiale; i numeri permettono di registrare sugli acquisti fatti dal Celeste Impero un aumento del 50%, mese su mese, solo a marzo. Un dato ancora più significativo se si pensa che la Cina, oltre ad essere diventato il primo importatore del metallo giallo ne è anche il primo produttore. “Solo” seconda l’India la quale, a differenza della Cina, vede nell’oro anche un potente elemento religioso con il quale ornare i templi e dotare le spose per il corredo: tradizione vuole, infatti, che ogni donna porti con sè almeno 200 grammi del prezioso metallo come dote ed è per questo motivo che la stagione dei matrimoni risulta essere un periodo particolarmente favorevole per il mercato.

Gli Usa e il dollaro

Andando a guardare oltre il fattore macro è indubbio che il primo degli elementi che ha permesso all’oro di rialzare la testa (e le quotazioni) è stato il dollaro e il suo indebolimento. La volontà della Fed di fine anno, o per lo meno quello che aveva fatto chiaramente intendere, e cioè un rialzo dei tassi e quindi un aumento del costo del denaro che avrebbe dovuto essere costante nel corso di questo 2016, è venuto meno con la tempesta di inizio anno e, soprattutto, con l’evidenziarsi di nuove incertezze e diverse fragilità all’orizzonte. Nella sua ultima riunione di mercoledì scorso, infatti, Janet Yellen ha confermato lo status quo e cioè un range dei tassi che va dallo 0,25% allo 0,50%, ovvero quanto la maggior parte degli operatori si aspettava. Non solo, ma per quanto la Yellen abbia lasciato aperta la porta a nuove misure in futuro, agli osservatori sono scettici sul fatto che nel giro di poco più di 45 giorni (la prossima riunione è prevista per il 14-15 giugno) la situazione, già di per sè complessa, possa migliorare a tal punto da convincere il Fomc ad un passo più incisivo e a una stretta ulteriore. Cosa significa questo? Che il dollaro, con ogni probabilità, resterà ancora leggero per diverso tempo. Una mano potrebbe darla, per quanto solo con un tassello temporaneo, l’ultimo Pil Usa: di ieri la pubblicazione della lettura preliminare vede un dato, trimestre su trimestre, dello 0,5% contro attese che parlavano di uno 0,8%. Sul banco degli imputati prima di tutto i consumi, da cui il Pil dipende per i due terzi e poi gli investimenti delle imprese; ebbene quest’ultima voce vede un calo del 5,9%, valori minimi che non si vedevano dal secondo trimestre del 2009 mentre, per quanto riguarda i consumi l’incremento non va oltre l’1,9%. Il che rende le prospettive di forza dell’economia Usa piuttosto fosche e la strada per il rafforzamento del dollaro ancora inccerta. E l’oro ringrazia.

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