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Più asta, che tassa. Il Governo prepara nuove misure contro il caro bollette

ROME, ITALY - JANUARY 10: Italy's Prime Minister Mario Draghi speaks to media during a press conference on January 10, 2022 in Rome, Italy. The government has responded to the omicron-fueled wave of infections by passing new restrictions aimed at encouraging vaccine holdouts to get the jabs or be increasingly shut out of recreational and even essential activities, such as taking a bus or subway to work. (Photo by Alessandra Benedetti - Corbis/Corbis via Getty Images) (Photo: Alessandra Benedetti - Corbis via Getty Images)

La portata dell’intervento dipenderà dall’esito delle simulazioni che si stanno facendo al Tesoro, ma quello che Mario Draghi ha messo in conto è dare un segnale sulle bollette prima che inizi la grande partita del Quirinale. Lo spazio c’è, è la riunione del Consiglio dei ministri che si terrà a metà della settimana prossima per approvare il decreto Sostegni ter che stanzierà un miliardo per le discoteche, gli spettacoli e il turismo. È questo provvedimento, che sarà presentato dal premier in conferenza stampa, a essere il contenitore candidato a ospitare quella che al momento è l’ipotesi più accreditata: i soldi raccolti attraverso le aste per il consumo di anidride carbonica saranno utilizzati per contrastare il caro energia che grava sulle imprese in difficoltà. La natura della misura spiega bene la direzione di palazzo Chigi: un cambio di destinazione - dal debito alle bollette - a costo zero, al netto del piccolo sacrificio sul risanamento dei conti. L’esatto opposto del deficit che tutti i partiti chiedono di tirare fuori per finanziare un nuovo scostamento di bilancio.

Se il segnale si limitasse a una riedizione di quanto già fatto l’anno scorso, con un incasso di circa 700 milioni, la distanza tra la visione del premier e il pressing della maggioranza sarebbe ancora più evidente. Matteo Salvini di miliardi ne chiede trenta, gli altri partiti non hanno fatto una quantificazione, ma si rifanno ai conteggi che continuano ad arrivare ogni giorno da più parti e che tirano dentro la necessità di sostenere anche le imprese, dato che i circa 9 miliardi stanziati fino ad ora dal Governo sono andati quasi tutte alle famiglie. L’ultimo alert arriva dalla Banca d’Italia: il caro energia, oltre ai ritardi nelle forniture dei componenti, ha fatto alzare i prezzi dei prodotti delle imprese e il rialzo proseguirà anche quest’anno. E l’agenzia di rating Standard & Poor’s fa i conti dei costi: tra i 30 e i 35 miliardi.

Di fronte a questo scenario, che ha una scia velenosa di medio-lungo periodo, il lavoro a palazzo Chigi è appena iniziato. Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha presentato un pacchetto di dieci proposte a Draghi e una riunione tecnica ha iniziato ad affrontare le prime questioni, dagli aspetti regolatori alla necessità di potenziare l’estrazione del gas in Italia. Ma l’orizzonte è lungo, oltre l’elezione del nuovo capo dello Stato. Prima, però, c’è un’altra misura che può riavvicinare la posizione di Draghi a quella dei partiti: tassare gli extra profitti delle grandi aziende produttrici di energia. Non tutte, sicuramente quelle che hanno registrato introiti importanti alla luce dell’aumento del prezzo del gas anche se il gas non lo utilizzano per produrre energia.

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La questione è delicata perché le aziende interessate, come Enel, hanno fatto sapere che l’energia è stata venduta prima e che quindi non sono stati fatti profitti extra quando i prezzi del gas sono aumentati. Le simulazioni del ministero dell’Economia sono concentrate qui, nell’analisi dei dati di queste società. L’operazione è complessa, tocca equilibri scivolosi come sono quelli che riguardano società quotate e partecipate dallo Stato attraverso il ministero dell’Economia. Lo stesso titolare del Tesoro Daniele Franco ha spiegato al Consiglio dei ministri di mercoledì che serve tempo. Una fonte di governo di primo livello conferma il senso dell’operazione: “Prima occorre avere numeri certificati e poi si sviluppano delle strategie di mitigazione e di sostegno che devono però essere eque rispetto non solo ai cittadini, ma anche alle imprese”.

Draghi non ha intenzione di muoversi senza avere prima i numeri in mano e per questo inserire la tassazione dei colossi energetici dentro il decreto Sostegni ter è considerata ancora un’ipotesi remota. Tra l’altro serve anche un lavoro di bilanciamento politico perché i partiti guardano ad alcune aziende con più attenzione rispetto ad altre e la tara del togliere a qualcuno e non a un altro può rivelarsi molto complessa a ridosso del voto parlamentare per il Colle. La spinta che arriva dai partiti però è forte. Laura Castelli, viceministra all’Economia in quota 5 stelle, sottolinea la necessità di un contributo di solidarietà in capo a produttori, fornitori e intermediari “che hanno ottenuto profitti stellari”, ma anche l’azzeramento dell’Iva sulla quota incrementale dei prezzi. Salvini si aggancia alle proposte di Cingolani, che potrebbero trovare spazio in un decreto a fine mese, per rivendicare l’input dato dalla Lega.

Il Copasir aggiunge un altro elemento alla questione, sottolineando la necessità di un piano nazionale di sicurezza nazionale per “un’adeguata autonomia tecnologica e produttiva”. Parla di un’esposizione del settore energetico a minacce “che destano profonda preoccupazione” e di un livello di vulnerabilità del sistema a causa della dispersione delle fonti di produzione, ma anche per i costi complessivi da sostenere e per le carenze negli investimenti. Sono sfaccettature che guardano a un intervento strutturale. Ma serve tempo, soprattutto una visione comune dentro la maggioranza. Ecco perché prima dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica c’è spazio solo per un segnale contenuto.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.