Annuncio pubblicitario
Italia markets open in 2 hours 22 minutes
  • Dow Jones

    38.085,80
    -375,12 (-0,98%)
     
  • Nasdaq

    15.611,76
    -100,99 (-0,64%)
     
  • Nikkei 225

    37.938,51
    +310,03 (+0,82%)
     
  • EUR/USD

    1,0726
    -0,0007 (-0,06%)
     
  • Bitcoin EUR

    59.930,50
    -20,59 (-0,03%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.386,31
    +3,74 (+0,27%)
     
  • HANG SENG

    17.626,75
    +342,21 (+1,98%)
     
  • S&P 500

    5.048,42
    -23,21 (-0,46%)
     

Quali accortezze costituzionali per l'obbligo vaccinale

(Photo: vadimguzhva via Getty Images)
(Photo: vadimguzhva via Getty Images)

Austria e Grecia già hanno deciso di introdurre l’obbligo di vaccino contro in Covid, la Germania va in quella direzione. Anche altri Paesi dell’Ue ci stanno pensando. In Italia, invece, dove gli immunizzati hanno superato l′87% e sono 6,35 milioni gli over12 che non hanno avuto neanche una dose, la questione ancora non è sul tavolo del governo. Ma con l’evolversi della situazione epidemiologica nulla si può escludere. Del resto, anche se non si tratta della più semplice delle misure da un punto di vista politico, l’obbligo è consentito, ad alcune condizioni. Il Governo, però, resta cauto: “Noi in questo momento possiamo permetterci il lusso di non discutere ancora di obbligo vaccinale solo perché abbiamo l′87% della popolazione (avente diritto, ndr) che è vaccinata. Lo dobbiamo agli italiani, e dobbiamo continuare a lavorare affinché quella parte rimanente la si possa convincere a vaccinarsi. Tutte le misure che la comunità scientifica proporrà per evitare la chiusura del Paese, noi le dobbiamo adottare”, ha detto Luigi Di Maio a margine di un evento.

L’Italia sta messa meglio di alcuni suoi vicini - lo ha riconosciuto solo ieri Angela Merkel - la curva si tiene più bassa che altrove, e un’estensione dell’obbligo - previsto dal 1 dicembre, oltre che per i sanitari, per le forze dell’ordine e il personale della scuola - non è vista all’orizzonte neanche dagli esperti. “L’obbligo vaccinale è l’ultima risorsa se la situazione dovesse peggiorare - ha detto il coordinatore del Cts, Franco Locatelli - ma al momento non vedo gli estremi per questo. L’obbligo vaccinale implica molti aspetti di natura sociale e politica e vanno lasciati al decisore politico”.

Che si possa arrivare all’obbligo è fuor di dubbio. Ma a quali condizioni? “C’è una giurisprudenza costituzionale già consolidata che legittima la possibilità di introduzione dell’obbligo vaccinale, come extrema ratio. Questo significa che, laddove efficaci, misure meno invasive vadano preferite”, spiega ad Huffpost Giovanni Guzzetta, professore ordinario di diritto pubblico all’Università Tor Vergata di Roma. La Consulta si è pronunciata varie volte sul tema. La decisione che viene presa a riferimento, firmata dalla ministra Cartabia, all’epoca alla Corte, riguarda il decreto Lorenzin, con il quale è stato aumentato il numero delle vaccinazioni obbligatorie da somministrare ai bambini. “Nella sentenza 5/2018 - spiega ancora Guzzetta - la corte Costituzionale afferma che la misura dell’obbligo deve essere proporzionata, quindi il ‘sacrificio’ che si impone deve essere contemperato al vantaggio che si vuole perseguire, basata su presupposti scientifici ed epidemiologici e che gli eventuali effetti collaterali del vaccino devono essere indennizzati”. Proprio perché si tratta di misure delicate, prosegue il professore, “devono essere previste con un atto legislativo (legge o decreto legge, ndr), di modo che possano ricevere un controllo del Parlamento, che è l’organo di rappresentanza”.

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

C’è poi un altro tema, che per i vaccini contro il Covid è quanto mai attuale. “Posto che anche la giurisprudenza della corte europea dei diritto dell’uomo ammette il ricorso all’obbligo, è necessario chiarire quale sia l’obiettivo. È perseguibile l’immunità di gregge? Se lo è, chiaramente l’obbligo è ancora più legittimato. Se non lo è, l’imposizione può esserci lo stesso, ma è importante capire qual è lo scopo. In questo caso, ad esempio, potrebbe essere tutelare le fasce più anziane di popolazione, quelle più fragili”, spiega ad Huffpost Antonio Iannuzzi, professore associato di Diritto pubblico all’Università Roma Tre.

Il nodo più grande riguarda le sanzioni: fatto l’obbligo, come lo faccio rispettare? In Austria, dove la misura partirà da febbraio e dovrebbe riguardare tutti gli over 14 anche se solo residenti nel Paese, il governo è orientato verso sanzioni molto salate: 3600 euro che possono essere raddoppiati. La Germania ancora non ha deciso, ma la linea dovrebbe essere molto simile. In Grecia, dove la misura sarà limitata agli over 60 e partirà da metà gennaio, la sanzione è più bassa: 100 euro al mese che saranno devoluti alla sanità pubblica.

E l’Italia come potrebbe muoversi? Le sanzioni, continua Guzzetta, “devono ovviamente essere proporzionate e in genere vengono predilette quelle che implicano il divieto di svolgere un’attività (andare a scuola o a lavoro) o quelle di tipo pecuniario. Benché si sia nella categoria dei trattamenti sanitari obbligatori, alla luce dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, insomma, non bisogna pensare a una sorta di inoculazione coatta come unica sanzione astrattamente pensabile”. Se guardiamo ai precedenti, la strada battuta è proprio quella delle sanzioni: il decreto Lorenzin prevede che i bambini non vaccinati non possono andare alla scuola dell’infanzia. Allo scoccare dei sei anni, e della scuola dell’obbligo, se il genitore non mette in regola la situazione dovrà pagare una multa salata. Si tratta di una strategia replicabile, anche se andrebbe attuata in un contesto completamente diverso: “Quanto alle sanzioni - ci spiega ancora Iannuzzi - non riesco a immaginarne di diverse rispetto a quelle già previste con il super green pass, (come la sospensione dal lavoro e dallo stipendio per le categorie già sottoposte ad obbligo, ndr)”. Tutto dipende, ovviamente, da come si vuole strutturare la misura: “Se si dovesse trattare di un obbligo generalizzato - continua - verificarlo sui lavoratori sarebbe più facile. Se invece dovesse essere imposto solo agli anziani, capire chi non è immunizzato, e sanzionarlo, sarebbe più difficile”. Anche per Iannuzzi è difficilmente impraticabile qualcosa che somigli alla vaccinazione coatta.

Un altro fatto che un provvedimento del genere dovrebbe tenere in conto è quello temporale: l’obbligo dovrebbe cessare laddove cessa la pandemia. A meno che non si dovesse scoprire che il Covid non se ne andrà a breve. Opzione immaginata da chi avanza l’ipotesi di un vaccino all’anno.

In ogni caso, se un salto del genere dovesse essere compiuto, la parola d’ordine dovrebbe essere chiarezza. ″La cosa importante - continua Guzzetta - è che processi di questo genere, soprattutto se introdotti in un contesto di relativa incertezza scientifica, siano il più possibile trasparenti. I cittadini devono essere informati delle scelte che vengono prese in ambito sanitario. E, soprattutto nella prima fase della pandemia (ricordiamo il caso dei verbali del Cts secretati), questa informazione è stata carente”.

Tra i provvedimenti ventilati, più dai commentatori che dagli addetti ai lavori, c’era quello far pagare le cure ai non vaccinati. L’opzione non può essere esclusa a priori, ma è estremamente problematica. Oltre che pericolosa. “La Costituzione prevede che agli indigenti debbano essere garantite cure gratuite, per gli altri cittadini il legislatore ha ampia discrezionalità. Sanzionare chi rifiuta il vaccino facendogli pagare le cure, però, sarebbe una soluzione senza precedenti, molto problematica da un punto di vista della politica e dell’etica pubblica. Sarebbe come dire che i fumatori non hanno diritto alla cure per malattie dovute al fumo. Una misura del genere comporterebbe una sorta di discriminazione tra malattie di cui si è responsabili e patologie di cui non si è responsabili. Difficile tracciare il confine. Oltre a essere potenzialmente irragionevole, sarebbe un provvedimento quasi da stato etico. Contrario a un principio di civiltà”, afferma Guzzetta.

Una cosa è la cura, una cosa è la diagnosi. In quest’ottica può essere accettata l’idea di Zaia di vietare ai no vax il ricorso ai test gratis nelle Asl venete. “Bisognerebbe - conclude il professore di Tor Vergata - conoscere con esattezza l’intera disciplina regionale veneta in tema di gratuità dei tamponi per capire eventuali profili di irragionevolezza. Certamente non vi è un obbligo generale di gratuità e in linea di principio direi che il tampone vada considerato come uno strumento diagnostico, non di cura in senso stretto”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.