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Rimbalzo corposo a Wall Street

Rimbalzo corposo a Wall Street, favorito dalle good news macro (Consumer Confidence in primis) e da sentori che Trump, desideroso di reagire all’impasse, sta accelerando sul fronte riforma fiscale. Diversi report sui media confermano che il presidente, sarebbe intenzionato ad anticipare il piano infrastrutture a quest’anno, allo scopo di assicurarsi una rapida vittoria. Il dibattito sulla tax reform procederebbe parallelamente, con un ipotesi di riduzione dell’aliquota inferiore a quanto preventivato (ovvero dal 35% al 20-25%), allo scopo di mantenere neutrale l’impatto sul deficit. Trump non ha mancato di dire a un gruppo di Senatori che si attende un accordo sul healthcare “assai in fretta”.

La prospettiva di un newsflow politico migliore di quello delle ultime settimane ha prodotto un brusco calo della volatilità, col Vix tornato sui minimi di periodo in aria 11.

Peraltro, come sottolineato ieri, nel breve sussistono altre priorità che la riforma fiscale: il 28 aprile scade la Continuing Resolution, che ha permesso di finanziare l’attività governativa in assenza di un budget approvato. Non è da escludere un nuovo scontro all’interno del partito, con i radicali del Freedom Caucus indisponibili ad approvare una nuova Continuing Resolution e i moderati ed i Democratici contrari ai tagli alla spesa presenti nel progetto di Budget, necessari per finanziare l’attività fino a fine anno e l’inizio della costruzione del muro. E il tempo è poco, perchè il Congresso chiude tra il 6 e il 24 aprile. Diciamo che se le negoziazioni non si incanalano rapidamente in una direzione costruttiva, un rischio shutdown governativo non è una eventualità da scartare. E i Democratici non vedono l’ora di creare un po’ di problemi a Trump, con il Leader della minoranza democratica al Senato Schumer che ha parlato apertamente di ostruzionismo. Direi che il newsflow dei prossimi 10 giorni sarà fondamentale per capire che piega prende la vicenda.

La seduta asiatica è stata alquanto priva di spunti, con la parte emergente guardinga per il rimbalzo del dollaro, e Tokyo delusa dalla modesta svalutazione dello yen, e forse dalle retail sales sotto attese a febbraio. I mercati cinesi hanno perso terreno, zavorrati dalle immobiliari dopo il varo di altre misure di contenimento della speculazione immobiliare. E la PBOC per il quarto giorno ha saltato la open market operation.

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L’apertura europea è avvenuta con un buon tono, in parte grazie al catch up con Wall Street, che aveva accelerato dopo la chiusura europea. Il rimbalzo nei tassi ha dato ulteriore spunto al settore bancario europeo, e l’€ finalmente debole è stato un aiuto in più.

Come da attese, la Gran Bretagna ha richiesto ufficialmente l’uscita dall’EU. Ne consegue che in assenza di una proroga concordata tra le parti, UK uscirà dall’EU il 29 marzo 2019. I toni della lettera della May, e della risposta del Presidente EU Tusk sono stati moderati e amichevoli, ma la sostanza da parte di Bruxelles è che la priorità è l’integrità dell’EU, e che prima si negozia l’uscita, e dopo eventualmente si negoziano i futuri ordini. L’atteggiamento EU, già noto, è stato ribadito dalla Merkel (niente trattative parallele) e dal ministro degli esteri Francese Ayrault.

In assenza di dati macro di spicco (forti le consumer confidence e manufacturing e economicsentiment in Italia a Marzo), ci ha pensato – apparentemente – la banca Centrale Europea a vivacizzare la giornata. Fonti anonime interne all’istituto hanno dichiarato che, allo scorso meeting, l’indicazione che i rischi erano diminuiti è stata erroneamente interpretata come un segnale che la stance monetaria stava cambiando. Per cui al prossimo meeting il Governing Council si asterrà dal segnalare modifiche al messaggio, preoccupato di eventuali salite dei rendimenti.

Salute! L’€ arriva a 1.09, e il bund a 0.4% e già qualcuno all’ECB si preoccupa che le condizioni diventino eccessivamente restrittive in Europa? Sembra davvero eccessivo ad un primo esame, anche alla luce della recente buona condizione in cui sembra versare l’economia europea. La verità e che queste fonti non sempre si sono rivelate affidabili, anche perchè invariabilmente tendono a riportare le view di uno dei fronti interni al Governing Council. Peraltro, già giorni fa Praet, capo economista ECB (e quindi il più indicato a giudicare lo stato del ciclo europeo) aveva dichiarato che il deposit rate è una variabile chiave e bisogna essere molto cauti nel dare segnali, il che conferma un po’ il messaggio odierno.

Dopo la FED, anche l’ECB si spende per chiarire che il messaggio resta quello di un eccezionale prudenza, in barba alle survey. Tutto il contrario di quello che uno si aspetterebbe da banche centrali che sembrano al momento in ritardo. Va notato però che, soprattutto in Europa, ma anche in US, le aspettative di inflazione hanno fatto un picco nei primi mesi del 2017 e stanno iniziando a scendere.

In generale, la permanenza dei rendimenti su livelli cosi bassi (10y US sotto il 2.40% e Bund a 0.34% per dirne 2) nonostante i quadri macro positivi (per usare un understatement) e il risk appetite generale resta un po’ un dilemma. Se il mercato giudicasse un errore la prudenza delle banche centrali i rendimenti sulle parti lunghe delle curve dovrebbero salire.

Le indiscrezioni ECB hanno dato ulteriore supporto ai bonds europei (gia resi arzilli dall’arrivo della liquidità del TLTRO ieri), bund soprattutto, dove l’effetto scarsità è più acuto, e indebolito ulteriormente la divisa unica, grazie ad attese di tassi negativi ancora a lungo, una prospettiva che ha naturalmente sottratto brillantezza al settore bancario europeo.

Privato del supporto delle banche e frenato da una Wall Street che non ha ancora deciso dove andare, l’azionario europeo ha ritracciato marginalmente, conservando comunque dei progressi, ad eccezione di Milano e Madrid.

Autore: Giuseppe Sersale Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online