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Tamponificio Italia

Prof. Broccolo (Photo: La7/Ansa)
Prof. Broccolo (Photo: La7/Ansa)

Tamponificio Italia. Così Matteo Bassetti, direttore della clinica Malattie infettive del San Martino e professore presso l’università di Genova, ha definito quello che sta succedendo nel nostro Paese, dove ogni giorno circa 1 milione di italiani ricorrono ai test (il più delle volte antigienici, cioè rapidi) per verificare la presenza o meno del virus Covid-19 nel loro organismo. Una consuetudine che sta mandando letteralmente in tilt l’intero sistema, facendo registrare file chilometriche fuori dalle farmacie e nei drive in. Un’attesa spesso vana, poiché le disponibilità e le scorte cominciano ad esaurirsi.

“Credo che il “tamponificio-Italia debba avere uno stop, stiamo assistendo a un corsa in autoprescrizione abbastanza assurda. Il tampone dovrebbe rimanere un presidio richiesto dal medico, unico in grado di saper poi trattare un positivo o un contatto”, ha spiegato Bassetti. Secondo l’infettivologo “stiamo dando false patenti di tranquillità. Soprattutto con tamponi rapidi con cui si hanno fino al 40% di falsi negativi”.

Una lettura in parte condivisa da Francesco Broccolo, virologo e professore dell’Università di Milano Bicocca, che ad HuffPost ha spiegato: ″I test antigenici sono intrinsecamente molto meno sensibili rispetto a quelli molecolari e quindi posso essere utilizzati solo per attività di screening e non a finalità diagnostica: nella prima fase della pandemia si è visto che ripetuti a distanza di tre giorni permettevano di individuare l’infezione in una fase precocissima della malattia, quando la carica virale è altissima. In luoghi circoscritti avevano senso. Fatti a tappeto per rilevare i contatti stretti no”.

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La scarsa sensibilità, e quindi attendibilità, degli antigenici è ancora più evidente in questa fase della pandemia con la variante omicron che sta prendendo il sopravvento. “Tutti questi tamponi antigenici non hanno senso perché sono meno sensibili, lo dice anche l’Fda, non solo intrinsecamente, ma anche perché vanno a cercare la proteina N e non la proteina Spike. La proteina N in Omicron ha 6 mutazioni anziché 3 come nella variante Delta: avendo più mutazioni scappa di più al test. Ecco perché abbiamo il 2% di test antigenici positivi oggi contro un 20% di test molecolari: questo è indicativo della poca sensibilità dei primi rispetto ai secondi” ci spiega ancora il Professor Broccolo.

La soluzione, dunque, è quella di evitare di “paralizzare tutto il Paese facendo test a tappeto per la variante omicron che tra l’altro sembra dare malattia molto meno severa, stando ai dati fin qui analizzati. Questo sta mandando in tilt il sistema: circa il 75% dei tamponi che vengono fatti attualmente in Italia sono antigenici, fatti in farmacia, creando lunghe code, con tutto ciò che ne consegue, mettendo anche a rischio infezione le persone per le lunghissime attese, ad esempio. Ma soprattutto manda in tilt il sistema sanitario perché chi ha necessità veramente di fare un tampone, cioè ha dei sintomi quindi deve dirimere una diagnosi in tempi rapidi per poter fare una terapia appropriata contro Covid, non riesce a farlo”.

Ha senso in un momento così difficile, di infezione altissima, con 500 nuovi casi al giorno per 100mila abitanti, fare questo tracciamento quando oramai il virus è andato molto avanti e sta sostituendo la Delta? “No, non ha più senso”, ribadisce Broccolo. “Andava fatto molto prima. La strategia va cambiata. La mia proposta è quella di snellire innanzitutto la procedura di utilizzo dei farmaci efficaci che sono oggi disponibili negli ospedali e a domicilio; in secondo luogo, varrebbe la pena ragionare su un lockdown per i non vaccinati, che non è una punizione. La maggior parte dei non vaccinati sono persone che hanno paura perché hanno patologie o allergie che non permettono loro di sottoporsi alla inoculazione: in un momento di emergenza sanitaria va spiegato loro, poiché sono soprattutto loro che finiscono in terapia intensiva, che è necessario valutare un lockdown per un periodo da stabilire”.

Perciò stop al tamponificio-Italia e all’autodiagnosi. “Non è necessario negare del tutto il tampone a chi vuole andare a trovare i genitori ed essere più tranquillo. Ma va spiegato che il risultato negativo non garantisce assolutamente la negatività. Allora a cosa serve? Serve solo perché qualora fosse positivo, mette in allerta ed induce ad andare a fare un test serio di conferma. Tuttavia, l’allerta deve rimanere tal quale nella situazione in cui il risultato fosse negativo. Se si comprende questo concetto, allora ha senso andare a comprare il test in fase di pandemia e di emergenza, ma se non si comprende questo concetto si sta sbagliando tutto”, chiosa il virologo.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.