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Terremoto; la scomoda verità

L’Italia è un paese ad elevato rischio sismico, nel precedente millennio si stimano siano avvenuti oltre 1300 sismi con connotazione distruttiva in tutta Europa, di tutti questi oltre 500 hanno interessato il nostro paese facendone per questo il più rischioso in assoluto in tutta Europa. Terremoti con magnitudo superiore a 6.0 se ne contano a raffica uno dietro l’altro solo nella seconda metà del secolo che abbiamo alle spalle: Irpinia nel 1962 (il sisma definito signore perchè danneggiò in via principale gli edifici, causando solo pochi morti), Belice nel 1968, Friuli nel 1976, Val Nerina nel 1979, ancora l’Irpinia nel 1980 (oltre tremila morti), Abruzzo nel 1984, Basilicata nel 1990, Umbria nel 1997, Molise nel 2002, L’Aquila (Parigi: FR0010340711 - notizie) nel 2009, Emilia nel 2012. Da non dimenticare sul piano storico, il più devastante, sempre per noi italiani ossia quello di Messina nel 1908. Senza essere dei grandi analisti appare chiaro che il territorio del nostro paese è oggetto di terremoti con frequenza e periodicità piuttosto costante, pertanto pur piangendo e soffrendo per i territori e le popolazioni che sono state colpite nella giornata di mercoledi, tutti gli altri italiani si dovrebbero chiedere quando potrà essere il prossimo e soprattutto dove potrebbe colpire. In questi termini infatti scopriamo che appena il 5% della popolazione italiana (1 su 20) è consapevole di vivere in un paese ad elevato rischio sismico e magari anche in una zona particolarmente sismica.

In tal senso il territorio nazionale è mappato in quattro zone con diversa rischiosità specifica. In rete stanno girando da ore commenti e considerazioni di geologi che citano i casi di Giappone e California, quali stati virtuosi nella prevenzione dei rischi sismici grazie a tecnologie di costruzione edile volte a fronteggiare questi fenomeni. In Giappone un sisma di magnitudo 6.0 non avrebbe prodotto danni di alcuni tipo, tanto meno perdita di vita umane: sono ormai da svariati decenni che si è investito in tal senso ossia nella consapevolezza che per la nazione orientale la voce terremoto rappresenta una vulnerabilità sistemica che deve essere sterilizzata il più possibile, non solo per l’incolumità della propria popolazione ma anche per i costi che si sostengono successivamente qualora si deve intervenire a posteriore nella copertura dei danni subiti. Come abbiamo visto l’Italia detiene il primato in Europa come primo paese maggiormente a rischio sismico, ciò nonostante non ricordo in passato governi tanto di destra quando di sinistra che siano intervenuti con enfasi prodromica in tal senso. Vi racconto un aneddotto: nel 2011 subito dopo l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima partecipai ad una tavola rotonda organizzata dal Rotary sul referendum che si sarebbe poi svolto in Italia per il ripristino del nucleare qualche mese dopo. Chiese di parlare al panel del relatori il portavoce di un’associazione di categoria il quale espresse, non perplessità, ma il più diniego assoluto nei confronti del nucleare, sottolineando i rischi per il nostro paese qualora si dovesse verificare un incidente di portata simile a quello giapponese.

Rispose con tono quasi sprezzante il presidente di quel circolo (ricordo che era un ingegnere civile) all’intervento di questo partecipante dicendo che se si dovesse verificare un terremoto di portata simile a quello che colpì il Giappone in quell’anno, lui avrebbe voluto trovarsi proprio dentro una centrale nucleare italiana perchè a quel punto circa il 90% del parco immobili italiano sarebbe collassato a terra polverizzandosi e praticamente tutta la popolazione sarebbe morta sepolta sotto le macerie della propria abitazione. Di questa vulnerabilità ne sta parlando in queste ore molto più la stampa internazionale che quella nostrana convenzionale: il messaggio che trapela tra le righe è piuttosto ben evidente. Fate attenzione al Bel Paese (di un tempo): se acquistate una abitazione per vacanze o per lavoro, accertatevi quando è stata costruita, in che zona sismica si trova e che requisiti antisismici effettivamente può vantare. Ricordate questa coppia di numeri 80/80 che vi aiuta a tenere a mente come l’ottanta percento degli immobili italiani è stato costruito prima del 1980, anno in cui a seguito del terremoto in Irpinia vennero varate le prime norme antisismiche. Il che significa pertanto che edifici pubblici di significativa funzionalità come ospedali e scuole rientrano in questa casistica. In un paese che purtroppo detiene questo primato, la conoscenza di questi aspetti di natura tecnica, soprattutto nella sua popolazione, dovrebbe essere un must. Questo in particolar modo anche per la funzione di riserva di valore che detiene la casa per gli italiani: che senso ha a questo punto mettere tutti i propri risparmi o convogliare tutti i propri sacrifici nell’acquisto di un immobile che si trova in una località con bollino rosso per il rischio sismico.

Proprio qui infatti si potrebbero aprire svariate interpretazioni allo scenario italiano in forza della modesta o inesistente prevenzione sismica. Immaginate a tal fine se venisse istituita una sorta di categorizzazione o peggio classificazione delle abitazioni in base ai requisiti di antisismicità. Si andrebbe in questo momento ad ammazzare definitivamente il mercato immobiliare creando una situazione di bipolarità con presenza di pochi immobili considerati a norma e sicuri contro la quasi moltitudine degli inadeguati o esposti al rischio. Qualcosa di questa portata la si è vista con la classificazione per gli immobili in base all’efficienza energetica, tuttavia anche l’appartenenza ad una bassa classe di valore non scoraggia in questo caso l’acquisto in quanto con poche migliaia di euro la si può efficentare in termini energetici ed in ogni caso una classe F in efficienza energetica non ti espone a rischio di morte in caso di sisma. Non dimentichiamo tra i tanti problemi che andremmo a creare anche le conseguenze finanziarie per gli istituti di credito: immaginate mutui erogati in passato con un immobile periziato ad un valore X che a quel punto potrebbe essere abbondantemente rettificato con relativo impatto sulle coperture di quell’affidamento bancario. Sempre sul questo fronte si potrebbero evidenziare ulteriori elementi molto pregiudizievoli alla categorizzazione o classificazione degli immobili al rischio sismico. Conviene da buoni italiani, mandare in onda il solito copione ben rodato ossia piangere il recente dramma nazionale, avviare solidali campagne di raccolta fondi (di cui non si conosce poi mai l’effettivo utilizzo), puntare le telecamere sui siti oggetto della disgrazie per alcune settimane sapendo che dopo lentamente tutto andrà nel dimenticatoio e dare tempo al tempo, nella penosa attesa del prossimo che arriverà.

Autore: Eugenio Benetazzo Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online