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Veleni e coltelli, i popolari tedeschi allo sbando

BERLIN, GERMANY - SEPTEMBER 27: Armin Laschet, chancellor candidate of the Christian Democrats (CDU/CSU) union, speaks at the press conference at CDU headquarters the day after federal elections on September 27, 2021 in Berlin, Germany. The CDU/CSU came in a close second behind the German Social Democrats (SPD), setting the stage for what will likely be arduous exploratory discussions and negotiations between the four leading parties over the next several months before the creation of a new coalition government. (Photo by Maja Hitij/Getty Images) (Photo: Maja Hitij via Getty Images)

Com’era prevedibile, volano gli stracci nell’alleanza Cdu-Csu dopo la batosta elettorale di ieri in Germania. Secondo Bild, la stessa Angela Merkel avrebbe esortato l’Unione ad accelerare le trattative con Verdi e Liberali per battere sul tempo la Spd. “Sul governo si dovrà procedere molto rapidamente. Verdi e Fdp vogliono sapere in tempi stretti cosa chiediamo”, sarebbero le parole della cancelliera che resterà in carica fino a quando non nascerà un nuovo esecutivo. Ma la realtà, dopo il tonfo elettorale dal 33 per cento al 24 per cento, è ben diversa. Nell’alleanza, che finora ha guidato la Germania, c’è chi chiede le dimissioni del candidato Armin Laschet, ritenuto il responsabile della sconfitta. E l’eco del crollo si avverte anche a Bruxelles, dove il Ppe, primo partito europeo che esprime anche la presidenza della Commissione Europea con Ursula von der Leyen, corre il rischio di trovarsi all’opposizione di tutti i maggiori paesi dell’Ue: la Germania si aggiungerebbe alla Francia, la Spagna, l’Italia.

Il colpo più sgradito Laschet lo ha ricevuto da Markus Soder, leader della Csu, bavarese, molto popolare. Soder aveva tentato in tutti i modi di farsi nominare candidato alla successione di Merkel. Non ci è riuscito e ora infierisce sull’alleato della Cdu. “Ovviamente non ci sono stati contributi in positivo in termini di personalità”, dice, pugnalando Laschet. L’affondo arriva quando il governatore della Baviera sostiene che il secondo posto alle elezioni legislative non consente all’Unione di proporsi come guida del governo. “Tutto quello che possiamo fare è presentare un’offerta”, senza molte chance evidentemente, è convinto Soder.

La guerra in casa distrugge le ultime ambizioni di Laschet, ancora convinto che “nessun partito possa rivendicare il mandato a governare”. Eppure persino lui oggi, a differenza di ieri sera, cede il passo a Olaf Scholz, il candidato della Spd che ha portato il partito al 25 per cento, di poco sopra la Cdu-Csu ma comunque primo in classifica. “Noi siamo pronti ad altre coalizioni se il semaforo (Spd più Verdi e Liberali, ndr.) non dovesse funzionare”.

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Servirà tempo, da come si sono messe le cose. Per portarsi avanti, il leader della Fdp, il liberale Christian Lindner, annuncia una pre-consultazione con i Verdi, ben conscio del fatto che “tra di noi ci sono i punti di disaccordo maggiori, la polarizzazione è più forte”. Dopo questi colloqui, continua, “saremo disposti a parlare con la Cdu-Csu o con l’Spd se ci inviteranno”.

Ma il crollo della Cdu non è poca cosa a livello europeo. Così il Partito dei Popolari si ritrova a stare fuori dalle alleanze di governo anche in Germania. Lo è già negli altri maggiori paesi europei, dalla Spagna alla Francia. E anche in Italia non ha un governo di centrodestra, bensì insieme al Pd e M5s. Una dimostrazione di debolezza cui il Ppe non è abituato e che potrebbe avere conseguenze anche sulle nomine europee che si rinnovano a fine anno, a partire dalla presidenza del Parlamento Europeo e le presidenze delle Commissioni parlamentari.

Potrebbe per esempio indebolirsi ulteriormente la rivendicazione del Ppe di ottenere la presidenza dell’Eurocamera in forza al patto siglato nel 2019 con i socialisti, che prevedeva un passaggio di testimone dal Democratico David Sassoli ad un esponente Popolare. Al momento il partito non ha nemmeno più un candidato, visto che il presidente del gruppo Manfred Weber si è ritirato dalla corsa ben prima del voto tedesco.

Troppo presto per tirare le somme. Di certo però, secondo alte fonti europee, la slavina non arriva fino a von der Leyen che resterà in carica, ma, orfana del governo ‘amico’ in Germania, dovrà trovarsi altri sponsor nell’Ue.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.