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Le Borse si adeguano a Trump… e saltano le correlazioni

Le stranezze non mancano in questi giorni. I mercati stupiscono, smentendo spesso le attese, e saltano correlazioni che per molto tempo sono sembrate quasi leggi ferree.

Ne evidenzio alcune.

Innanzitutto la borsa italiana. Tutte le previsioni degli esperti, fatte la scorsa settimana, parlavano di una marcia di avvicinamento al Referendum densa di insidie per il nostro indice e per le banche, che avrebbero dovuto soffrire parecchio la probabile vittoria del NO al referendum di domenica prossima. Lunedì ha confermato pienamente queste previsioni, ma da martedì il vento è prepotentemente cambiato in positivo. L’indice Ftse-Mib ha recuperato in tre giorni il 5,7% (quasi 1000 punti), trascinato dalle banche, il cui indice (Ftse Italia All Share Banks) ha recuperato il 10% tondo. Eppure i sondaggi elettorali nell’ultima settimana non possono essere pubblicati. Però possono essere fatti, e probabilmente i grandi istituzionali debbono aver constatato che il SI sta recuperando terreno e riequilibrando la partita, per giocarsela nella volata finale.

Il problema è quanto affidabili siano i sondaggi, dopo che in passato abbiamo visto evidenti flop. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) dubbio qualcuno azzarda qualche acquisto per tentare il colpaccio imprevisto, e molti short vengono chiusi per ridurre il rischio. Il risultato è stato l’evidente sovra performance della nostra borsa rispetto a tutte le altre. Si pensi che nei medesimi ultimi tre giorni l’indice europeo Eurostoxx50 ha fatto un modestissimo rialzo di 0,3%, il Dax (-1,7%) e l’americano SP500 (-0,5%) sono addirittura scesi.

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Non parliamo poi del Nasdaq100, che ha fatto addirittura -2,5%.

E qui emerge un’altra stranezza. Per anni il Nasdaq (Francoforte: 813516 - notizie) ha trainato gli altri listini USA, mostrando sempre una forza rialzista superiore agli indici più “old economy”, come il classico Dow Jones e il SP500. Ma dopo l’avvento di Trump, che è un fautore della old economy, la stella del Nasdaq sembra tramontata. Mentre gli altri indici USA hanno inanellato una serie di record storici che li hanno portati ben al di sopra dei precedenti livelli record di Ferragosto, il Nasdaq100 ha ancora il suo massimo storico datato 24 ottobre, quando si scommetteva sulla vittoria di Hillary, ed in questi giorni quel livello si sta vistosamente allontanando. Brilla invece soprattutto la stella del vecchio Dow Jones, tutto old economy, che anche ieri è riuscito a chiudere la seduta ad un livello mai raggiunto prima, presentando il segno positivo mentre SP500 è sceso ed il Nasdaq100 è ruzzolato. In questa eccezionale performance del Dow Jones un po’ di merito ce l’ha il petrolio, ma non troppo ed assai meno di quel che si sarebbe immaginato.

E qui veniamo alla terza stravaganza. La quotazione del petrolio, dopo l’accordo OPEC di martedì scorso ha preso letteralmente il volo. Tra il minimo di 44,84 dollari di lunedì scorso ed i 51,79 di ieri intorno alle 18 ci sta un rialzo del 15,5%, in soli tre giorni. Ma questa volta la volata del petrolio ha avuto un impatto irrisorio sul mercato azionario. Chi ricorda i tormentoni delle borse che scendevano e salivano in base all’alternanza dei prezzi dell’oro nero sarà rimasto stupito. Ma occorre prenderne atto. Anche la correlazione tra borse e petrolio è finita. Mentre ai tempi del petrolio basso ogni discesa dei prezzi evocava paure di deflazione, mentre ogni rialzo le allontanava, oggi la deflazione non è più nei radar del mercato. Oggi si sconta l’inflazione, per cui il petrolio che sale non è più una buona notizia sotto l’aspetto macroeconomico. Lo è per le società del settore, che infatti in questi giorni volano, ma non più per l’economia globale, che vede nel petrolio che sale una ulteriore fonte di inflazione, che si aggiunge a quelle che dovrebbero arrivare dagli effetti della Trumpnomics.

Ed allora le borse, anziché esultare, riflettono pensose e continuano a far salire i rendimenti obbligazionari, tornati in USA a fare un massimo del 2,49% sul decennale, nuovo record dell’anno.

Appuntamento a lunedì, quando avremo il risultato del referendum italiano e sicuramente molto altro su cui riflettere. E non è detto che siano riflessioni facili.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online