Annuncio pubblicitario
Italia markets open in 1 hour 50 minutes
  • Dow Jones

    37.753,31
    -45,66 (-0,12%)
     
  • Nasdaq

    15.683,37
    -181,88 (-1,15%)
     
  • Nikkei 225

    38.074,52
    +112,72 (+0,30%)
     
  • EUR/USD

    1,0681
    +0,0007 (+0,06%)
     
  • Bitcoin EUR

    57.783,29
    -2.340,32 (-3,89%)
     
  • CMC Crypto 200

    885,54
    0,00 (0,00%)
     
  • HANG SENG

    16.469,29
    +217,45 (+1,34%)
     
  • S&P 500

    5.022,21
    -29,20 (-0,58%)
     

La mappa della povertà in Italia

Dal 12,3% dell’Alto Adige al 55,3% della Sicilia, i dati sul rischio povertà spaccano il paese in tre parti. E sono i giovani la fascia di popolazione maggiormente esposta

La mappa della povertà

Eurostat, l’Istituto Europeo di Statistica, ha pubblicato alcuni giorni fa i dati sul rischio povertà e l’Italia, purtroppo, è fra i Paesi europei che, nel quinquennio 2009-2013, hanno subito la peggiore regressione dal punto di vista della stabilità socio-economica. Nel 2013 le persone a rischio di esclusione sociale hanno raggiunto il 28,4%: più di una persona su quattro è a rischio povertà. Si tratta di numeri che fanno comprendere, per esempio, perché da più parti si ribadisca a più riprese la necessità del reddito di cittadinanza. 
Come spesso accade, l’elaborazione dei dati sulla povertà in Italia evidenzia una spaccatura geografica fra Nord, Centro e Sud.


Le tre macro-aree geografiche sono separate dalle percentuali. Nelle regioni del Nord Italia (a eccezione della Liguria, giunta al 24,5%) la percentuale a rischio povertà è al di sotto del 20%. Il Piemonte (16,8%) e il Friuli Venezia Giulia (16,7%) rimangono tendenzialmente stabili confermando il dato del 2009, mentre Lombardia (17,5%), Veneto (16,1%) ed Emilia Romagna (17,7%), Val d’Aosta (19,2%), Trentino (15,4%) fanno registrare un trend di crescita rispetto al primo anno del quinquennio preso in esame.
Unica eccezione è l’Alto Adige (12,3%), dove la situazione è addirittura migliorata rispetto al 2009. Nel Centro Italia la Toscana è l’unica regione a rimanere al di sotto del 20%, mentre sia il Lazio (26,6%) che l’Abruzzo (26,2%) superano addirittura la soglia del 26%. Dalle regioni del Centro, tendenzialmente assestate al di sotto del 30% a quelle del Sud della Penisola il balzo è notevole: Molise (44,8%), Puglia (43,3%) e Calabria (44,90%) superano ampiamente il 40%, mentre in Campania (49%) e Basilicata (49,2%) è a rischio povertà quasi la metà della popolazione. Per quanto riguarda le isole, mentre la Sardegna registra un tasso del 31,7%, la Sicilia è, di gran lunga, “maglia nera” nazionale con il 55,3%.

I dati Istat sulla povertà familiare (aggiornati al periodo 2005-2012) integrano la mappa dell’Eurostat fornendo materia di riflessione sulle categorie più esposte al rischio povertà. Mentre la situazione per i giovani è peggiorata tantissimo, gli over 65 fanno registrare addirittura un calo dell’indice di povertà. Alla sostanziale tenuta del sistema previdenziale non è corrisposta un’equa politica di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Il dato viene confermato anche dalla Banca d’Italia, secondo la quale gli unici redditi relativi in crescita sono quelli degli over 55. Se si analizza la situazione dei giovani di età compresa fra i 19 e i 34 anni, si scopre che, dal 1991, la ricchezza relativa (la quota-parte proporzionale di ciascuno nella ricchezza generale) dei giovani è diminuita del 76%, mentre quella degli over 65 è aumentata del 50%. Il che significa una cosa: se il nostro Paese sta ancora in piedi, lo si deve alla ricaduta ereditaria. Una notizia tutt’altro che positiva per una Repubblica costituzionalmente “fondata sul lavoro”.