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Vigili del Fuoco da tre mesi senza assicurazione sanitaria

Vigili del Fuoco da tre mesi senza assicurazione sanitaria

Sono tempi duri per i Vigili del Fuoco, tempi nei quali ai rischi connessi al mestiere si somma la mancanza di una tutela sanitaria da parte dello Stato: dallo scorso 31 marzo, infatti, i pompieri di tutta Italia sono costretti a pagare di tasca propria le spese sanitarie in caso di incidente o malattia sul lavoro.

A fine dicembre scorso il Governo Monti aveva tagliato (con proroga sino al 31 marzo 2013) i finanziamenti destinati all’ONA, l’Opera Nazionale di Assistenza che si occupava dell’assicurazione per gli infortuni, i danni e le visite mediche dei Vigili del Fuoco.

Chi sale su scale di 20-25 metri, chi sfida le fiamme e le alluvioni, mettendo in salvo le vite altrui e in gioco la propria, non ha più una copertura sanitaria. I tagli partiti dal Ministero del Tesoro riguardano 30mila persone rimaste scoperte: da tre mesi a questa parte ogni pompiere sa che se dovesse succedergli qualcosa, ogni cura, ogni medicinale e ogni degenza sarà un costo privato.

Lo Stato se ne lava le mani. Un modo per costringere qualcuno a dare le dimissioni senza doverlo licenziare? La beffa ha un retrogusto amaro, specialmente se si considera che onorevoli e senatori della Repubblica possono contare, oltre che sulla diaria, sull’indennità e sul rimborso spese, anche su di un’assistenza sanitaria integrativa che costa allo Stato italiano 12 milioni di euro all’anno (fra cui, per esempio, 200 milioni di euro riservati alle cure termali e 260 milioni per la psicoterapia). A beneficiarne sono in 5600, non solo i parlamentari, ma anche i famigliari, i conviventi more uxorio e poi l’esercito degli ex parlamentari. Per non parlare della polizza vita a carico dei contribuenti.

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I 30mila Vigili del Fuoco, invece, devono pagare tutto sino all’ultimo centesimo. I tagli all’ONA erano incominciati nel 2008 con una riduzione dei fondi del 50%, un ulteriore taglio era avvenuto nel 2011, quindi a marzo la disdetta di tutte le polizze.

A metà aprile Francesco Sicilia è rimasto ustionato nelle operazioni di spegnimento di un incendio insieme a un collega: ricoverato al pronto soccorso dell’Ospedale di Parma si è dovuto pagare fisioterapia, guanti speciali per le ustioni e ricovero di tasca propria. L’unico modo per ottenere qualcosa è aprire una causa di servizio, ma con i tempi della giustizia italiana lo sforzo rischia di essere maggiore dei benefici che se ne possono trarre.

I sindacati hanno trovato numerosi ostacoli sul loro cammino, primo fra tutti il continuo cambio degli interlocutori politici con i quali discutere la questione: prima delle elezioni l’ex ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri aveva assicurato di volersi occupare della questione, ora la trattativa ha sceso un gradino della scala gerarchica e l’interlocutore è diventato il sottosegretario Gianpiero Bocci.

“L’assistenza sanitaria al personale -, si legge in una lettera di protesta dell’USB VVF -, non può ricadere sui singoli lavoratori lasciati completamente in balia delle assicurazioni private o polizze che proprio per la pericolosità di lavoro dai Vigili del Fuoco svolto, risultano costose ed inadeguate”.

Se le risorse riservate alle assicurazioni risultano essere azzerate, la situazione logistico-operativa delle varie squadre non se la passa certo meglio. In dieci anni il Corpo ha subito tagli del 35%, si è diffusa una situazione di precariato che rischia di abbassare l’efficienza delle operazioni di soccorso e assistenza.

Alle cure termali dei parlamentari si può rinunciare, ai 13-17 miliardi di euro destinati agli F35 anche:  la sicurezza dei cittadini, invece,  è imprescindibile. Attualmente il rapporto fra Vigili del Fuoco e cittadini è di 1 a 2000, ma perché questa proporzione non si abbassi occorre intervenire subito. Senza fondi si rischia una crisi delle “vocazioni” e, conseguentemente, un’Italia incapace di fronteggiare le emergenze.