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Bankitalia rivede le stime di crescita post Brexit

Dopo il Fondo Monetario Internazionale, anche Bankitalia ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita dell’economia tricolore in conseguenza della Brexit.

L’esito del referendum d’oltre Manica, con la vittoria dei Leave, potrebbe infatti abbassare il ritmo di sviluppo del Pil del nostro Paese, che si collocherà di poco sotto l’1 per cento nel 2016, e intorno al’1 per cento nel 2017, in linea con le valutazioni che sono state appena espresse dal già ricordato Fmi in occasione della discussione sul rapporto annuale sull’Italia all’interno del proprio comitato.

Insomma, l’istituto monetario di Via Nazionale penalizza le previsioni di crescita del Pil, pur solo lievemente: nello scorso mese di giugno, infatti, le previsioni di sviluppo economico erano dell’1,1 per cento per il 2016 e dell’1,2 per cento per il 2017. Ne deriva che, sostanzialmente, la Brexit potrebbe costare all’Italia lo 0,2 per cento in termini di crescita economica. Sarà così? Nemmeno Bankitalia sembra esserne troppo convinta, sottolineando che per il momento è molto difficile poter valutare con congruità l’evoluzione di quelle che saranno le ricadute della Brexit sull’economia italiana.

Per quanto concerne il mero aspetto commerciale, Bankitalia sembra essere tiepidamente rassicurante, ricordando come complessivamente l’Italia si caratterizzi rispetto agli altri Paesi dell’area euro per una minore intensità dei legami commerciali e finanziari con l’economia britannica. Di (KSE: 003160.KS - notizie) fatti, in rapporto al Pil, l’export e l’importo da e verso il Regno Unito era pari rispettivamente all’1,7 per cento e all’1,1 per cento, con quote discretamente inferiori a quelle dei principali competitor internazionali.

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Brexit a parte, non mancano gli elementi di positività sulle proiezioni di crescita italiana. Si pensi ad esempio al fatto che circa il 60 per cento delle aziende italiane stia pianificando un incremento della capacità produttiva degli impianti, o ancora al miglioramento dell’occupazione, o ulteriormente allo sviluppo del credito (dove, peraltro, si registra anche una flessione del flusso dei nuovi crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti).

Nonostante tali spunti ottimistici, non si può comunque trascurare quel che accadrà in seguito a quanto avvenuto con il referendum del 23 giugno. Con la consapevolezza che, in fondo, valutare le effettive conseguenze sull’economia e sulla finanza tricolore non sarà affatto semplice.

Autore: E-investimenti.com Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online