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Coronavirus: fase 2 e test sierologici. Ecco quello c'è da sapere

"La curva ha iniziato la discesa e comincia a diminuire anche il numero dei morti. Dovremo cominciare a pensare alla fase 2”. A commentare con uno sguardo al futuro i dati incoraggianti del 5 aprile - i più bassi per numero di decessi dal 19 marzo - è stato il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro. Prima di passare alla fase della ripartenza del Paese, il ministro della Salute Roberto Speranza parla di un "piano sanitario in cinque punti".

CORONAVIRUS: LA MAPPA INTERATTIVA DEI CONTAGI IN ITALIA E LA DIFFUSIONE NEL MONDO

I punti pre-ripartenza: quali sono?

Per ripartire, illustra il ministro, sono fondamentali:

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  • L'uso di mascherine e il distanziamento sociale;

  • Il rafforzamento delle reti sanitarie a livello locale e territoriale;

  • La creazione e mantenimento di Covid Hospital, adibiti unicamente ai pazienti affetti da COVID-19;

  • Un'app modello Corea per mappare gli spostamenti dei malati di coronavirus nelle 48 ore precedenti il contagio;

  • Test molecolari e sierologici per individuare malati e portatori sani e capire le dimensioni del contagio.

Su quest'ultimo punto, in particolare, sono ancora tanti i dubbi. Proviamo a fare un po’ di chiarezza...

Tamponi (test molecolari) e test sierologici sono la stessa cosa?

Il test molecolare, meglio conosciuto come "tampone", chiarisce se la persona è positiva al virus al momento dell’esame, rileva cioè la presenza o meno di materiale genetico virale. I test sierologici servono invece a capire se la persona è mai entrata in contatto con il virus e se ha sviluppato le difese immunitarie.

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Perché i test sierologici dovrebbero aiutare?

Questi test possono aiutare a sapere quante persone esattamente sono state infettate, forniscono una previsione sull’andamento della pandemia, monitorano la diffusione del virus nella popolazione e permettono di capire quanto dura l’immunità. A spiegarlo è il virologo Florian Krammer su Science.

Come funziona il test seriologico?

Il test sierologico per il nuovo coronavirus si esegue sul sangue che viene raccolto con un normale prelievo, cercando nel siero (fase liquida del sangue) del paziente alcuni degli anticorpi che si formano dopo il contagio. Gli anticorpi del coronavirus riconoscono porzioni specifiche delle proteine a punta (spike) presenti sulla superficie del Sars-CoV-2 e che servono al virus per entrare nelle cellule e infettarle. Se gli anticorpi sono presenti significa che il sistema immunitario è già entrato in contatto con il virus.

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Sono davvero fondamentali e urgenti?

Secondo Nicholas Christakis, medico e sociologo, direttore dello Human Nature Lab all’università di Yale, i test sierologici sono una priorità urgente. “Gli Stati Uniti hanno l’opportunità di non perdere tempo con questo tipo di test, come invece abbiamo fatto con il test molecolare”, ha commentato Christakis sul Quartz. Per la ricercatrice Elitza Theel della Mayo Clinic, impegnata nella valutazione dei nuovi test per il coronavirus, sarebbe invece ancora troppo presto per affermare se siano o meno affidabili.

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Le risposte del tampone sono attendibili?

Secondo la Theel, se non validati, i test seriologici potrebbero creare falsi positivi o falsi negativi, creando ancora più confusione.

Un paziente può risultare positivo perché, ad esempio, è stato infettato da un altro tipo di coronavirus. O al contrario, il test potrebbe rivelarsi negativo se è fatto troppo presto rispetto al contagio, prima cioè che il sistema abbia attivato la risposta anticorporale. La persona potrebbe quindi, inconsapevolmente, estendere il contagio, solo perché è emerso un falso negativo.

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Quanto tempo ci vuole per la risposta del tampone?

Secondo gli ultimi studi dovrebbero passare almeno otto giorni dopo l’insorgenza dei sintomi per intercettare la risposta anticorpale. Qualsiasi test sierologico svolto prima potrebbe risultare negativo.

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I test possono essere usati per guarire altri pazienti?

Gli anticorpi contenuti nel sangue delle persone contagiate e guarite potrebbero essere usati per curare altri pazienti infettati dal virus. Alcuni ospedali, spiega Nature, stanno sperimentando sui pazienti più gravi le trasfusioni di plasma da persone guarite con alti livelli di anticorpi.