Annuncio pubblicitario
Italia markets closed
  • FTSE MIB

    34.657,35
    +318,03 (+0,93%)
     
  • Dow Jones

    39.512,84
    +125,08 (+0,32%)
     
  • Nasdaq

    16.340,87
    -5,40 (-0,03%)
     
  • Nikkei 225

    38.229,11
    +155,13 (+0,41%)
     
  • Petrolio

    78,20
    -1,06 (-1,34%)
     
  • Bitcoin EUR

    56.444,66
    -1.870,33 (-3,21%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.261,27
    -96,74 (-7,12%)
     
  • Oro

    2.366,90
    +26,60 (+1,14%)
     
  • EUR/USD

    1,0772
    -0,0012 (-0,11%)
     
  • S&P 500

    5.222,68
    +8,60 (+0,16%)
     
  • HANG SENG

    18.963,68
    +425,87 (+2,30%)
     
  • Euro Stoxx 50

    5.085,08
    +30,67 (+0,61%)
     
  • EUR/GBP

    0,8601
    -0,0007 (-0,08%)
     
  • EUR/CHF

    0,9760
    -0,0005 (-0,05%)
     
  • EUR/CAD

    1,4718
    -0,0026 (-0,17%)
     

Effetto Covid in ospedale: il virus rallenta il soccorso degli infarti

L’emergenza Covid ha rallentato i soccorsi degli infarti. A svelarlo è uno studio pubblicato qualche giorno fa da un gruppo di medici dell’Humanitas, sulla rivista scientifica Interventional neuroradiology, che sottolinea come il brake-in time, l’intervallo tra la comparsa dei sintomi e l’arrivo del paziente in pronto soccorso, è raddoppiato rispetto al passato.

Effetti collaterali della pandemia si legge sul Corriere della Sera che ha evidenziato i dati preoccupanti che emergono dallo stress del servizio sanitario che da marzo, senza tregua, lotta per debellare il Covid-19. L’Humanitas, che la scorsa primavera venne individuato come uno dei due centri in provincia di Milano per trattare gli infarti, ha infatti spiegato che nel 2019 il brake-in time era di 105 minuti mentre tra marzo e maggio 2020, mesi di piena da coronavirus, quel tempo si è pesantemente dilatato: una media di 248 minuti, ovvero più 4 ore.

A dirla tutta i “ritardi” però non sono causati solo dai sanitari. Da una parte hanno fatto del loro anche i pazienti che, ansiosi rispetto a un possibile contagio in ospedale, sono stati spesso portati a ritardare le chiamate al 118. Altra discrimine è però il sovraccarico per le ambulanze, sia per il numero di «missioni», sia per i tempi di decontaminazione, che obbligavano a un periodo di fermo dopo ogni trasporto.

Se i tempi si sono dilatati all’esterno della struttura, quello che è accaduto dentro l’ospedale tra marzo e maggio rimane invece un esempio di sanità. Tutti i pazienti in infarto sono stati sottoposti a tampone e a una immediata radiografia per identificare rischio maggiore o minore di infezione (con polmonite) in corso. Dei 136 pazienti soccorsi per infarto e trattati all’Humanitas in quel periodo, 12 erano positivi al Covid. Tra l’ingresso in ospedale e il trattamento o l’intervento però non i tempi non sono cambiati di molto: aumentati di soli 5 minuti nel 2020 rispetto al 2019 (117 minuti contro 112).

VIDEO - Infarto, in caso di sintomi chiamare il 118