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Germania e vaccini, una relazione complicata (anche dal Dr. Mertens)

(Photo: picture alliance via Getty Images)
(Photo: picture alliance via Getty Images)

Ancora una volta, la Germania si conferma lo Stato più diffidente sui vaccini anti-Covid tra i grandi Paesi europei. L’ultima prova arriva dalle parole di Thomas Mertens, presidente della Commissione tedesca Stiko specializzata sui vaccini presso il Robert Koch Institute, in merito alla vaccinazione pediatrica. Se qui in Italia autorità sanitarie ed esperti sono pressoché unanimi nel raccomandare l’iniezione ai bambini tra i 5 e gli 11 anni, in Germania è la massima autorità in merito di vaccini a esprimere riserve sull’opportunità di vaccinare la popolazione pediatrica. Parlando in un podcast della Frankfurter Allgemeine Zeitung, Mertens ha dichiarato che sulla base dei dati attualmente disponibili “non vaccinerebbe i propri figli contro il Covid”. Il motivo – ha spiegato – è che non ci sono “dati” sulla tollerabilità del vaccino in questa fascia d’età, né sono possibili valutazioni sugli effetti a lungo termine. “Se la malattia non gioca un ruolo serio per la persona da vaccinare da un punto di vista medico, bisogna essere tanto più certi che la vaccinazione sia ben tollerata a lungo termine”, ha sottolineato giovedì nel suo intervento.

La Commissione Stiko deve ancora emettere la sua raccomandazione riguardo al vaccino in età pediatrica, ma le dichiarazioni di Mertens forniscono più che un indizio su quale parere attendersi. La raccomandazione – ha detto il presidente alla Faz – dovrebbe essere completata attorno all’11 dicembre, in ogni caso prima che le dosi specifiche Pfizer/BioNTech siano disponibili in Germania dopo l’autorizzazione da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema).

È lampante la differenza tra questa posizione e quella dei molti Paesi – tra cui l’Italia – in cui la vaccinazione pediatrica è già ampiamente raccomandata da autorità sanitarie, associazioni di pediatri ed esperti. Quel che è certo è che questa diversa valutazione riflette un approccio diverso e cade in un contesto generale di minore adesione alla campagna vaccinale, con il tasso di immunizzazione che continua a fermarsi sotto la soglia del 69%: troppo poco per contenere la quarta ondata senza misure più restrittive come il lockdown per i non vaccinati e la possibile introduzione – a partire da febbraio – dell’obbligo vaccinale per alcune categorie.

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Di sicuro i dubbi avanzati da Mertens – per quanto limitati all’età pediatrica - non aiuteranno a convertire quei milioni di cittadini tedeschi ancora scettici o apertamente no vax per i quali la Commissione Stiko ha invece sonoramente raccomandato l’immunizzazione. Un aspetto non trascurabile, visto che in Germania - come in altri Paesi di lingua tedesca - lo zoccolo duro dei no vax è particolarmente duro e particolarmente ampio. Sulle ragioni di questo fenomeno - chiaro sin dalle prime fasi della campagna vaccinale – gli esperti si interrogano da tempo, con risposte spesso diverse e complementari. Proviamo a vederne qualcuna.

Per Malte Thiessen, storico tedesco della medicina, in Germania le opinioni sui vaccini sono sempre state “altamente politiche”. “L’inoculazione è sempre stata qualcosa di più di una semplice puntura. Si tratta sempre anche di una visione del mondo”, ha dichiarato qualche tempo fa in un’intervista a Deutsche Welle. La posizione relativamente critica dei tedeschi risale al 19° secolo. Molti degli argomenti e delle idee sbagliate di allora rimangono ancora oggi.

La legge imperiale sulla vaccinazione obbligatoria entrò in vigore nel 1874 a seguito di diffuse infezioni di vaiolo in tutta Europa, che uccisero decine di migliaia di persone in Prussia. Fu in quel periodo che prese forza il movimento “Lebensreform” (Riforma della vita), i cui aderenti credevano nei percorsi naturali per rafforzare il corpo, come l’esposizione al sole o diete speciali. “Anche 200 anni fa, i vaccini erano controversi e dibattuti intensamente”, ha osservato Thiessen. I primi gruppi di opposizione ai vaccini furono fondati nel 1869 a Lipsia e Stoccarda, cinque anni prima della legge imperiale sulla vaccinazione. Ben presto l’Associazione imperiale contro la vaccinazione obbligatoria raccolse circa 300.000 membri. Per loro, i vaccini erano lo “strumento del diavolo”, ha spiegato Thiessen. “Qualcosa di artificiale, chimico viene iniettato nel corpo. Questo aiuta a spiegare l’enorme opposizione ai vaccini nei circoli alternativi tedeschi, fino ad oggi”.

Le teorie della cospirazione antisemita – ricorda Deutsche Welle - hanno avuto un ruolo nel primo movimento anti vax. Gli oppositori diffusero la menzogna che i vaccini fossero parte di una cospirazione ebraica globale per danneggiare intenzionalmente il popolo tedesco.

Più in generale, gli esperti collegano lo scetticismo sui vaccini alla crescente cultura di protesta contro l’establishment, un sentimento cavalcato in particolar modo dal partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD). Da mesi AfD gestisce attivamente lo scetticismo no vax, anche diffondendo notizie false su presunte morti causate dai vaccini. Uno studio dell’Università tecnica di Dresda mostra che la simpatia per l’AfD è particolarmente diffusa tra gli scettici. Lo Stato della Sassonia, roccaforte del partito, è nelle retrovie quando si tratta di vaccinazioni.

Nella Germania dell’Est, lo scetticismo sulla vaccinazione si alimenta anche di un altro legame: la vaccinazione obbligatoria nell’ex Ddr. L’ex Germania dell’Est richiedeva infatti vaccinazioni per la difterite, la tubercolosi e il vaiolo; chi si rifiutava veniva multato.

A fare un elenco di cinque possibili ragioni per cui lo scetticismo vaccinale è così forte nelle aree di lingua tedesca – Germania, Austria, Svizzera tedesca e Alto Adige – è il prestigioso quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung. Al primo posto c’è la mancanza di un trauma come quello di Bergamo. “La prima ondata nei Paesi di lingua tedesca è stata relativamente mite”, scrive il quotidiano. Tedeschi, austriaci e svizzeri non hanno vissuto un trauma paragonabile a quello degli italiani di fronte alle bare di Bergamo portate via dai militari, o a quello degli spagnoli di fronte alla pista di pattinaggio di Madrid trasformata in obitorio. “All’inizio della pandemia, quando c’era ancora poca conoscenza, queste esperienze sono state particolarmente traumatiche e hanno modellato il modo in cui è stato affrontato il nuovo virus”.

Inoltre, la strage di anziani potrebbe aver avuto un impatto più forte in Paesi - come l’Italia e la Spagna – dove “la coesione familiare è molto più pronunciata” rispetto a Germania, Austria o Svizzera. “Nel caldo sud è normale che i giovani si prendano cura dei vecchi”, scrive la Neue Zürcher Zeitung. “Nel caso di molti ragazzi, gli stretti legami familiari possono aver portato a una maggiore disponibilità a farsi vaccinare, se non altro per la protezione dei parenti più anziani”.

Un’altra possibile spiegazione è l’aperto sostegno di alcuni partiti politici alle posizioni no vax. A differenza di quanto accaduto in Italia e in Francia – dove leader come Matteo Salvini e Marine Le Pen si sono pubblicamente espressi a favore della vaccinazione, malgrado ammiccamenti vari – in Austria e in Svizzera partiti nazionalisti come FPÖ, UDC e SVP hanno più o meno apertamente sposato le cause no vax.

È interessante anche un altro confronto di dati: la Germania, l’Austria e la Svizzera sono tra i Paesi in Europa dove la medicina alternativa è più seguita. Già in passato i territori nei quali va forte l’omeopatia hanno registrato una bassa adesione ai vaccini di ogni tipo. Un altro motivo, secondo la Zürcher Zeitung, è la migrazione, dal dopoguerra ad oggi, dall’aerea balcanica, un’altra zona no vax. Infine, non aiuterebbe neanche la struttura federale di Austria, Germania e Svizzera. “Un approccio geograficamente adattato spesso ha senso, ma non rende le regole più comprensibili per la popolazione. Inoltre, il federalismo può ritardare le decisioni, il che è fatale nella pandemia”.

Con tutti questi fattori dovrà fare i conti il governo di Olaf Scholz, chiamato a prendere il timone nel momento clou della quarta ondata. “Il triste culmine della quarta ondata colpirà le terapie intensive a Natale”, ha dichiarato oggi il ministro della Sanità Jens Spahn, in quello che è apparso come un parziale mea culpa. “Avremmo dovuto essere molto più netti nel trattamento dei cittadini non vaccinati”. Ieri la conferenza Stato-Regioni ha deciso il lockdown per i non vaccinati a livello federale e ha varato un documento che lancia l’iniziativa legislativa parlamentare su un obbligo vaccinale generalizzato. Secondo diversi esperti le misure sarebbero comunque insufficienti per fermare l’attuale ondata pandemica, che sta mettendo sotto forte pressione i sistemi sanitari dei Länder in cui la quota vaccinale è più bassa. Probabilmente, un endorsement della vaccinazione pediatrica potrebbe servire ad alzare la percentuale dei vaccinati, ma su questo il presidente della Stiko Thomas Mertens è stato molto chiaro: “Le decisioni politiche sbagliate non possono essere corrette con la vaccinazione”. Come dire: se alla fine la Commissione arriverà a raccomandare il vaccino per i bambini, non sarà certo per aumentare la quota dei vaccinati. La relazione dei tedeschi con i vaccini continua a essere più sfumata e complicata rispetto al resto d’Europa.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.