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Il quadro geopolitico globale potrebbe agevolare la ripresa del Bitcoin

I tori del Bitcoin sperano in un rally in apertura del weekend per ripristinare un po’ di fiducia nel mercato delle criptovalute a seguito di perdite relativamente pesanti registrate durante la settimana, anche se ci sarà da aspettarsi molta resistenza.

Dopo approfondimenti di carattere puramente pessimistico circa il trend del Bitcoin, oggi risulta interessante riportare un’analisi diametralmente opposta.

La recente disamina di Matteo Oddi, PR & Marketing Manager di Exante, con particolare specializzazione in tecnofinanza, appare un utile spunto di riflessione per estendere l’orizzonte previsionale verso dinamiche sempre più obiettive.

L’analisi di cui sopra prende le mosse dal complesso quadro politico internazionale, caratterizzato da tensioni che potrebbero veicolare una diversificazione negli investimenti atta a favorire lo spostamento di capitali verso le criptovalute.

È ben andare con ordine.

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“La guerra commerciale tra Cina e USA rischia di rivelarsi un vero e proprio evento catalizzatore per il Bitcoin e il mercato delle criptovalute in generale. In occasione della svalutazione dello yuan nel 2015 e del voto per la Brexit nel 2016, i periodi di crisi finanziaria e di instabilità economica sono scenari che ben si sposano a performance positive della criptovaluta”.

Quanto affermato sopra troverebbe il suo fondamento nei contrasti tra Stati Uniti e Cina che sono sfociati in dazi (da Occidente a Oriente) del valore di trentaquattro miliardi di dollari verso 818 prodotti. Immediata la contromossa cinese che, subendo il blocco delle importazioni da Washington, ha utilizzato la stessa moneta: sono 545 i prodotti rimasti nel Paese della seta, per un valore percentuale del 25% pari ad altrettanti trentaquattro miliardi di dollari.

Come se non bastasse, il presidente Donald Trump potrebbe realizzare quanto dichiarato preventivamente, ovvero aggiungere altri dazi per ben 500 miliardi di dollari in caso di rappresaglia cinese.

Una reazione che non è mancata, quindi non è improbabile che abbia luogo un nuovo capitolo di tensione commerciale.

All’asse Usa-Cina si aggiunge quello che gli Stati Uniti hanno posto in essere con India e Russia, senza dimenticare la querelle con l’Unione Europea. Se con Nuova Delhi i dazi riguardano alluminio e acciaio, Putin ha tuonato con sanzioni comprese in una forbice tra il 25% e il 40% relativamente a prodotti reciprocamente scambiati tra i due Paesi.

La situazione con il Vecchio Continente si può riassumere nelle dure parole del ministro dell’Economia francese, Bruno La Maire, per cui l’UE “reagirà in maniera collettiva e con fermezza, se attaccata”.

Il contesto economico-politico che ne deriva fotografa una situazione d’incertezza per imprese e capitali che si troverebbero (e probabilmente si troveranno) nella condizione di rimanere bloccati: i primi, in quanto ad attività produttiva, i secondi come flussi.

Da qui, suggerisce Oddi, la necessità di diversificazione di investimenti e soprattutto del mantenimento dello status quo potrebbe influenzare massivamente gli stakeholder a ricercare strumenti che preservino il proprio portfolio.

Non è escluso che la migrazione parziale di capitali verso un universo scevro da dinamiche di mercato istituzionali possa avere luogo.

Tale convinzione è ulteriormente supportata da Alexey Kirienko, amministratore delegato di Exante, che si pone in linea con il collega maltese: “Una guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina potrebbe portare la Cina a rifiutare il dollaro statunitense, danneggiando a sua volta la posizione del biglietto verde come valuta globale. Questa è una notizia molto positiva per le criptovalute”.

Si sostiene da più parti come il BTC si presti a ricoprire il ruolo di alternativa alla valuta tradizionale, specialmente considerando come il costo per transazioni di valuta digitale sia inferiore alla medesima operazione effettuata in oro. Spese commissorie risibili che sarebbero a suffragio di questa tesi sono i due euro sostenuti da una balena per il trasferimento di 48.500 BTC (=duecentonovanta milioni di dollari circa).

I concetti espressi dai due manager maltesi, sebbene siano difficilmente dimostrabili nel lungo periodo a causa dell’incertezza del contesto geopolitico che potrebbe degenerare in un senso o nell’altro, sviluppano comunque una teoria ragionevole che oggi non può non essere presa in considerazione.

This article was originally posted on FX Empire

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