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Per i prossimi mesi occhio alle banche: i nomi da monitorare

Listino italiano pesante in apertura con un risultato che dopo la prima mezz'ora di contrattazione arriva a segnare un passivo dell'1,8%, trend che interessa tutto il resto d'Europa: Dax a -2,5%, Ftse 100 a -1,6%, Cac a 2,1%, Eurostoxx a -2,15%. Un avviso dei timori che si stanno affacciando con l'arrivo dell'autunno?

La situazione del settore bancario

In autunno arrivano le scadenze più importanti per gli istituti, scadenze relative non solo al bilancio ma anche e soprattutto alle volontà imposte dalle autorità di vigilanza europee.

Ecco allora che i grandi protagonisti della scena si trovano a dover fare i conti sia con i margini sempre più ristretti, se non annullati, dei tassi, sia con la necessità di mettere in sicurezza i capitali. Il tutto mentre i conti sono oppressi dalla zavorra delle sofferenze (si parla di un carico totale di 66 miliardi in arrivo sul mercato) e dall’urgenza di doversene disfare, il tutto, come se non bastasse, con la massima profittabilità. Una quadratura del cerchio resa ancora più difficile da un mercato volatile che poco si fida a dare capitali a scatola chiusa (e il mercato è la fonte di approvvigionamento più sfruttata di solito dalle banche) e da una crescita zero della nazione, a sua volta in attesa di un referendum i cui esiti sono non soltanto incerti ma addirittura confusi. Sì, perchè dopo un primo, facile entusiasmo del Premier Matteo Renzi che aveva assicurato, in caso di perdita, le sue dimissioni (e quelle del governo) adesso pare che l’avanzata del fronte del NO e le pressioni dell’Europa spaventata da una possibile crisi politica, abbiano fatto desistere il numero uno del governo indirizzandolo a più miti consigli, ovvero a desistere dal dare l’addio alla carica di Presidente del Consiglio.

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Alla luce di tutto questo è facile capire come mai il mercato inizi a temere quello che da più parti già viene definito come l’autunno caldo delle banche.

Il caso Mps (BSE: MPSLTD.BO - notizie)

E il primo nome che viene in mente è senza dubbio quello del Monte dei Paschi (Milano: BMPS.MI - notizie) di Siena. la Banca più antica del mondo, ma anche quella con la storia recente più travagliata, ha trovato un’altra tegola sulla sua strada: l’addio del suo amministratore delegato Fabrizio Viola. I lavori per la cessione dei famosi crediti in sofferenza, quindi, si potrebbe allungare ulteriormente: i tempi tecnici del piano, infatti, avevano già individuato le circa 150mila posizioni da smaltire ma solo i due terzi sarebbero state esaminate, mentre, secondo quanto riferito dalla stampa, ci vorranno ancora tre se non quattro mesi per riuscire ad organizzare il tutto e a ricevere quei rating che permetteranno di avere le garanzie statali Gacs e che poi daranno il via alla cartolarizzazione della parte più appetibile dell’intero blocco. Accellerare i tempi sarebbe utile anche in vista del referendum costituzionale visto che il sovrapporsi delle scadenze potrebbe essere micidiale per l’intera operazione. Per questo si parla di far slittare la ricapitalizzazione al 2017.

La storia di Unicredit (EUREX: DE000A163206.EX - notizie)

Tempi lunghi anche per l’altra grande del settore, Unicredit. Anche qui il nodo si chiama crediti inesigibili e anche qui il primo punto da affrontare è il loro smaltimento. La questione su Unicredit, invece, è la ricapitalizzazione da 8 miliardi, ricapitalizzazione che è a sua volta inserita in un più ampio e complesso piano di dismisisoni ma anche di messa in sicurezza del patrimonio Cet1. In particolare alla voce dismissioni, un aiuto potrebbe arrivare dal governo conservatore della Polonia, interessato a far rientrare a casa le attività più importanti e tra queste anche la banca Pekao in mano a Unicredit con una fetta del 40%; una vendita che è stata oggetto di varie considerazioni visto che il fronte dell’Europa dell’Est è un orizzonte in crescita e la vendita del rampo potrebbe precludere la presenza di Unicredit in una zona vista in espansione. Ad ogni modo questo giova a favore dell’istituto italiano che potrebbe vedere un’entrata tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro cui si aggiungerebbero anche il miliardo e 500 milioni dalla vendita di Fineco e i 3 di Pioneer. A questo, in particolare, è interessato il fondo francese Amundi (Berlino: 350155.BE - notizie) che potrebbe combattere contro Poste Italiane (Dusseldorf: 29884131.DU - notizie) , soggetto italiano che recentemente ha manifestato un certo interesse per l’affare.

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