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Il petrolio torna sopra i 40 $

Allo stato attuale, sembra che tutta l’attenzione e il dibattito dedicato al Summit OPEC + Russia di Doha sia stata un enorme spreco di tempo. Il fallimento non poteva essere più fragoroso, e il collasso del cartello di produttori più evidente, eppure, a meno di 48 ore dal flop, il petrolio è tornato agevolmente sopra i 40 dollari.

Questo non vuol dire che da qui in avanti la strada sia definita. Quel che si evince dalla price action è che al momento, più che una labile ipotesi di freeze dell’offerta da parte dei produttori che hanno margine per incrementare, a influenzare il prezzo è il calo della produzione ex OPEC, è il graduale aumento della domanda globale di greggio.

Oltre a ciò, sembra che l’ossessione dei mercati per il prezzo del petrolio stia scemando. La correlazione tra azionario e oil è scesa, e anche l’High Yield US ne sta soffrendo meno le oscillazioni.

Alla buon ora.

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La chiusura robusta di Wall Street ha permesso all’Asia, unica penalizzata dal flop di Doha, di recuperare. L’ U-turn nel sentiment ha prodotto un nuovo indebolimento dello Yen, grazie al quale Tokyo ha cancellato la sottoperformance della scorsa seduta. Meno evidente il recupero di Shanghai, mentre lo HSCEI è stato supportato dal recupero delle banche cinesi.

In Europa, al supporto del sentiment globale si è aggiunto l’effetto del breakout rialzista su Dax e Eurostoxx, che ha impresso una bella accelerazione agli indici. Per la cronaca, il testa e spalle rovesciato completato sull’indice tedesco proietta un target sopra 11.000 (non 10.000 come ho scritto erroneamente ieri).

Mentre sull’ Eurostoxx, dove, per la verità, la figura è meno nitida e il superamento della neckline deve ancora avvenire, si parlerebbe di 3500.

Sul fronte macro, in Eurozone abbiamo avuto lo ZEW (current situation in calo e sotto attese ma expectations in robusta salita) ma soprattutto la survey ECB sul bank lending per il primo trimestre del 2016. Il risultato di quest’ultima è stato sorprendentemente positivo:

  • nonostante lo stress osservato sul settore negli ultimi mesi, le banche hanno addolcito i lending standards per le aziende. Particolarmente accentuato il fenomeno in Germania e (udite udite) in Italia . Irrigiditi invece i credit standards per i mutui, ma questo in parte dipende dalla nuova direttiva EU. Marginale easing per il credito al consumo.

  • sul fronte della domanda, il primo trimestre del 2016 ha visto quella per loans ancora in aumento, sebbene ad un ritmo inferiore allo scorso trimestre. In accelerazione quella per mutui

  • Infine, rispondendo a 2 domande specifiche, le banche hanno dichiarato che il programma di acquisti ECB ha facilitato la concessione di credito ma danneggiato la profittabilità, mentre i tassi negativi hanno agevolato i mutui ma nuovamente depresso i margini.

In generale una survey dai toni positivi, nonostante la volatilità sugli asset e lo stress sul settore.

A metà giornata, Goldman Sachs (NYSE: GS-PB - notizie) ha chiuso il ciclo di reporting delle grosse banche, battendo stime di utile che erano state assai rimensionate. In generale non si è registrato alcun grosso infortunio per ora, e infatti il settore recupera, ma gli analisti di Deutsche Bank (Londra: 0H7D.L - notizie) sottolineano che le banche US al momento viaggiano su un -12% di EPS growth anno su anno.

Sorprendentemente bassi invece i nuovi cantieri e permessi di costruzione di marzo in US (rispettivamente -8.8% vs -1% atteso e -7.7% vs +2%) anche se il quadro è migliorato con le revisioni ai mesi precedenti. Il dato ha contribuito forse a indebolire ulteriormente il biglietto verde.

Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) pomeriggio, la notizia che il decreto salvabanche non entrerà nell’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri di domani ma slitterà alla prossima settimana ha guastato il finale a Milano, e in particolare al settore (FTSE MIB Banks -1.6%).

La debolezza è rimasta comunque confinata a Piazza affari e all’Eurostoxx banks, mentre Auto e Materials hanno trainato gli altri listini a chiusure nei pressi dei massimi.

Detto sopra degli sviluppi tecnici sugli indici azionari, risulta interessante anche quello sul paniere di commodities CRB, che, dopo aver abbozzato un doppio minimo a gennaio e febbraio, sembra sul punto di completare un “cup & handle”.

Un eventuale rottura di quest’indice generale, che non tocca la sua media mobile a 200 giorni da quasi 20 mesi, avrebbe una serie di implicazioni da non sottovalutare, sulle attese di inflazione, sulla percezione della salute del ciclo globale e delle economie emergenti, sulle politiche monetarie, etc.

Da monitorare con estrema attenzione.

Autore: Giuseppe Sersale Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online