Quanto costerebbe non fare la TAV? La verità su penali e sui soldi già spesi
La TAV Torino-Lione è rientrata prepotentemente nel dibattito politico perché oggetto del contratto di alleanza politica tra Lega Nord e Movimento 5 Stelle. Nel testo definitivo è scritta, al punto 27, questa frase: “Con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia“.
In sostanza, qualora questo governo dovesse arrivare a una ridiscussione del progetto, potrebbero esserci sostanzialmente tre scenari: la continuazione e la conclusione dei lavori in mancanza di alternative, una costosa variante che andrebbe a incidere sulla tempistica, l’abbandono dell’accordo. Ma quanto costerebbe in ognuno di questi casi? Esiste una penale come è stato detto dal vicepresidente della regione Auvergne-Rhône-Alpes, Etienne Blanc?
Blanc, al Corriere della Sera, ha dichiarato – seguito a ruota da Paolo Foietta, commissario straordinario del Governo per l’asse ferroviario Torino – Lione: “Viste le penali da pagare, per l’Italia sarebbe più costoso interrompere i lavori che proseguirli fino alla fine come concordato“. Foietta ha aggiunto che “sono già stati investiti oltre 1,4 miliardi in studi, progetti ed opere finanziati per metà dall’Unione Europea e al 25 per cento a testa tra Italia e Francia. L’Europa ha inoltre già assegnato una prima tranche di 813 milioni di euro di finanziamento, nell’ambito del programma Tent-T 2015-2019, per i lavori definitivi a finanziamento del 40 per cento dei costi sostenuti nel periodo. Il solo costo diretto complessivo da restituire a Ue e Francia risulterebbe senz’altro superiore a 2 miliardi“.
Ovviamente i comitati No Tav rigettano la questione penali: “Non ci possono essere, posto che non sono stati ancora nemmeno indetti gli appalti per far iniziare i lavori, la cifra di due miliardi di euro è falsa“.
In realtà non ci sono penali da pagare, in caso di uscita dal progetto TAV. Ma la faccenda non è così semplice. Se l’Italia si chiamasse fuori, la Francia e l’Unione Europea potrebbero rivalersi e chiedere il risarcimento dei costi fino ad ora sostenuti. La spesa allo stato attuale è stata di 1,4 miliardi di euro, dei quali 700 sono stati immessi dall’Unione Europea, mentre l’altrà metà arriva dalle casse francesi e italiane, equamente suddivisa per due.
Di conseguenza un risarcimento legale arriverebbe a oltre 1 miliardo di euro, senza contare che i 350 milioni di euro spesi dall’Italia andrebbero così ‘bruciati’.
Oltre a questi eventuali risarcimenti, ci sarebbero altre cifre da restituire. In particolare 813 milioni di finanziamento europeo per il 2014-2019, già stanziati, che l’Italia dovrebbe restituire in caso uscisse dal progetto e che non potrebbe spendere per altro, visto che c’è un vincolo di destinazione. Inoltre potrebbero rivalersi contro lo Stato le imprese che hanno ottenuto l’incarico per continuare i lavori, e ci sarebbe una spesa notevole per chiudere i cantieri e per mettere in sicurezza ciò che rimarebbe di essi.
Sulla variante che potrebbe essere proposta, ovviamente, pesano i costi dei nuovi progetti e degli studi di fattibilità, nonché delle supervisioni sul territorio: le cifre però non possono essere attualmente calcolate perché non si conoscono ancora le intenzioni vere e proprie del governo Lega-M5S.
In conclusione? La TAV avrà comunque un costo, indipendentemente dalla conclusione dei lavori: il nuovo governo dovrà scegliere solo la tasca dalla quale estrarre il portafoglio.
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