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Un rally in may piuttosto ambiguo

Quest’anno possiamo notare che il detto “sell in may” si è realizzato nella prima parte del mese, mentre la parte finale sta riservando un sorprendente “rally in may”. La settimana passata ha spazzato via tutti i dubbi e le cautele che frenavano i mercati da un mese e si è espressa per le principali borse mondiali con performance che non vedevamo alcune settimane.

SP500 con +2,28%, Dax tedesco a +3,73%, Eursotoxx50 con +3,93% e il nostro FIB con +4,30% hanno rappresentato un crescendo di performance che ha portato tutti gli indici a contatto con resistenze molto importanti, su cui giocarsi questa settimana il tentativo di raggiungere i massimi storici (SP500) o di annullare tutta la negatività che ha pervaso i mercati europei a partire dal dicembre scorso.

Paradossalmente il rally è avvenuto a braccetto con la convinzione che la FED si sta decidendo ad alzare i tassi in estate, ben prima delle elezioni USA.

Il comportamento è difficilmente spiegabile con motivazioni razionali. Si è sempre sostenuto che la spinta al rialzo dei mercati e la loro pervicacia nel rimanere agganciati ai massimi assoluti o relativi dello scorso anno si basava non su motivazioni reali, poiché la crescita economica, in tutto il mondo, è da tempo moderata ed insoddisfacente, ma esclusivamente sull’aiuto che i tassi a zero forniscono alla speculazione rialzista, spingendo gli investitori a caccia di rischio per ottenere qualche rendimento.

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Secondo questo schema ogni previsione di tassi in salita rappresenta un aumento della pressione del classico spillo contro la parete gonfia della bolla speculativa.

Sorprende quindi che la reazione dei mercati ai ripetuti avvisi di imminente rialzo dei tassi sia stata quella di gonfiare ulteriormente la bolla.

E’ un esercizio estremamente pericoloso, che trova una giustificazione neanche troppo convincente in alcuni fattori in grado di alimentare euforiche illusioni.

Il primo, a mio parere, è l’allontanamento della prospettiva Brexit, fotografato da un sondaggio uscito in settimana, che registra un consistente vantaggio del fronte remain rispetto al fronte exit. Siccome tutta la stampa main stream, i leader politici del mondo occidentale le banche centrali e tutti i poteri forti hanno dispiegato la loro potenza mediatica per terrorizzare i britannici sulle terribili conseguenze de Brexit, lo scampato pericolo suona come un invito alla festa per il figliol prodigo che decide di non andarsene.

L’altro aspetto in grado di contribuire alla risalita dei mercati azionari è stata la sorprendente estensione del recupero dei prezzi del petrolio. Grazie al cocktail di intoppi produttivi, che hanno colpito Canada, Nigeria ed Iraq, ed una certa ripresa della domanda, i prezzi hanno potuto proseguire il recupero che dura ormai da quasi 4 mesi e tornare giovedì alla quota psicologica dei 50 dollari al barile. Questo prolungato rimbalzo ha favorito il recupero anche delle quotazioni delle società petrolifere, sulle quali si sta scommettendo per una ripresa della redditività o almeno su un allontanamento delle ipotesi di fallimento imminente che gravava su quelle più deboli. Ora però il prezzo del greggio si trova a contatto con l’importante area di resistenza a quota 51 dollari e dà segni di un certo affaticamento.

Peraltro il sistema bancario, che cominciava ad essere piuttosto penalizzato dai tassi a zero, ha un po’ rialzato la testa nell’ipotesi di una progressiva ripresa di redditività.

E’ evidente che queste sono tutte interpretazioni che cercano di spiegare quel che in realtà non è spiegabile. Se il rialzo dei tassi sarà la corda che impiccherà i mercati all’inevitabile e pesante storno che avverrà alla fine del ciclo rialzista, che, detto per inciso, per l’indice americano SP500 dura ormai da oltre 7 anni, ed è uno dei più lunghi della storia dei mercati azionari, non comprendo il motivo logico di festeggiare quando il boia FED dichiara di essere pronto a dare la seconda stretta al nodo scorsoio. Occorre una buona dose di masochismo ad investitore su un mercato così evidentemente alla frutta. La crisi di astinenza da rendimenti sicuri deve aver annebbiato la vista agli investitori, che non si rendono conto del pericolo di comprare i massimi di un ciclo alla fine.

Oppure, molto semplicemente, le mani forti stanno effettuando l’ennesima distribuzione proprio confidando nella disperazione di chi è disposto a prendersi rischi colossali pur di accarezzare il sogno di un qualche rendimento.

I nodi al pettine verranno. Magari questa settimana scopriremo che le resistenze, che saranno testate, faranno ancora una volta il loro dovere e respingeranno i mercati, sgonfiando gli assurdi sogni di gloria. Ecco perché chi ha comprato in settimana ora non deve distrarsi un attimo, ma preparasi a scendere con la stessa velocità con cui è salito sulla giostra. Questo non è più un mondo per cassettisti.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online