Tutti i “trucchetti” di un’occupazione in “aumento”
L’occupazione cresce a marzo: numeri alla mano, forniti dall’Istat, si registra un’occupazione del 16,1% (+0,2%) per la fascia dei più giovani che diventa addirittura 72% nella fascia tra i 35-49 anni (+0,4%)e un 57,7% per la fascia di 59-64 anni (+0,3%).
Cosa c'è da guardare?
Unici a segnare un passo negativo i 25-34enni che vedono il loro 59,3% di occupazione in calo dello 0,1% rispetto al mese scorso, numeri che portano il tasso di disoccupazione all’11,4% a livello nazionale. Merito del Job’s Act (Francoforte: A1CVKR - notizie) e, verrebbe da aggiungere, degli sgravi fiscali che offre. Ancora per poco. Purtroppo non è dato sapere, per quanto sia interessante, lo stipendio medio dei lavoratori, la tipologia dei contratti più diffusi o che hanno subito il maggior incremento, le garanzie che questo offre e soprattutto le tutele anche a livello pensionistico. Così come interessante stabilire l’incisività della riforma Fornero con il blocco dei pensionamenti e l’impatto sui dati Istat, degli sgravi fiscali e soprattutto della loro limitazione futura, decisi entrambi dal Job’s Act, il che spiegherebbe l’aumento di quegli occupati nella fascia di età più alta mentre la regolamentazione del precariato giustificherebbe i numeri sulla fascia di lavoro più bassa, quella dei giovani. Una controprova si ha dalla fascia 25-34 anni, in calo pur essendo quella potenzialmente più produttiva.
Inoltre c’è anche un altro piccolo particolare da considerare: l’Italia registra il record di emigrazione, record che inizia ad essere tale proprio dal 2012, raggiungendo nel 2014 la cifra ufficiale e complessiva delle 100mila unità mentre l’anno scorso la fascia più colpita, cioè quelli che hanno preso in mano la valigia e hanno deciso di dire addio a tutto, sono stati i ragazzi tra i 20 e i 40 anni. Mete preferite dai nostri migranti (ebbene sì, non ci sono solo i siriani) la Germania e la Gran Bretagna con quest’ultima in cima alle preferenze dei 20-40enni.
Chi è disoccupato?
Senza contare poi un altro elemento e cioè i parametri della valutazione: chi è giudicato disoccupato? Un contratto a tempo determinato con uno stipendio al di sotto del minimo sindacale, privo di ogni garanzia potrà essere sufficiente per essere considerati lavoratori, ma di certo non è un lasciapassare per diventare consumatori consapevoli e soprattutto utili allo sviluppo economico della nazione. Renzi festeggia, ma è bene ricordare che nel resto d’Europa, dove la media è tra il 10,2% dell’Eurozona e l’8,8% dell’Unione (il che fa pensare che anche la moneta unica sia un aggravio non indifferente) la situazione è ben diversa: Berlino vanta una disoccupazione del 4,2%, Vienna sfiora il 5,5% e l’Olanda, paese “in crisi” offre un rassicurante 6,4%.
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