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Usa: Mnuchin lancia l'allarme "fiscale" sul rally di Wall Street

Arriva direttamente dalla Casa Bianca l'ultimo segnale di pericolo in vista per la Wall Street dei record. A inviarlo al mercato ieri, mentre il Dow Jones stracciava un altro record storico superando per la prima volta in chiusura i 23.000 punti base, è stato questa volta il Segretario al Tesoro USA, Steve Mnuchin.

Che alla vigilia di un voto al Senato cruciale per l'agenda economica di Trump - e mentre Wall Street ricorda il trentesimo anniversario del famigerato Black Monday, il crash di mercato che il 19 ottobre 1987 fece crollare in un solo giorno del 22,6% l'indice degli industriali USA - avverte: il Congresso faccia fare dei passi avanti alla riforma fiscale se non vuole annullare i guadagni messi a segno negli ultimi mesi dagli indici azionari.

Senza il taglio delle tasse, Wall Street crolla

"Nella misura in cui riusciremo a portare a termine il taglio fiscale, il mercato azionario continuerà a salire", ha detto ai microfoni del programma Politico Money il 54enne reggente del dicastero economico dell'amministrazione Trump, "ma non c'è dubbio a mio avviso che se non ci riusciamo si annullerà una parte significativa di quei guadagni".

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E questo, ha spiegato, perché “non ci sono dubbi che il rally del mercato azionario sia dovuto alle aspettative ragionevolmente alte che si arrivi a un taglio delle aliquote e a una riforma fiscale”.

Il rally è figlio delle promesse di Trump?

Un ragionamento "interessato" che sposa la tesi di una parte del mercato secondo cui i principali benchmark americani hanno già prezzato nei mesi scorsi uno dei pilastri dell'agenda economica di Trump, che in campagna elettorale aveva inserito proprio il taglio delle tasse nel paniere delle sue politiche economiche business-friendly, insieme a un vasto piano di spese per infrastrutture e ad un allentamento dei vincoli regolamentari per le imprese, soprattutto finanziarie, adottati dopo la crisi del 2008-2009.

Dall'8 novembre scorso, data del voto, il Dow Jones Industrial Average e lo S&P 500 hanno messo a segno ripetuti record storici, guadagnando rispettivamente il 26% e il 20% (per quest'ultimo indice il rialzo sale al 25% con il reinvestimento dei dividendi), e lo stesso tycoon non si è fatto scrupolo di attribuirsi i meriti del rally: ancora lunedì scorso, come d'abitudine su Twitter (Francoforte: A1W6XZ - notizie) , annunciava in pompa magna che "gli Stati Uniti" hanno guadagnato "più di 5,2 mila miliardi in capitalizzazione di mercato dal giorno delle elezioni".

Quanto pesa il taglio fiscale?

Non tutti in ogni caso sono d'accordo sugli effetti che un fallimento dell'agenda Trump produrrebbe sui mercati. Se ad esempio Goldman Sachs (NYSE: GS-PB - notizie) attribuisce esplicitamente una parte del rally alle attese sul varo della proposta fiscale della Casa Bianca, suggerendo che una sua adozione nei termini prospettati il mese scorso incrementerebbe l'eps dello S&P 500 del 12% rispetto alle stime di base, altri analisti ritengono che il principale sostegno ai rialzi sia venuto e potrà venire da una situazione economica in generale positiva: buone condizioni di salute degli utili aziendali, robusti dati sull'occupazione e livelli ancora solidi della domanda domestica e internazionale; oltre agli effetti di parecchi anni di politiche monetarie accomodanti da parte delle banche centrali.

Non a caso, dall'ultimo sondaggio condotto tra i gestori di portafoglio da Bank of America Merrill Lynch è risultato che il 68% degli intervistati si aspetta che i tagli arriveranno nel 2018, “ma la riforma fiscale non avrà un impatto significativo sugli asset di rischio."

Inevitabile il taglio delle tasse ai ricchi

In ogni caso, che siano o meno rilevanti i suoi effetti, l'ottimismo di chi crede che un taglio delle tasse alla fine ci sarà potrebbe trovare una conferma proprio oggi. L'avvertimento "interessato" di Mnuchin è arrivato infatti alla vigilia di un voto cruciale al Senato, che potrebbe aprire al GOP la strada per approvare la nuova legislazione fiscale senza bisogno del sostegno dei democratici.

Col sostegno in extremis di John McCain e Thad Cochran, la maggioranza dei 52 senatori repubblicani (contro 48 democratici) ha infatti i voti necessari per dare il via libera alla "budget resolution", il provvedimento che fissa le priorità di spesa non vincolanti: se passa, consentirebbe successivamente di approvare il piano di tagli fiscali per 1.500 miliardi in 10 anni chiesti da Trump con maggioranza semplice (50 voti, meno dei 52 a disposizione).

Altri scogli all'orizzonte

Resteranno in ogni caso da sciogliere numerosi nodi ancora irrisolti della riforma. La bozza presentata a settembre prospetta un abbassamento dell’aliquota per le imprese (dal 35% al 20%) e una revisione al ribasso anche degli scaglioni d'imposta per le persone fisiche, ma i repubblicani non hanno di fatto ancora messo a punto un piano dettagliato dei tagli, non hanno identificato le deduzioni fiscali che saranno eliminate e non hanno spiegato come intendano garantire che i tagli delle tasse non finiscano per beneficiare soprattutto i piu' ricchi.

Vantaggi anche per i ricchi

E proprio su questo terreno, altra novità emersa dall'intervista è quella che riguarda i destinatari della riforma. Di (KSE: 003160.KS - notizie) fronte ad alcuni dati secondo i quali il piano della Casa Bianca garantisce enormi vantaggi agli americani più ricchi, Mnuchin ha dichiarato ieri di considerare "inevitabili" dei vantaggi per la upper class, pur precisando che "qualsiasi riduzione" che tocchi i patrimoni extra-large sarà bilanciata da un taglio delle deduzioni che annullerà il beneficio fiscale.

Viene così archiviata definitivamente la "Mnuchin Rule": quella regola di principio che proprio l'ex banchiere di Goldman Sachs aveva fissato dopo le elezioni di novembre: tagli sì, ma non ai ricchi.

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