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Wall Street non ha esaurito i super poteri

I continui record di Wall Street non spaventano gli investitori. Almeno per il momento. Le chiusure di martedì 24 febbraio danno una fotografia di quella che ormai è diventata una tendenza della Borsa americana. Il Dow Jones è salito di 92,35 punti, lo 0,51%, a quota 18.209,19, il suo secondo record dell'anno. L'S&P 500 è avanzato di 5,82 punti, lo 0,28%, a quota 2.115,48, il quarto massimo da inizio 2015. Il Nasdaq è aumentato per la decima seduta di fila con un +7,15 punti, lo 0,14%, a quota 4.968,12. Si è trattato della terza migliore seduta di sempre.

Alla fine del 2014 l’indice S&P 500 scambiava a un rapporto prezzo/utili attesi di 16,3, il 63% in più rispetto al prezzo di mercato nel 2009. L'indice S&P 500 è stato più caro di oggi solo nel 15% circa di tutti i trimestri passati a partire dal 1970 (fonte AllianceBernstein). Ma davvero il mercato è salito troppo? “E' possibile che le azioni Usa siano un po' più costose del normale, ma crediamo che gli investitori stiano anche ottenendo risultati migliori dai loro investimenti sia da un punto di vista storico che internazionale”, spiega uno studio firmato da Joseph G. Paul, Chief Investment Officer US Value Equities di AllianceBernstein. “Riteniamo che un'elevata redditività sia concretamente ipotizzabile: i margini di profitto delle società non finanziarie contenute nello S&P - specialmente quelle del settore manifatturiero - sono nettamente aumentati negli ultimi anni grazie a cambiamenti strutturali indotti dalla globalizzazione, dall’esternalizzazione dei servizi e dalla ristrutturazione dei processi. Al di fuori del settore energetico, dove le previsioni si stanno rapidamente adeguando al crollo dei prezzi del petrolio, questi fattori rimarranno certamente importanti. Per alcuni segmenti di mercato - soprattutto i settori dei beni di consumo - la diminuzione dei prezzi dell'energia darà un'ulteriore spinta ai ritorni degli investimenti”.

Le scelte operative
Ma cosa si devono aspettare gli investitori a questo punto? Uno dei sistemi utilizzati da Morningstar (NasdaqGS: MORN - notizie) per capire se un mercato (o un titolo) è troppo caro o è a sconto è quello di mettere il suo prezzo in relazione con il fair value elaborato dal team di analisti equity. “Per quanto riguarda gli Stati Uniti, dai nostri studi emerge che l’equity ha una sopravvalutazione media del 4%”, spiega Jason Stipp, analista di Morningstar. “Questo significa che i prezzi sono alti ma non sono esagerati. Un altro elemento che emerge è la forte differenza di prezzo fra alcuni settori. L’energy, ad esempio, a causa del ribasso del prezzo del petrolio ha una sottovalutazione dell’80% rispetto al fair value. Le utility e il real estate sono sopravvalutati del 20%. Gli investitori, infatti, si sono lanciati su questi due segmenti per cercare rendimento e hanno fatto salire in maniera eccessiva i prezzi”.

Questa situazione, secondo gli analisti di Morningstar, è allarmante per chi investe nel breve termine, ma non per chi ha obiettivi di lungo periodo. “In base alle nostre previsioni, che tengono in considerazione anche la crescita degli utili e l’andamento dei dividendi, l’equity americano, in generale, nel lungo termine può crescere ancora per posizionarsi all’interno di una forchetta compresa fra il 4,5% e il 6%” dice Stipp, secondo cui, dal punto di vista strategico, gli investitori non dovrebbero curarsi troppo dei movimenti delle azioni nel breve termine.