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Come Papa Francesco vuole cambiare lo Ior

Il nuovo Pontefice intende riformare l'Istituto per le Opere di Religione. Negli ultimi mesi qualcosa è già cambiato

Papa Francesco (Kikapress)

Scandali, inchieste, accuse di illeciti e speculazioni. Ombre che hanno segnato i 71 anni di vita dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione, senza farlo crollare. E soprattutto senza che l’esistenza stessa della banca vaticana sia mai stata messa in discussione dai vertici della Curia. Finché, pochi giorni fa, Papa Francesco ha preso una posizione netta. La Chiesa non è “un’organizzazione burocratica – ha detto – e gli uffici sono necessari, ma fino a un certo punto“. L’intervento, più che mai incisivo, è il primo di questo genere fatto da un Pontefice sui temi economici che riguardano direttamente l’istituto vaticano (Yahoo! Finanza aveva parlato dello Ior in questo articolo).

Bergoglio ha sottolineato come l’Istituto debba ritrovare il “ruolo” di aiuto “a questa storia d’amore che è la Chiesa”. Dietro a questo invito, però, c’è molto altro. Non possono essere ignorati i terremoti che hanno scosso il Vaticano e che hanno subito una costante accelerazione fino alla rinuncia di Benedetto XVI. Da quando alla guida dei cattolici è arrivato Papa Francesco sembra si voglia intraprendere la strada della moralizzazione dello Ior. La sterzata, comunque, era stata data già prima, quando Ettore Gotti Tedeschi, a capo dell’istituto e uomo di fiducia di Ratzinger, venne sfiduciato dalla Commissione Cardinalizia di Vigilanza sotto la guida del segretario di Stato Tarcisio Bertone. 

La cronaca, comunque, ha segnato in modo chiaro ogni passaggio. In testa l’ingresso di un nuovo testimone che ha rivelato, ai magistrati Fava e Pesci, che nel 2009 quattro conti riferibili a dirigenti del Monte dei Paschi sarebbero stati aperti presso la filiale Ior della Banca del Fucino di via Tomacelli a Roma. Conti, secondo quanto si è appreso, che avrebbero aiutato la transazione di parte dei soldi connessi all’acquisizione di Antonveneta, pietra angolare per comprendere lo scandalo bancario senese. Non mancarono poi polemiche sul ruolo del cardinale Tarcisio Bertone, presidente della commissione cardinalizia dello Ior, che avrebbe spinto per un intervento di salvataggio dell’Ospedale San Raffaele, osteggiato dalla Curia milanese, dai ciellini e dallo stesso Gotti Tedeschi.

Per non parlare dell’accusa delle tangenti pagate da Diego Anemone a Guido Bertolaso, ex capo della protezione civile, in cui venne tirato in mezzo di nuovo lo Ior per i 13 conti sospetti. Dopo la fuga di documenti riservati riguardanti i rapporti all'interno e all'esterno della Santa Sede che evidenziarono lotte di potere e irregolarità nella gestione finanziaria (alla quale seguì l’arresto del maggiordomo dell’ex pontefice Paolo Gabriele) il segretario di Stato Bertone nominò Ernest Von Freyberg al posto di Gotti Tedeschi.

Arrivata dopo ben 9 mesi, la nomina di Von Freyberg ha suscitato alcuni malumori: un cattolico, esperto di finanza, ma presidente di un cantiere navale che produce anche fregate per la marina tedesca. Siamo a febbraio 2013 quando aumentano le critiche sulla gestione dello Ior anche da parte di molti cardinali. In testa l’arcivescovo di Vienna Cristoph Schoenborn che ne propone apertamente l'abolizione.
Ed è anche alla luce di questo che la posizione di Papa Francesco fa scalpore. Perché come ha precisato il portavoce vaticano Lombardi “il Pontefice incoraggia la prosecuzione dell’impegno di trasparenza nelle attività amministrative e finanziarie della Santa Sede”.

Per far luce sull’istituto Bergoglio avrebbe chiesto la documentazione alla dirigenza della Banca vaticana. Che lo Ior subisca un cambiamento radicale, comunque, sembra essere certo. Almeno per il cardinale hondurego Oscar Rodriguez Maradiaga, uno degli otto saggi chiamati dal Papa, così come per il cardinale Francesco Coccopalmerio, autore della prima bozza di riforma. Tra i temi caldi ci sarà da affrontare il fatto che gli utili dello Ior non sono corrisposti ad azionisti, non esistendo, e hanno spinto i maligni ad adombrare l’ipotesi che attraverso l’Istituto venga riciclato denaro sporco. “Effettivamente è una percezione che può rispondere o meno alla realtà”, ha risposto di recente il monsignore argentino Marcelo Sanchez Sorondo in un'intervista al Clarin. 

Secondo alcuni vaticanisti, dall’arrivo di Papa Francesco pare maggiormente percorribile l’ipotesi di una trasformazione dello Ior in una sorta di banca etica. Ma qualunque cambiamento avvenga c’è una necessità comune: maggior controllo. Anche perché gli investimenti esteri dello Ior sono rilevanti e gli interessi medi annui oscillano dal 4 al 12% e, non esistendo tasse all'interno dello Stato vaticano, si tratta di rendimenti netti.

Alla luce delle inchieste e dell’ipotesi di riforma della banca l’esperto del Tg1 Aldo Maria Valli ha parlato di un Vaticano che, inevitabilmente, “ha potuto fare una sola cosa: diventare uno speculatore”. Lo ha scritto nel suo nuovo libro, “Il forziere dei papi. Storia, volti e misteri dello Ior”, in libreria dallo scorso 24 aprile. Il Vaticano, sostiene il giornalista, “disponendo di beni mobili e immobili, ha cercato di farli fruttare. Così alla speculazione in senso filosofico e teologico, attività più che lecita, si è affiancata quella economica e finanziaria. Lecita anch’essa, ovviamente. Ma fortemente esposta alla possibilità di degenerare in qualcosa di illecito”.

Tra le novità, inoltre, molte nomine a quattro giorni dalle dimissioni di Benedetto XVI. Come ricorda il vaticanista Valli, è stato scelto il presidente dello Ior “facendo anche entrare nel board ‘laico’ il finanziere belga Bernard De Corte in sostituzione di Ronaldo Hermann Schmitz, ex amministratore delegato di Deutsche bank, guarda caso l’istituto di credito che gestiva, fino al blocco di Bankitalia, i bancomat del Vaticano. E, subito dopo, – prosegue il vaticanista – a rinnovare la commissione cardinalizia dello Ior  (confermando fino al 2018 il presidente Bertone e i tre porporati Tauran, Scherer e Toppo, e sostituendo il capo dell’Aif Nicora – ufficialmente per incompatibilità con il suo ruolo di controllo sull’operato dell’Istituto – con il cardinale Domenico Calcagno, presidente dell’Apsa)”.

“La domanda – scrive ancora Valli – sorge spontanea: visto che ormai era trascorso un bel lasso di tempo dalla defenestrazione di Gotti Tedeschi, non si poteva aspettare un altro po’ e lasciare queste decisioni al nuovo Papa? No, si è voluto chiudere la faccenda in fretta e furia, lanciando così un segnale inequivocabile: ecco che la vecchia ‘classe dirigente’, prima di essere totalmente azzerata dalla rinuncia del Papa, ha voluto risolvere la questione a modo suo”.

Un ultimo “mistero”, sul quale punta i fari Valli, è datato gennaio 2013. Con l’inizio del nuovo anno, infatti, non era più possibile effettuare, entro le mura leonine, pagamenti con il Pos che permette di usare carte di credito e bancomat. Questo per il rifiuto della Banca d’Italia di autorizzare Deutsche bank Italia a operare in Vaticano. Il 12 febbraio, con l’affidamento del servizio di pagamento tramite Pos a una società svizzera, la Aduno, il problema viene risolto. Ma il deficit di trasparenza resta e a calare il carico ci pensa René Bruelhart, responsabile dell’Autorità di informazione finanziaria, che in un’intervista sottolinea come il Vaticano non sia stato “sottoposto ad alcuna procedura o misura speciale di monitoraggio”.