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Attenti alla curva dei tassi. I corti fremono, i lunghi dormono

Tende non certo ad appiattirsi ma quanto meno a flettere la curva dei rendimenti Usa, con i dati di venerdì scorso molti significativi sotto questo profilo: lo “yield” del due anni ha fatto un balzo improvviso in un solo giorno del 5%, quello del 3 anni del 3,2%, mentre il 10 anni è salito solo dell’1,5% e il 30 anni si è limitato a un +0,8%. Come già successo in passato gli investitori vendono i Treasuries a breve scadenza, mantenendo invece in portafoglio i lunghi, perché un possibile rialzo dei tassi sfavorirà prevalentemente i primi in un quadro economico ancora con troppe facce. L’elemento più emblematico sta nella riduzione dello spread fra il rendimento del 10 anni (1,851%) e del 2 anni (0,911%), attestatosi su 0,94%, cioè sotto la barriera dell’1%, il che non avveniva da molti anni.

Per l’investitore italiano cosa comporta?

Che in questa fase occorre stare attenti a tenere obbligazioni Usa a breve scadenza (fino ai tre anni), trasferendo il relativo capitale – almeno per una parte – su titoli o high yield sempre in dollari, che non sono quotati però su Borsa Italiana o Tlx, oppure a tasso misto (prima parte fissa e poi seconda parte variabile, solitamente dopo alcuni anni), ma non certo sui tassi variabili, ancora troppo modesti nei rendimenti. I misti risultano numerosi, offrono generalmente il vantaggio di una parte fissa abbastanza significativa, in molti casi quotano sotto la pari e prezzano sulle piattaforme di casa nostra. Il problema vero sta nel definire se occorra già abbassare, relativamente ai bond in dollari, la “duration” – cioè la sensibilità al rialzo dei tassi – oppure se trascurare tale aspetto. Un’operazione progressiva è consigliabile, anche se ciò contrasta con quanto si è appena detto, ovvero di stare attenti ai corti. Il quadro generale appare in effetti complesso, anzi contradditorio, e in più c’è la variabile valutaria.

Ora bisogna monitorare il grafico

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Ecco allora che la verifica dell’andamento della curva dei tassi diventa sempre più importante non solo per le obbligazioni ma anche per le azioni. Se l’irripidimento si attenuasse ancor più o si muovesse davvero verso un quasi appiattimento sarebbero davvero guai. E che qualcosa non stia funzionando come dovrebbe lo dimostrano alcune recenti pluriemissioni di importanti “corporate” Usa, impegnate in acquisizioni di peso e quindi costrette a esporsi nell’offerta di bond ad alte cedole su scadenze varie, dai 3/5 anni ai 30 anni. Ebbene i movimenti delle quotazioni sul secondario appaiono talvolta incoerenti, confermando come gli investitori procedano con poche certezze in una fase così delicata quale l’attuale.

E il biglietto verde tornerà ad apprezzarsi?

Naturalmente il tutto si ripercuote sul dollaro, i cui movimenti si riveleranno determinanti nel realizzare plusvalenze sulle obbligazioni in tale valuta, poiché da rialzi delle quotazioni c’è ormai poco da sperare. Ecco perché in questa fase il peso delle cedole diventa ancor più significativo, problema in realtà non grave, dato che i bond in $ mediamente sono molto più generosi rispetto a quelli in euro. Cosa farà la valuta statunitense? Attualmente si è appoggiata sulla trendline ribassista iniziata a fine novembre. Se nelle prossime sedute la forasse scatterebbe un’inversione rialzista, con possibili target a 1,09 e in seguito (nel migliore dei casi) a 1,058. Tutto dipenderà ovviamente dalle notizie sulla politica monetaria della Fed. Anche da questo punto di vista quindi c’è incertezza.

Tre titoli da monitorare e mettere (in futuro) in portafoglio

Cosa comprare? Alla risposta data prima di tipo strutturale eccone un’altra più specifica. Appena la pressione ribassista da aumento dei tassi comincerà a manifestarsi, bisognerà tenere d’occhio i superlunghi di Apple (NasdaqGS: AAPL - notizie) e Microsoft (Euronext: MSF.NX - notizie) , che aumenteranno il rendimento con un livello di rischio assai basso. Si tratta di queste emissioni, sul mercato da non troppo tempo:

Apple (Swiss: AAPL.SW - notizie) (rating AA+ di S&P), titolo emesso nel 2013, con cedola 3,85% e scadenza 4/5/2043 – Isin US037833AL42 – a lotto minimo 2.000 USD. Si muove attualmente su 97, ma potrebbe scendere sotto 90 e anche verso 80, come successo già alla fine del 2013.

Apple (rating AA+ di S&P), titolo emesso nel 2015, con cedola 3,45% e scadenza 9/2/2045 – Isin US037833BA77 – a lotto minimo 2.000 USD. Prezza già ora sui 90, con un rendimento superiore al 4%, ma in prospettiva scenderà senz’altro sugli 80.

Microsoft (rating AAA di S&P), titolo emesso nel 2015, con cedola 3,75% e scadenza 12/2/2045 – Isin US594918BD56 – a lotto minimo 2.000 USD. Quota sui 99,2, ma l’anno scorso è sceso sotto 90 alle prime notizie di aumento dei tassi. Cosa farà quando dalle parole si passerà ai fatti?

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