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Banche e Dollaro forte supportano l’azionario europeo

La bella performance di Wall Street ieri ha conferito un tono discreto all’Asia stanotte. Tokyo ha pagato la baldoria di ieri con una performance piatta, ma sul fronte macro sono comparse notizie insolitamente buone: Retail sales e spesa per consumi di luglio ben sopra le attese, le prime in crescita robusta (+1.4% da prec +0.3% e vs attese per +0.8%). E il mercato del lavoro resta solido, con la disoccupazione in calo al 3%.

Nulla che possa, peraltro, modificare più di tanto il quadro in vista del meeting BOJ del 21 settembre. Qualche indizio sui programmi di Kuroda potremmo averlo lunedi 5, quando è programmato un suo discorso. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) frattempo, il Segretario di Gabinetto Suga ha ribadito che le autorità risponderanno a “indesiderati” apprezzamenti della divisa. E nella mattinata europea, un consulente di Abe, Hamada, ha dichiarato che la Bank of Japan potrebbe prendere in considerazione l’acquisto di bonds in divise estere come misura per indebolire la divisa. Mi pare azzardato, visto che se non erro il BOJ act lo vieta, e comunque non verrebbe visto di buon occhio dalle altre banche centrali (per quanto potrebbero preferirlo all’intervento diretto sul Forex). Ma il suggerimento ha avuto l’effetto di mettere ulteriormente in sofferenza i lunghi Yen, portando la divisa in area 103 vs $. E i Futures sul Nikkei se ne sono giovati.

Il resto degli indici dell’area ha mostrato performance generalmente positive, anche se la parte emergente continua ad essere intimidita dalla forza del $. Nuovi massimi dell’anno per l’India.

Altro discorso per l’Europa, che invece gradisce la forza del biglietto verde. Trainati nuovamente dalle banche, gli indici europei hanno accelerato poco dopo l’apertura , per portarsi su progressi intorno al punto percentuale (Milano anche meglio, visto l’alto beta degli istituti italiani).

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Sul fronte FED, c’era parecchia attesa per un nuovo intervento del vice Presidente FED Fischer, primattore di Jackson Hole al posto della Yellen la scorsa settimana.

Fischer ha elaborato un po’ il messaggio che gli era stato estorto venerdi, dicendo che non si può stabilire ex ante quanti saranno i rialzi, perchè questi dipendono dai dati che arrivano. Per cui non è corretto parlare ne di “un rialzo e basta, ne di una serie. Una posizione sostanzialmente coerente, e così, dopo averci riflettuto un po’ sopra, il mercato ha ripreso ad acquistare $, accelerando dopo una consumer confidence US parecchio sopra il consenso (101.1 da precedente 96.7 e vs attese per 97). Tra l’altro, la percentuale di intervistati che ha definito l’offerta di lavoro “abbondante” è passata dal 23% al 26%.

Assai meno coinvolti i bonds, che continuano a restare ancorati ai livelli medi di rendimento di agosto, complici forse un po’ di flussi di acquisto di fine mese.

La forza del biglietto verde ha bagnato un po’ le polveri a Wall Street, che indugia poco sotto la parità, e agli emergenti. Ma l’€ ai minimi da 2 settimane ha contribuito a sostenere gli indici europei, che hanno conservato quasi interamente le performance accumulate in giornata.

Domani, con l’ADP survey e il Chicago PMI di agosto, iniziano i 3 giorni di dati pesanti che dovranno determinare quanto ha senso attendersi (temere?) un rialzo dei tassi US il 21 settembre. In particolare un labour market report forte (oltre 200.000 nuovi occupati, e disoccupazione sotto il 5%) imporrà al mercato il dilemma se credere o meno all’ennesima esca FED (Fischer ha dichiarato che il dato di venerdì sarà “chiave” per la decisione).

Sul fronte tecnico gli sviluppi si fanno interessanti in Europa, con l’Eurostoxx che è tornato in area 3040, dove è stato respinto più volte, e al momento incrocia anche la media mobile a 200 giorni. Oltre, c’è il livello di 3090, sopra il quale si completa il doppio minimo più volte citato le scorse settimane. Tra gli elementi che spingono all’ottimismo vi è la rottura, da parte dell’Eurostoxx banks, della trendline discendente dai massimi (vedi lampi del 24 agosto). Tra quelli che invitano alla cautela, i vari caveat elencati i giorni scorsi su Wall Street, il livello minimo e la stagionalità avversa della volatilità, il positioning etc.

Su tutto, una domanda di medio termine. Nel caso che le probabilità di un rialzo dei fed funds nel 2016 (attualmente al 36% per settembre e al 59% per dicembre) prendano definitivamente quota, quanto spazio ha il dollaro per rafforzarsi, prima che la sua salita riaccenda le tensioni su Cina/Emergenti e impatti negativamente sul manifatturiero US?

Probabilmente più di quanto teme il consenso, ma non molto oltre il 100 di Dollar Index (attualmente siamo a 96).

Autore: Giuseppe Sersale Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online