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Benissimo la Borsa, ok i bond, ma il 2017 farà un po’ soffrire

Chi ha avuto l’audacia di puntare sul Brasile a fine 2015 non può che rallegrarsi della scelta. La Borsa ha superperfomato, le obbligazioni – sia di Stato sia “corporate” espresse in dollari – hanno fatto molto bene e la valuta locale si è rafforzata per tutto l’anno sull’euro, evidenziando un po’ di debolezza solo nelle ultime settimane. Eppure i dati economici non sono stati positivi, con un Pil in calo del 2,9% su base annua e una disoccupazione in rialzo a quasi il 12%. Cui si aggiunge l’instabilità politica dopo l’impeachment del Presidente Dilma Rousseff.

Svolta per i conti pubblici

I mercati guardano però più lontano e vedono nel piano di austerità approvato dal Senato, sebbene non ancora in forma definitiva, una svolta per congelare la spesa pubblica nei prossimi vent’anni. E sperano in un cambiamento del quadro politico a breve termine. Un insieme di fattori ha portato quindi le obbligazioni di Stato a recuperare nettamente rispetto al culmine della crisi istituzionale, con l’aggiunta ora di una politica monetaria meno restrittiva: la recente riduzione dei tassi di 25 pb al 13,75% anticipa un ulteriore taglio di almeno 50 punti nella riunione della Banca centrale prevista per l’11 gennaio. E non si esclude che nel 2018 la discesa prosegua verso il 10%. L’effetto sarebbe molto positivo per le quotazioni delle ultime emissioni in Brl effettuate da organismi sovranazionali, con cedole anche del 12%.

Il real potrebbe volare

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Le valutazioni sull’andamento del real nei confronti del dollaro appaiono particolarmente positive per il 2017, pur con gli interrogativi sul quadro politico. Dai 3,47 di “cross” attuale non si esclude una discesa verso quota 3, in altre parole un ritorno verso le quotazioni del 2015, sempre che la Fed non attui una politica monetaria particolarmente restrittiva. Il quadro sembra quindi propizio, seppur più sul fronte obbligazionario che su quello azionario. Le quotazioni dei titoli di Stato brasiliano in real sono saliti di circa 500 pb nel corso del 2016, ma rispetto a una situazione di fine 2015 piuttosto anomala. I rendimenti si attestano ora sul 12%, con una differenza abissale rispetto al debito europeo. Quelli trattabili in Italia sono invece espressi soltanto in dollari, con rendimenti attuali che si aggirano fra il 4% (scadenze 2020/2021) e il 7% (scadenze 2040 e oltre). Per chi vuole puntare sulla valuta locale non resta che l’alternativa delle molte emissioni sovranazionali, prevalentemente espresse però nel rapporto Brl vs Usd, con le relative cedole pagate quindi nel biglietto verde, il che comporta l’ulteriore cambio in euro per l’investitore di casa nostra. La triangolazione è stata favorevole negli ultimi mesi, ma potrebbe non esserlo più nel medio e lungo termine.

Per il Bovespa “rush” formidabile

Dai 42.100 punti di inizio 2016 ai 65.000 del 31 ottobre: l’azionario brasiliano ha registrato performance eccezionali. A novembre si è verificato un ritracciamento, inevitabile, in concomitanza con le elezioni presidenziali Usa. Si muove comunque sui massimi dal 2012 e una fase di stabilizzazione è prevista per alcuni mesi, anche perché l’approvazione del piano di risanamento pubblico potrà far sentire i suoi effetti solo nel lungo termine. Inoltre il contrasto fra una Borsa vivacissima e un’economia debole comincia a manifestarsi in termini di sostenibilità. E’ pur vero che alcune storie particolari – quale quella di Petrobras – stanno trovando soluzioni credibili e che la discesa dei tassi favorirà i grandi gruppi, fortemente indebitati. Improbabile quindi la ripetizione della volata vistasi nel 2016, ma alcuni fattori lasciano intendere che, dopo un po’ di sofferenze nella prima parte dell’anno, i mercati potrebbero riprendersi. Con una sola variabile precaria: se il real si rafforzasse troppo sul dollaro, le esportazioni di materie prime ne risentirebbero fortemente. La vera incertezza sta tutta qui.

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