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Bond: mercati irrequieti, ma le trendline comunque tengono

Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) 2013 ci fu il terremoto da “tapering”, da temuto rallentamento della Fed nell’acquisto di bond sui mercati. Tante parole, ma gli effetti furono in realtà marginali. Nel 2015 si manifestarono improvvise tensioni in primavera sul fronte del Bund, con un’inattesa fuga a giugno da parte degli investitori. In breve tempo le inquietudini si attenuarono. E ora? Si sta palesando altrettanta forte titubanza sui mercati obbligazionari, con segnali contrastanti.

Sopra (Parigi: FR0013101532 - notizie) o sotto lo zero, non si capisce proprio

Il Bund, sulla scadenza decennale, dopo un ritorno in area positiva, è ripiombato sotto alla linea di demarcazione, scendendo ieri a -0,12%. Più convinta la fase di reazione del Gilt inglese, sempre nel caso del 10 anni, ma un po’ tutti i titoli di Stato hanno registrato movimenti molto simili di rialzo dei rendimenti per alcuni giorni, cui ha fatto seguito un evidente – sebbene non consistente – ritracciamento. Deve essere chiaro però il fatto che in nessun caso si è registrato un “breakout” del canale decrescente degli “yield”, in corso da più di un anno. E ciò avviene per quasi tutti i governativi, sia dell’area occidentale sia degli emergenti (o post emergenti che siano!). I grafici si assomigliano infatti, pur con valori diversi, dalla Germania all’Italia, dalla Cina al Canada e dall’Australia alla Francia.

Volatilità, solo volatilità

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E’ chiaro come sia iniziata una fase di irrequietezza, dovuta a vari fattori, senza che uno prevalga sull’altro. Ne consegue volatilità, che si ripeterà a fasi alterne nelle prossime settimane, al diffondersi di notizie relative in particolare a possibili aumenti dei tassi di interesse (Usa) o di insostenibilità del Quantitative Easing (Europa). Rilevante è infatti l’incertezza sulla tenuta di quest’ultimo. Più che da una svolta di politica monetaria la paura deriva dalle troppe esitazioni, che si traducono appunto in volatilità. Indecisione in particolare sul fatto che le Banche centrali possano ancora sostenere i mercati in maniera ormai irrealistica. Il nervosismo di fondo dipende dalla loro debolezza e dalle voci – abbastanza autorevoli – di un tentativo concertato di cominciare a mettersi alle spalle la strategia dei tassi a zero, con l’obiettivo di salvare il mondo del credito. Ce la possono fare? Le probabilità si limitano in presenza di previsioni ancora pessimistiche per l’economia mondiale.

Che fare? Sfruttare i movimenti

Monitorare con grande attenzione la trendline ribassista dei rendimenti su timeframe settimanale. In tutti i casi è ben delineata e con un periodo alle spalle ormai lungo. Solo alla sua rottura (forse ci vorrà ancora un po’ di tempo) si potrà iniziare davvero a vendere le obbligazioni in portafoglio, soprattutto sulla parte corta della curva. In caso contrario il solo consiglio è di convivere con la volatilità e – se possibile – sfruttarla. Con “yield” così bassi, quali gli attuali, è questo l’unico modo per rosicchiare qualcosa in più.

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