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Ecco la manovra di Draghi: quota 102 per le pensioni, balla un miliardo per il Reddito

Draghi/Franco (Photo: Roberto MonaldoANSA)
Draghi/Franco (Photo: Roberto MonaldoANSA)

È metà pomeriggio quando uno dei componenti della cabina di regia di maggioranza prende atto che per parlare della legge di bilancio bisognerà aspettare l’indomani: “Non sappiamo nulla, stanno facendo tutto al Tesoro”. Fino a quel punto l’ipotesi di un incontro con il premier Mario Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco è ancora in piedi, ma da via XX settembre arriva l’indicazione e cioè che serve ancora tempo per arrivare pronti all’appuntamento di martedì: cabina di regia al mattino, Consiglio dei ministri nel pomeriggio per approvare il Documento programmatico di bilancio, l’elenco con le misure e i costi principali della manovra, e il testo abbozzato della legge di bilancio stessa. Niente di drammatico per la tabella di marcia con l’Europa e il Parlamento, ma il fatto che i partiti scopriranno solo poche ore prima del Cdm come è fatta la manovra di Draghi è tutto tranne che un elemento irrilevante. A maggior ragione che i documenti non saranno neutri rispetto alle questioni identitarie a cui tengono i partiti. Dentro ci sono lo stop di quota 100, con un intervento light sulle pensioni da 1,5-2 miliardi, e un possibile taglio del reddito di cittadinanza da un miliardo.

Le simulazioni sono ancora in corso e l’esito del confronto con i partiti risulterà determinante per l’assetto finale della manovra anche perché Draghi sa che non può tirare dritto, né vuole, consapevole che questa volta non si tratta di adottare misure contro la pandemia o comunque non collegate solo all’emergenza. Le bandierine dei partiti, a fronte di risorse limitate (25 miliardi), sono messe in conto. E però il fatto che la scelta di palazzo Chigi e del Tesoro sia stata quella di aprire comunque il confronto su un testo già definito, anche sulle misure più sensibili, è una dimostrazione del fatto che il premier non vuole trasformare la legge di bilancio in un assalto della diligenza. La manovra - è il ragionamento - deve essere funzionale alla crescita, in linea con lo spirito e la spinta del Recovery, e per questo ogni euro va incanalato in misure utili e necessarie. Anche - e qui entrano in campo le pensioni e il reddito di cittadinanza - facendo un check delle misure che arrivano dal passato.

Quello che al Tesoro hanno già cestinato è quota 41, l’opzione gradita alla Lega in sostituzione di quota 100, ma soprattutto il totem identitario voluto quando Matteo Salvini era al governo con i 5 stelle. Costa troppo, spiegano fonti di governo di peso a Huffpost, ma c’è anche una questione di impegni con l’Europa. Il Governo sa bene che le pensioni sono un punto dolente nei rapporti con Bruxelles, anche se oggi il clima è decisamente diverso rispetto al 2011, quando il governo Monti approvò nel giro di pochi giorni la riforma Fornero. La considerazione che fa l’attuale governo è che quota 41 farebbe ritornare l’Italia nella situazione pre-riforma, con l’aggiunta che un calcolo interamente contributivo dell’assegno (41 anni di contributi previdenziali versati, indipendentemente dall’età) potrebbe tradursi in un taglio di 100-200 euro al mese, che per quelle di importo basso non è una piccola cosa. Fino all’ultimo si è ragionato anche sulla possibilità di sostituire quota 100 con quota 102, sempre su base volontaria e in forma sperimentale. Uno schema che non dispiace al Pd e che è stato presa in considerazione perché sarebbe comunque una parentesi circoscritta, su base volontaria e sperimentale, con la sostanziale differenza che per uscire in anticipo dal mondo del lavoro invece di avere 62 anni di età, oltre ai 38 anni di contributi, di anni se ne dovranno avere 64, quindi un’età più vicina allo standard previsto dalla Fornero e in vigore (67 anni e un minimo di 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia, 42 anni e 10 mesi per quella anticipata, con le donne che possono uscire un anno prima).

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Quello che al momento è più probabile è un intervento light, pari a 1,5-2 miliardi, per dare comunque una risposta allo scalone che si determinerà il prossimo gennaio, quando alcuni lavoratori non potranno accedere più a quota 100 e dovranno aspettare anche fino a cinque anni per maturare i requisiti della legge Fornero e andare in pensione. Ecco perché è dato per fatto un potenziamento, attraverso un allargamento della base dei beneficiari, dell’intervento a favore dei lavoratori che ricoprono mansioni gravose. A questo schema dovrebbe aggiungersi qualche altro intervento limitato.

L’altro versante che scotta è quello del reddito di cittadinanza. La pandemia ha fatto lievitare i costi della misura cara ai 5 stelle, che tra l’altro ha fallito sul fronte delle politiche attive. A saldi invariati ci sono già a disposizione 7,6 miliardi, ma nel 2021 è stimata una spesa di 8,7 miliardi. Se si vuole garantire il reddito alla platea attuale, arrivata a 1,5 milioni di famiglie che corrispondono a 3,5 milioni di beneficiari, bisognerà rifinanziare il reddito di 1,1 miliardi. Non rifinanziarlo o farlo in misura minore significa tagliarlo. È vero che la pandemia ha probabilmente fatto impennare al massimo il livello della povertà e quindi la platea ha registrato il picco, ma è altrettanto vero che l’impatto è stato mitigato dal reddito di emergenza. L’indicazione che sarà fornita nel Documento programmatico di bilancio servirà a capire quanti soldi ci sono a disposizione per rimodellare una misura che sarà modificata non solo sul fronte degli accertamenti. Il Comitato per la valutazione del reddito di cittadinanza, presieduto dalla sociologa Chiara Saraceno, consegnerà il 27 ottobre il suo rapporto al ministro del Lavoro Andrea Orlando. Già prima si capirà quanto la bandiera grillina sarà ridimensionata.

Nel ricco menù della manovra ci sarà anche la copertura finanziaria dell’intervento strutturale contro il caro-bollette. Dopo il decreto che ha stanziato 3 miliardi per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas nel quarto trimestre 2021 è in arrivo un nuovo provvedimento: il decreto sarà approvato entro fine anno, prima però i soldi in manovra. Salvini li ha richiesti in anticipo, ma al Tesoro ci avevano già pensato.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.