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Eni-Shell Nigeria, chiesti 8 anni per Descalzi, Scaroni, 900.000 euro a società, confisca 1,092 mld dlr

Logo Eni in uno stand del Nigeria International Petroleum Summit ad Abuja

di Emilio Parodi

MILANO (Reuters) - Il procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale, al termine della sua requisitoria nel processo sulle presunte tangenti Eni e Shell in Nigeria, ha chiesto la condanna a otto anni di reclusione per l'AD di Eni Claudio Descalzi e per il predecessore Paolo Scaroni, 900.000 euro di sanzione pecuniaria ciascuna per Eni e Shell, imputate come persone giuridiche.

Alla fine della seconda udienza dedicata alle conclusioni dell'accusa, la procura ha chiesto la condanna di tutti e 13 gli imputati, compresi l'ex direttore esecutivo esplorazione e produzione di Shell, Malcolm Brinded (7 anni e 4 mesi) e altri tre ex manager del gruppo anglo-olandese (tutti a sei anni e 8 mesi).

L'accusa ha inoltre chiesto la confisca di 1,092 miliardi di dollari, presunto oggetto del reato, a tutti gli imputati in solido.

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La procura ipotizza il pagamento di 1,092 miliardi di dollari di tangenti per il giacimento Opl-245, su 1,3 miliardi di dollari versati su un conto del governo nigeriano. Il periodo dei fatti contestati va dall'autunno 2009 al maggio 2014.

Tutti gli imputati hanno sempre respinto le accuse, sottolineando che il prezzo dell'acquisto fu versato su un conto ufficiale del governo di Lagos e che il successivo trasferimento di gran parte del denaro su altri conti era al di fuori della sfera d'influenza delle società acquirenti.

"10 ANNI A EX MINISTRO ETETE, 6 ANNI E 8 MESI A BISIGNANI"

De Pasquale, dopo quasi otto ore di requistoria, ha chiesto inoltre la condanna a 10 anni per l'ex ministro del Petrolio nigeriano Dan Etete, ritenuto celarsi dietro la società Malabu, titolare della licenza Opl-245, campo petrolifero offshore oggetto del processo.

Chiesti poi 6 anni e otto mesi per il mediatore Luigi Bisignani, per l'ex manager Eni Vincenzo Armanna, imputato ma anche parzialmente accusatore, e per Ciro Pagano, allora rappresentante dell'Eni in Nigeria. Sette anni e quattro mesi invece per il dirigente Eni Roberto Casula, e infine 6 anni per il mediatore russo Ednan Agaev e l'imprenditore Gianfranco Falcioni.

Mentre nella scorsa udienza dedicata alla prima parte della requisitoria il pm Sergio Spadaro si era soffermato sulla consapevolezza delle due società e sui politici nigeriani destinatari dei pagamenti [nL8N2E954H], oggi De Pasquale ha ricostruito il quadro degli elementi di prova a carico dei principali imputati.

"X+SB+Y=Z, LA FORMULA DELLA MAZZETTA"

Evocativa la formula più volte citata dal magistrato, scritta in un appunto di uno dei manager di Shell dopo aver parlato coi colleghi di Eni: X+SB+Y=Z.

Dove, secondo gli stessi appunti esplicativi del manager, X sta per il denaro che doveva versare Eni per il 50% del blocco OPL-245, SB per "signature bonus", cioè la fee che Shell doveva pagare al governo per la sottoscrizione del contratto, Y i soldi messi da Shell in aggiunta a quelli di Eni a Etete per assicurarsi il successo e Z il pagamento a Etete che sarebbe stato accetttabile per "all players di Abuja", i politici nigeriani così descritti.

Il procuratore aggiunto si è poi soffermato sulla figura di Armanna, di cui ha sostenuto l'attendibilità per gran parte di quel che ha testimoniato e che è poi stato riscontrato, e ha sottolineato in particolare i presunti tentativi di fargli cambiare versione da parte dell'Eni e di Descalzi.

"Il tentativo di eliminare le prove a carico è un indizio di reità - ha detto De Pasquale - La procura avrebbe voluto corroborare con altri testi, ma il Tribunale non ha ritenuto".

"CORRUZIONE INTERNAZIONALE COME RISCALDAMENTO GLOBALE"

Al termine il magistrato ha voluto sottolineare la gravità del reato di corruzione internazionale.

"Pagare elite corrotte è un danno per il pianeta, depauperare le risorse di un paese è un danno per il pianeta - ha detto - No, non è un problema di concorrenza fra le aziende. E' un reato grave. La corruzione è grave come il riscaldamento globale".

ENI: "RICHIESTE PM PRIVE DI FONDAMENTO"

Shell in una nota dice di non ritenere che a Milano ci siano le basi per condannare la società o "alcuno dei suoi ex funzionari. Se verrà provato che vennero fatti dei pagamenti impropri da altri... ad allora funzionari di governo... la posizione di Shell è che nessuno di quei pagamenti venne fatto a sua conoscenza, con sua autorizzazione o per suo conto".

Eni in un comunicato dice di ritenere "prive di qualsiasi fondamento le richieste di condanna avanzate dal pubblico ministero".

"Il pm, in assenza di qualsivoglia prova o richiamo concreto ai contenuti della istruttoria dibattimentale, ha ribadito la stessa narrativa della fase di indagini, basata su suggestioni e deduzioni, ignorando che sia i testimoni, sia la documentazione emersa hanno smentito, in due anni di processo e oltre quaranta udienze, le tesi accusatorie".

La prossima udienza è quindi stata fissata al 9 settembre, quando prenderanno la parola i legali della parte civile, cioè il governo nigeriano.

Dal 21 settembre toccherà quindi alle arringhe dei difensori degli imputati.

La sentenza è attesa entro fine anno.

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(in redazione a Milano Elvira Pollina)