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Facebook, se il like diventa un inganno

Con la nuova applicazione Graph Search sarà facile rintracciare le preferenze: ma saranno tutte autentiche?

Mark Zuckerberg (Reuters)

La nuova applicazione di Facebook, Graph Search, continua a dividere. Per chi non fosse al corrente dell’ultima novità della casa di Menlo Park, facciamo un breve riepilogo: la nuova creatura è di fatto un motore di ricerca che scandaglia dati, immagini, video e relazioni degli utenti. Chi cerca un'informazione attraverso Graph Search, otterrà i risultati che annoverano tutte le possibili connessioni multimediali del caso a disposizione sul social.

Alla base, lo straordinario database di immagini, di interconnessioni, di legami e di informazioni tra utenti. Si potranno effettuare ricerche solo fra ciò che è stato condiviso, e fra gli elementi pubblici per eccellenza figurano le preferenze individuali, suggellate dai famosi “like”. Ma, scrive Forbes, Graph Search potrebbe rivelare anche cose inesatte e strumentali. Il magazine finanziario americano cita l’esperienza dello sviluppatore Craig Condon. Secondo Condon, Facebook ricicla le preferenze degli utenti e le utilizza per promuovere post correlati negli aggiornamenti degli amici.

Il problema è che la cosa avviene anche quando l’utente non ha mai promosso una storia, un marchio o un prodotto, con un “like”. In pratica, la piattaforma di Zuckerberg impersonerebbe la volontà e l’approvazione delle persone anche senza il loro consenso: la maggior parte degli utenti non ha idea che la cosa avvenga a loro insaputa, perché non ravvisano la preferenza sulla loro timeline. Ma gli amici, invece, ci vedono benissimo, e pur trattandosi spesso di marchi e situazioni innocue, di certo è una prassi sgradevole.

Esempio massimo di condotta scorretta, quello riportato su ReadWrite da Bernard Meisler: il suo Brendan O' Malley era rimasto molto sorpreso di scoprire che il suo vecchio amico Alex Gomez amasse “Discover” e gli affibbiasse un bel like. Niente di strano in assoluto, ma Alex era mancato per sempre sei mesi prima. Critico anche Jim Edwards su Business Insider secondo cui Facebook non di rado aggiunge le preferenze quando gli utenti linkano una pagina che potenzialmente potrebbe interessargli, anche se il messaggio che accompagna il like è negativo.

La condotta del social di Zuckerberg è scorretta, soprattutto pensando alle ricadute pubblicitarie, ed economiche, di un simile atteggiamento. E basta poco perché gli utenti possano un giorno pensare della sua creatura: “non mi piace più”.