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Fintech: Cryptopia chiuderà i battenti -parte seconda-

Ieri abbiamo presentato quanto accaduto a Cryptopia, l’exchange neozelandese in fase di liquidazione e sotto la lente per un processo investigativo che faccia luce su cause e responsabilità.

Oggi illustriamo la situazione a partire da marzo 2019, due mesi dopo l’attacco hacking e crocevia importante per la liquidazione cui Cryptopia è titolare da pochi giorni.

Nella cornice temporale già accennata sopra, la situazione sembrava essere rientrata, con la società impegnata nel mettere in guardia i clienti nel non effettuare versamenti su precedenti indirizzi dei propri wallet, dal momento che poteva ivi insidiarsi qualche bug.

Questo è stato seguito dall’aggiornamento dei sistemi di sicurezza dei nuovi wallet, con la temporaneità operativa del sito in quanto reso di “sola lettura”, evento che se da una parte mostrava la serietà della società nel voler rendere trasparente la propria piattaforma, dall’altra costituiva grande preoccupazione nei correntisti per la mancanza di accesso al proprio profilo con conseguente
impossibilità di controllo di dati e depositi.

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Una situazione che si è aggravata anche per l’inattuabilità del trading e la contingenza che qualora l’esercizio dello stesso fosse tornato possibile, si sarebbe assistito a una migrazione di capitali dalla piattaforma, come effettivamente è accaduto.

Un ulteriore segnale di impegno da parte della società è stato il ritorno dei due fondatori, Rob Dawson e Adam Clark, con il compito di implementare strategie e sviluppo dell’exchange.

Tutto questo non è bastato per dare una chance a Cryptopia, il cui unico obiettivo ora sarà quello di lavorare per permettere ai liquidatori di condurre un procedimento accurato che permetta di addivenire a una soluzione per tutti, così come commentato dal liquidatore David Ruscoe: “Comprendiamo che i clienti di Cryptopia desiderano che questa situazione venga risolta il prima
possibile. Condurremo un’indagine approfondita, collaborando con numerosi soggetti interessati come gestori e investitori, per trovare la giusta soluzione nel migliore interesse di tutti.”.

L’elemento più paradossale della vicenda è che dei 16 milioni di dollari sottratti a Cryptopia, ben 3,2 siano stati individuati in altri exchange come Etherdelta, Bitbox e soprattutto Binance, non nuovo a cronache investigative.

Un episodio che sicuramente non giova né ai soggetti in questione, né alla tecnofinanza nel suo complesso, considerando come imperversi sempre più il dibattito sulla sicurezza e una situazione del genere non può che acuire una fiducia del pubblico che da molti tarda ad arrivare.

È pur vero che Cryptopia ha diffuso un report di 14 punti dove attraverso un’elementare forma di FAQ illustra la situazione nel dettaglio, mostrandosi disponibile a rendere trasparente un qualcosa che per ora non lo è e provando a porsi con serietà circa quanto accaduto e i rischi connessi a una simile attività.

È l’ennesimo capitolo di un grande exchange che si trovi a fare i conti con quel deficit di sicurezza che la tecnofinanza si propone di risolvere, alimentando però quel paradosso che non consente ancora alle criptovalute di fare quel salto verso mercati oggi più appetibili.

This article was originally posted on FX Empire

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