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Giancarlo Siani, Il Mattino e quel cerchio che non si chiude

Un'immagine d'archivio del giornalista Giancarlo Siani ucciso a Napoli il 23 settembre 1985   ANSA (Photo: ARCHIVIO ANSA)
Un'immagine d'archivio del giornalista Giancarlo Siani ucciso a Napoli il 23 settembre 1985 ANSA (Photo: ARCHIVIO ANSA)

“L’unica nostra consolazione è che il sacrificio di Giancarlo non venga dimenticato mai” scriveva Mario, il padre di Giancarlo Siani, il cronista del “Mattino” ucciso a Napoli dalla camorra il 23 settembre 1985 per aver denunciato i legami tra criminalità organizzata, appalti e politica a Torre Annunziata. La lettera inedita, destinata al caporedattore dell’epoca, Pietro Gargano, fa parte del libro che il Mattino pubblica in occasione del trentaseiesimo anniversario di un omicidio che presenta ancora molte zone d’ombra. Intitolato infatti: “Per Giancarlo Siani. Dalla verità sul delitto al mistero sul dossier”. Perché dal passato affiora la corrispondenza del giornalista con l’amica bolognese Chiara Grattoni: “Abbiamo foto bellissime e notizie che nessuno ha mai pubblicato”. Addirittura è stato ritrovato lo schizzo della copertina, opera di Giancarlo, in calce alla lettera: segno che il progetto era concreto. Nessuno però sa che fine abbia fatto – o chi abbia preso - quel dossier né i materiali che dovevano esservi contenuti. E che potrebbero rivelare altro sui retroscena di quel fatto di sangue.

In regalo oggi allegato al quotidiano, il libro voluto dal direttore Federico Monga contiene un’antologia degli oltre cento articoli scritti da Pietro Perone e Giampaolo Longo sulla vicenda tra il ’93 e il ’95, quando la verità appariva seppellita. Otto anni dopo che i killer scaricarono le pistole su Siani in macchina sotto casa sua, al Vomero. Dall’esclusiva sulle prime dichiarazioni del pentito Salvatore Migliorino alla rilettura di tutti i faldoni delle precedenti inchieste finite nel nulla. Fino alla ricerca delle conoscenze del cronista fuori dal giro della redazione in cerca di dettagli rimasti fuori dai radar. È in sostanza una lunga inchiesta giornalistica portata avanti prima dal direttore di quegli anni, Sergio Zavoli, e poi dal successore Paolo Graldi, che rievoca il clima e le emozioni, il dolore e lo smarrimento vissuto in quel periodo. E nelle intenzioni dei curatori c’è la ricostruzione dell’impegno morale per rimarginare la ferita aperta con la famiglia della vittima, facendo piazza pulita di pettegolezzi, false notizie, sbandate giudiziarie, che avevano incrinato il rapporto tra i familiari di Giancarlo e il suo giornale. Un riscatto che portò al ringraziamento del papà Mario.

Ma soprattutto, nell’operazione del Mattino, c’è il tentativo di riaprire una pista ormai “fredda” ma rimasta insoluta. La lettera all’amica in cui Siani si dichiarava in possesso di “foto bellissime e notizie mai pubblicate”. Quali? Quante? A proposito di cosa e di chi? Quando quella lettera saltò fuori da vecchi faldoni, ai colleghi sembrò assurdo che nessuno avesse indagato in quella direzione. Si scoprì che Chiara era stata sentita velocemente dopo il delitto da un poliziotto bolognese e mai più convocata dai magistrati. Invece, otto anni dopo rivelò che Siani le aveva detto di essere minacciato, salvo sminuire: “Tanto a Napoli tutti i giornalisti subiscono intimidazioni...” Trovare quel dossier divenne un obiettivo dell’inchiesta, ma né la stampa né gli investigatori hanno avuto successo.

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E dunque il giornale raccontò quasi quotidianamente per due anni - dal ’93 all’arresto di mandanti e killer – la storia di quel giovane coraggioso. L’unico a scrivere che il clan Gionta di Torre Annunziata, attraverso i Nuvoletta di Marano, era affiliato alla cosca di Totò Riina. Il solo a mettere nero su bianco che sempre Gionta, da latitante e ospite dei Nuvoletta, era stato venduto ai carabinieri dallo stesso clan alleato. Tanto si è discusso sul movente e si discute ancora: è stato il tradimento dei Nuvoletta, finito sul giornale, l’unico motivo dell’assassinio? Non solo. Scrive Perone: “Quello è stato il “problema” più grosso causato nell’’85 alla mafia che Siani sfidava a viso aperto. C’era però tanto altro per cui quel “ficcanaso” doveva morire: lui sapeva, per esempio, che ogni appalto del Comune di Torre Annunziata era comprensivo di tangenti per politici e camorra e lo faceva capire nei suoi pezzi, come quando fa dire a uno studente tra virgolette “la camorra è lì sul palco” riferendo di una cerimonia con l’allora sindaco”.

“Siani, il cerchio si chiude” titolò il “Mattino” in prima pagina il 25 ottobre del 1995 mentre il blitz per arrestare i responsabili era ancora in corso. E nel libro il caporedattore dell’epoca, Antonino Pane, che di Siani era stato amico e collega nella redazione di Castellammare, racconta della notte prima quando entrò in tipografia gridando: “Ferma le macchine, cambiamo la prima pagina”. Non uno scoop – precisano i curatori - ma un dovere verso quel collega ucciso a 26 anni e l’adempimento dell’impegno preso con la sua famiglia.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.