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Italia, studio: banche pronte a vendere fino a 16 miliardi di sofferenze entro 2016

di Lisa Jucca

MILANO (Reuters) - Le banche italiane si preparano a vendere tra i 10 e i 16 miliardi di euro di sofferenze nei prossimi due anni per liberare capitale a favore di maggiori impieghi a famiglie e aziende e per migliorare la redditività.

E' quanto emerge da uno studio, che Reuters ha potuto avere in esclusiva, realizzato da Deloitte analizzando le venticinque maggiori banche commerciali italiane.

L'ammontare venduto rappresenterebbe il 10% dei 166 miliardi record di sofferenze che gravano sui bilanci delle banche italiane dopo due anni di recessione, la peggiore degli ultimi settant'anni.

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La cessione sarebbe un passo nella giusta direzione ma, per arrivare a questo traguardo, la strada da fare è ancora lunga. Gli istituti di credito italiani, non volendo contabilizzare troppe perdite, fino ad oggi hanno venduto sofferenze per soli 5,7 miliardi di euro.

La maggior parte delle banche si aspetta che le sofferenze continuino a crescere fino al 2016; per Deloitte saliranno a 188,5 miliardi di euro nel 2016.

Tutte le banche oggetto dello studio hanno detto di essere state contattate da investitori interessati alle loro sofferenze e tre quarti hanno detto di aver portato a termine una compravendita di queste ultime negli ultimi due anni.

"Il differenziale fra domanda e offerta è il principale ostacolo che impedisce la vendita di sofferenze. Lo spread una volta era del 20-30% ma adesso si sta restringendo", ha detto Antonio Solinas, responsabile Corporate Finance Advisory per l'Italia di Deloitte.

La massiccia pulizia di bilancio avviata dalle banche italiane per affrontare l'esame della qualità degli attivi condotto dalla Banca centrale europea ha ridotto il valore di libro dei crediti e dovrebbe incentivare ulteriori cessioni.

"Con l'AQR in Europa ci sarà una grande opportunità di comprare portafogli di crediti deteriorati dopo settembre e ottobre", ha detto Davide Serra, CEO di Algebris Investments.

Secondo Serra le sofferenze in Italia, se calcolate con criteri severi, potrebbero raggiungere i 250 miliardi di euro.

A differenza di Spagna e Irlanda, lo stato italiano non è intervenuto per alleviare il peso delle sofferenze bancarie creando una "bad bank" a finanziamento pubblico. Di conseguenza, gli istituti di credito italiani hanno dovuto affrontare la questione ognuna per conto proprio.

Intesa Sanpaolo sta lavorando alla creazione di una business unit dedicata alle sofferenze. UniCredit quest'anno ha venduto 700 milioni di euro di sofferenze a Anacap Financial Partners. Lo scorso dicembre ha annunciato la vendita di sofferenze per 900 milioni di euro al fondo di private equity Cerberus European Investments. Unicredit e Intesa stanno inoltre lavorando a una società in cui far confluire crediti ristrutturati con Kkr.

A giugno Banca Monte dei Paschi di Siena ha concordato la cessione di sofferenze all'operatore di private equity Fortress Investment Group. Questo mese Banca Ifis ha rilevato un portafoglio da 1,26 miliardi di crediti non garantiti, la maggiore operazione di questo tipo mai fatta prima. I prestiti non garantiti, piccole somme erogate a investitori retail senza garanzia, sono generalmente ceduti a prezzi con un maxi-sconto del 90% rispetto al valore nominale. Simili compravendite sono meno complicate rispetto alla vendita di prestiti garantiti da immobili perchè si possono impiegare fino a dieci anni in Italia per pignorare un immobile.

Il mese scorso il Fondo Monetario Internazionale si è detto incoraggiato dai segnali che le banche italiane hanno intenzione di affrontare il problema delle proprie sofferenze.

"Ma i crediti deteriorati continuano a crescere e toccano il livello record del 16% degli impieghi perchè il lento ritmo delle svalutazioni non tiene il passo con la creazione di nuove sofferenze", ha detto.

-- ha collaborato Maria Pia Quaglia