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L’incrinatura fra USA e Giappone domina il G7

Avvio dimesso sui mercati globali, caratterizzato da una propensione al rischio contrastata e volumi di scambi ridotti. Come avevamo previsto, il vertice dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali dei paesi G7 svoltosi a Sendai ha fornito poche indicazioni concrete. I membri sono riusciti a definire un accordo sul coordinamento delle politiche macroeconomiche. Si avverte sempre di più la sensazione che il coordinamento stia venendo meno, pare che i membri ritengano che la soluzione migliore sia che i paesi gestiscano da soli le loro politiche interne. La divisione è stata evidenziata dalla frizione fra gli USA e il Giappone e l’approccio fiscale rifiutato da Germania e Regno Unito. Si tratta, di nuovo, di un caso in cui le azioni cozzano con le parole. Prevediamo che il vertice G7, che si terrà il 26-27 maggio a Ise-Shima, si atterrà alla linea ufficiale, anche se non ci saranno risultati concreti. Oltre ai temi legati alle politiche, i membri G7 si sono espressi all’unanimità contro la Brexit. Dai sondaggi condotti nel Regno Unito emerge un chiaro allontanamento dalla Brexit, perché gli indecisi si stanno orientando verso il campo dei favorevoli alla permanenza del Regno Unito nell’UE, i bookmaker inglesi prevedono un 20% di probabilità (rispetto al 24% della settimana scorsa) di un’uscita dall’UE.

I mercati azionari asiatici hanno chiuso per lo più in positivo, con una marginale debolezza dal Nikkei e dai mercati oceaniani. L’USD si è indebolito contro le valute G10 e le divise dei mercati emergenti in Asia, perché nel fine-settimana è rientrato il clamore per il presunto rialzo di tassi della Fed a giugno. Dai dati IMM emerge che sono diminuiti i corti in USD. È interessante notare che le valute che si sono apprezzate di più sono state quelle legate alle materie prime. La coppia NZD/USD ha continuato a salire gradualmente, dopo essere rimbalzata dai minimi di settimana a 0,6711, compiendo un rally fino a 0,6804, sotto la forte resistenza a 0,6850. Le materie prime si sono stabilizzate sulla notizia dell’aumento delle scorte cinesi di minerale di ferro, mentre il greggio si aggirava intorno ai massimi da 6 mesi a quota 47,60 USD per effetto delle interruzioni nelle forniture. I metalli preziosi rimangono in balia del corso dei tassi della Fed, l’oro, infatti, è sceso a 1.250 USD. Poiché sono imminenti vari eventi rischiosi, questa settimana le materie prime e le valute emergenti sono vulnerabili, con gli operatori che tornano ad assumere un’impostazione di avversione al rischio.

Riferendosi chiaramente agli USA, il governatore della BoJ Kuroda ha affermato che la politica monetaria giapponese ha ancora “munizioni sufficienti” e che la banca utilizzerà tutti gli strumenti necessari. Ha ripetuto che la BoJ raggiungerà l’obiettivo d’inflazione al 2%. Kuroda ha affermato che un JPY più forte metterebbe sotto pressione la tiepida ripresa giapponese e che la BoJ “non esiterà” a intervenire o allentare la politica. Questo commento sprezzante durante i colloqui del G7 è arrivato dopo il nuovo avvertimento dagli USA contro la svalutazione competitiva della valuta.

Durante la seduta europea gli operatori monitoreranno i dati PMI da Francia, Germania, e il dato primario dall’Eurozona. Durante la seduta USA, dopo che la Fed ha segnalato che alla riunione di giugno è possibile un intervento sui tassi, i discorsi dei membri della Fed e i dati USA passeranno in primo piano. Per oggi è previsto l’intervento del presidente della Fed di St. Louis Bullard, membro votante del FOMC e noto falco. Prevediamo che Bullard manterrà i suoi toni da falco, raccomandando un rialzo del tasso il prima possibile.

Autore: Swissquote Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online