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Svolta Usa, Europa in stand by

Mentre la riconta dei voti per alcuni stati “chiave” mette in evidenza quanto la Clinton sia poco disposta a rassegnarsi alla clamorosa sconfitta, il neopresidente Trump va dritto per la sua strada con una “road map” già tracciata. Tuttavia, non sono poche le insidie sul suo cammino.

Il trend positivo dei mercati finanziari americani, che hanno risposto con un forte rimbalzo all’effetto traino del dollaro Usa poche ore dopo il discorso di accettazione dell’esito elettorale, ha in effetti visto Trump comunicare efficacemente a Wall Street i suoi piani per “fare grande” l’America. Va detto che Trump è anche supportato dai buoni dati dell’attività industriale.

Una volta riassorbita la sbornia post elezioni, ora gli operatori correggono gli eccessi in attesa degli esiti del meeting OPEC del 30 novembre, che vede Iraq e Iran ancora sulle barricate del dissenso ai tagli produttivi e al congelamento delle quote produttive, e del referendum costituzionale italiano al quale è legato un effetto domino europeo, anticipatore delle prossime tornate politiche in Francia, Olanda, Germania e Austria.

Così le prese di profitto da strategia di fine anno su sterlina inglese, metalli e dollaro Usa lasciano sul campo vittime predestinate soprattutto sulle valute come la lira turca, il peso messicano e la rupia indiana su nuovi minimi, mentre sono anche aumentati gli short sui governativi periferici europei.

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A dicembre la Fed, dopo una pausa di dieci anni, rialzerà i tassi e osservando i valori di mercato dalle opzioni ai futures vi è la percezione di una spinta inflazionistica, aiutata dal piano dei prossimi tre mesi dell’amministrazione Trump.

Deregulation, soprattutto finanziaria, deficit spending e semplificazione fiscale sono le nuove parole d’ordine. Lungi dall’essere un nuovo paradigma i tre punti indicati vogliono comunque rappresentare un’uscita dal New Normal delle misure non convenzionali che hanno portato la Fed a cavalcare per prima e più efficientemente il QE, salvo ora segnare il passo al rientro alla “strada vecchia”, per ridare slancio a una crescita sostenibile e consistente.

Ancora una volta gli USA guardano da lontano l’Europa, alle prese con l’ennesimo tentativo dirigista a conduzione tedesca di trovare nuovi equilibri. Improvvisamente c’è infatti negli Stati Uniti un “imprenditore” che pare aver capito che la via della de-globalizzazione è un autogol ma che per rilanciare gli scambi commerciali in declino a livello globale occorre iniziare a ridare agli investimenti un terreno fertile per crescere e moltiplicarsi.

Indubbiamente non sarà una passeggiata perché negli Usa c’è una nuova bolla immobiliare incombente e, soprattutto, per Trump c’è da ricostruire una politica estera fallimentare del precedente presidente, dove lo scoglio più grande sarà il rapporto con i cinesi all’indomani di dichiarazioni sull’intenzione di rompere un patto “trans-pacifico “asiatico” (TPP) che doveva naturalmente essere il presupposto di quello transatlantico (TTIP) verso l’Europa.

E mentre gli inglesi “gufano” amabilmente proprio su questa frattura del TTIP per insinuarsi nelle relazioni con gli USA c’è da sperare che gli organismi comunitari non stiano a guardare perché un anno di inazione per le tornate politiche prossime nessuno se lo può permettere. Tantomeno l’Italia.

Di Claudia Segre

Presidente GLT Foundation

Autore: ItForum Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online