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Trump fa pace coi mercati. Ma non con il Ftse Mib

Trump fa pace col mondo e i mercati fanno pace con Trump. Ma il cauto ottimismo che aleggia sulle borse europee non coinvolge il Ftse Mib.

La situazione

Alle 13.30 infatti Piazza Affari registrava un saldo passivo di -0,72% a 18.810 punti con il resto delle altre piazze di scambio che vedevano un attivo dello 0,23% sul Dax (11.670 punti), del Ftse 100 a +0,33% (7,253) con la sola eccezione del Cac 40 a -0,13% (4.819 punti).

A quanto pare sembra che i timori di un Presidente Usa pericolosamente fuori dagli schemi, stiano rientrando, in particolare dopo il dietrofront di Trump che ha deciso di seguire la politica della Cina Unica riconoscendo in Pechino il referente principale per la diplomazia Usa.

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Tutto questo permette alle borse europee di muoversi con maggiore fiducia ma non è una leva per Piazza Affari che continua ad essere debole anche a causa dei bancari e dei conti trimestrali di alcuni grandi nomi che hanno deluso le attese. Per il Vecchio Continente sono fattori positivi anche l’inattesa convergenza tra un Mario Draghi che ha confermato un QE fino a dicembre 2017 se non oltre, anche per favorire l’arrivo di un’inflazione al 2%, e una Angela Merkel che cambia idea e rifiuta il progetto di un’Europa a due velocità con i paesi core in pole position per una crescita sostenuta e continuata contro le nazioni della periferia più arretrate dal punto di vista economico. Una mossa, questa, che potrebbe controbilanciare, seppur in parte, i timori per una Francia sempre più euroscettica (almeno per il momento e almeno per la teoria…) e un’Italia ancora in bilico sul fronte della politica e delle elezioni anticipate.

La questione Asia

Ma l’Asia è ancora sotto l’occhio delle telecamere per la visita del premier giapponese Shinzo Abe, visita particolarmente importante alla luce delle politiche che gli usa hanno deciso di adottare verso gli accordi internazionali del Ttp (annullati da Trump e ratificati da Abe) si perchè la banca Centrale Giapponese è una delle maggiori sostenitrici delle politiche di stimolo monetario, le stesse contro cui si è scagliato il repubblicano. Ed è proprio sulla questione valutaria che il numero uno di Tokyo vorrebbe premere l’acceleratore: il sospetto di una guerra valutaria e soprattutto della sua evoluzione verso una nuova fase, impone, secondo lo staff di Abe, la necessità di chiarire il punto principale e cioè che la politica di allargamento della base monetaria adottata dalla Boj ha il compito non di indebolire lo yen per sfruttarne l’appeal in campo export ma per opporre una resistenza ferrea all’altrettanto ferrea deflazione che ha messo radici da ormai un trentennio nella nazione nipponica. L’argomento è particolarmente delicato non solo visto che nei giorni scorsi il nuovo inquilino alla Casa Bianca ha più volte accusato proprio il Giappone (in realtà anche la Cina così come l’Europa) di svalutare volutamente le rispettive monete a svantaggio degli Usa ma anche per un altro motivo.

L'incontro con Abe

A quanto riferiscono fonti diplomatiche, l’incontro avrebbe anche lo scopo di illustrare a Trump progetti specifici per una collaborazione tra le due nazioni, collaborazione che porterebbe anche a proposte per riuscire a rilanciare l’economia Usa; ma questo target è già nella volontà politica dell’attuale amministrazione che si sta impegnando in queste ore per riuscire a dare il via ad un piano di taglio delle tasse e semplificazione fiscale che lo stesso Trump ha definito fenomenale ma che, secondo gli analisti, se effettivamente applicato, nel corso degli anni porterebbe ad un aumento vertiginoso del deficit delle partite correnti e, in parallelo anche ad un rafforzamento del dollaro, lo stesso rafforzamento che si vedrebbe nel caso in cui Trump accettasse le proposte di Abe, e ovviamente che queste raggiungessero effettivamente l’obiettivo proposto. In altre parole l’esatto contrario di quanto vorrebbero gli usa e cioè un’economia forte con un dollaro debole, un controsenso che il presidente sta cercando di far quadrare. In un modo o nell’altro.

Le previsioni degli esperti

Ad ogni modo, gli esperti di Deutsche Bank (IOB: 0H7D.IL - notizie) parlano di un cambio dollaro e yen che, dopo i minimi a 110 potrebbe spostarsi vero i 120-125 yen per ogni dollaro; sarà intorno a quell’area, nello specifico 120, secondo Deutsche Bank, che la BoJ potrebbe prendere provvedimenti per evitare un deprezzamento eccessivo verso il biglietto verde.

Intanto Wall Street è tornata nuovamente al rally sull’onda degli annunci di Trump che ha promesso nel giro di 2 o 3 settimane la presentazione dei provvedimenti sulla riforma fiscale, fugando così le paure dei mercati per un’empasse nella quale rischiava di essere caduto l’entourage.

La prima reazione è stata quella di un Dow Jones che, su nuovi livelli record, ha chiuso a 0,59% ovvero 20.172,40 punti come anche il Nasdaq (Francoforte: 813516 - notizie) , +0,58% a 5.715,18 punti, e l'S&P 500, +0,58% a 2.307,87 punti, il tutto mentre i rendimenti dei Treasuries sono aumentati arrivando a 2,41% ma pur sempre al di sotto dell’allarme lanciato con il target di 2,60% di metà dicembre. Parallelamente si sono diffuse tra gli operatori le ipotesi di un aumento sui tassi di interesse più veloce di quanto finora previsto perchè favorito da tassi reali più alti.

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