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Usa: puntare sulle banche in vista delle trimestrali?

Wall Street ha registrato una chiusura in calo, nel giorno del Columbus Day, dopo i record reiterati delle ultime settimane.

La situazione a Wall Street

Volumi sottili in vista dell'arrivo della nuova stagione delle trimestrali che partirà con i grandi nomi di BlackRock (Sao Paolo: BLAK34.SA - notizie) , Citigroup (NYSE: C - notizie) , Bank of America (Swiss: BAC-USD.SW - notizie) e Wells Fargo (Swiss: WFC-USD.SW - notizie) . Tradotto in numeri, l'ultima seduta del Dow Jones ha visto un saldo dello 0,06%, a quota 22.761,07 punti mentre l'S&P 500 ha chiuso a 0,18% pari a 2.544,73 punti e il Nasdaq (Francoforte: 813516 - notizie) ha lasciato sul terreno lo 0,16%, a quota 6.579,73 punti. Ma questo non spaventa gli analisti che guardano con favore ad un determinato settore che è proprio quello bancario. La conferma arriva da Ubs (Londra: 0QNR.L - notizie) che ricorda come in questo momento sia essenziale puntare a quei titoli che si troverebbero sulla rampad i lancio con la riforma fiscale Usa e la deregolamentazione già in atto, il tutto sullo sfondo di una crescita economica nazionale confermata da un Pil al 3,1%. UBS, quindi, consiglia nomi come Jp Morgan (buy t.p 104 dollari), US Bancorp (buy t.p 58 dollari), KeyCorp (NYSE: KEY - notizie) (buy con tp 22 dollari) mentre per Bank of America, Citigroup, Wells Fargo, Pnc Financial, BB&T e Sun Trust il rating non va ltre il Neutral. L'ottimismo di UBS è condiviso anche da Rbc Capitals Markets, che per le banche Usa parla di una crescita media dell'utile per azione pari al 6,8%. I titoli con rating outperform, secondo le loro proiezioni, sono Northern Trust, Morgan Stanley (Xetra: 885836 - notizie) , JPMorgan (Londra: JPIU.L - notizie) , Citigroup, Bank of America, Wells Fargo, U.S. Bancorp, M&T Bank, BB&T, KeyCorp, SunTrust Banks (NYSE: STI - notizie) e Fifth Third. Anche Société Générale vede di buon occhio i bancari a stelel e strisce e conferma il buy su Jp Morgan, (t.p 104 dollari, e Bank of America (t.p 32 dollari).

I conti degli uragani

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Ma negli Usa è tempo di conti anche riguardo ad altri avvenimenti ben più gravi. A cominciare dagli uragani. Una delle prime vittime è l'American International Group (NYSE: AIG - notizie) (Aig), gruppo assicurativo newyorchese che nel terzo trimestre ha annunciato una perdita pre-tasse che dovrebbe oscillare tra i 2,9 e i 3,1 miliardi di dollari. Alla base di questo risultato, l'uragano Harvey che ha colpito ad agosto la zona del Texas con costi che sono stati registrati tra 1,1 e 1,2 miliardi di dollari e che si vanno a sommare al miliardo di dollari di danni causati da Irma e ai 600-700 milioni creati dall'ultimo, in ordine di tempo, Maria abbattutosi su Puerto Rico. Un mix di eventi che l'amministratore delegato del gruppo Aig, Brian Duperreault, non ha esitato a definire "catastrofi senza precedenti". In realtà sembra però sempre più difficile riuscire a quantificare i danni, soprattutto vista la difficoltà nel capire quali voci includere nel conteggio: Moody’s Analytics, ha conteggiato un totale di 150-200 miliardi di dollari di danni, più o meno lo stesso importo calcolato per quelli provocati dall’uragano Katrina a New Orleans nel 2005. Ma c'è chi invece si spinge oltre e arriva a parlare di 290 miliardi di dollari; a farlo sono gli esperti di AccuWeather che sottolineano come nel computo generale dovrebbero essere inclusi anche altri costi come quelli attribuibili alle evacuazioni, l'aumento del carburante, le perdite delle attività commerciali e l'impatto sull'agricoltura.

Altro settore colpito è quello petrolifero

Nate, l'ultimo uragano presente nella zona del Golfo del Messico, zona ad alta densità di piattaforme estrattive, ha costretto al blocco di oltre il 92% della produzione offshore di petrolio e del 78% di quella di gas naturale secondo i dati forniti dall'U.S. Bureau of Safety (Shenzhen: 300523.SZ - notizie) and Environmental Enforcement. Nate, generatosi come tempesta tropicale, si è rafforzato nelle ore successive sino ad arrivare al grado più pericoloso di uragano e arrivando al Golfo del Messico centrale, spostandosi poi alla foce del fiume Mississippi.

Andrew Lipow, presidente di Lipow Oil Associates tende però a sottolineare che "È stato davvero un evento minore per quanto riguarda l'infrastruttura energetica in generale. I danni, inclusa la produzione e la raffinazione di petrolio, sono minimi" stimando in circa 8 milioni di barili la perdita di produzione petrolifera, una "piccola quantità" nel contesto della produzione mondiale totale. In effetti l'impatto sul barile è stato piuttosto lieve: il Brent è già in ripresa a 56,09 dollari al barile mentre il Wti è arrivato a 49,81 dollari. A guidare le previsioni sono, attualmente, le attese per la prossima riunione a Vienna dell'OPEC, riunione durante la quale si dovranno prendere eventuali decisioni per il prolungamento o meno dell‘accordo per ridurre la produzione e sostenere i prezzi del petrolio. La volontà di base, secondo quanto dichiarato dall segretario dell'OPEC Mohammad Barkindo, sarebbe quella di estendere l'accordo chiuso a fine novembre 2016, oltre l'ultima deadline fissata a marzo 2018.

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