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Vola il consumo di vino bio, vendite cresciute del 60% in 3 anni

(Photo: Ali Majdfar via Getty Images)
(Photo: Ali Majdfar via Getty Images)

(di Giorgio Vincenzi)

Fino a dieci anni fa il vino bio era un prodotto di nicchia relegato a un mercato ristretto fatto di “visionari”. Oggi è in piena espansione: le vendite volano con una crescita del 60% in tre anni e il consumo interno, che nel 2020 valeva circa 40 milioni di euro, dalle prime elaborazioni dei dati si prevede che arriverà nel 2021 a quota 50 milioni. Il perché lo spiega il Report Wine Monitor Nomisma per Valoritalia: il 59% dei consumatori vede nei vini bio una qualità superiore rispetto ai vini convenzionali, e per il 75% degli intervistati c’è il valore aggiunto del rispetto per l’ambiente.

“Origine, sostenibilità e attenzione alla salute rappresentano le tre direttrici principali nella scelta dei prodotti agroalimentari degli italiani. Si tratta di tematiche che coinvolgono necessariamente anche il vino”, afferma Denis Pantini, responsabile agroalimentare & Wine Monitor di Nomisma, “e le imprese vitivinicole hanno compreso benissimo l’orientamento green dei consumatori, tanto che il 90% delle aziende prevede che nei prossimi due anni l’interesse per i vini biologici e sostenibili crescerà”.

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I numeri parlano chiaro per il vino bio. “Dal 2010 la produzione è aumentata di quasi il 110%”, afferma Riccardo Meo della direzione servizi per lo sviluppo rurale dell’Ismea, coautore di un quaderno sul mercato del vino bio pubblicato di recente. “La forte crescita è scaturita anche dalla decisione dell’Unione europea di consentire l’uso del logo biologico sulle etichette delle bottiglie solo a partire dal 2012”.

Poco più di 107 mila gli ettari a vite coltivati bio

Nel nostro Paese nel 2020 sono stati prodotti circa tre milioni di ettolitri di vino biologico. Un quantitativo, ricorda Meo, cresciuto di quasi il 60% in soli tre anni e che rappresenta il 6% di tutto il vino prodotto in Italia (49 milioni di ettolitri). Percentuale destinata a crescere rapidamente: se nel 2013 il vino biologico riguardava non più del 2% dei consumatori, nel 2018, secondo un’indagine Nomisma, il 41% dichiarava di aver bevuto biologico in almeno un’occasione. Tutto ciò ha portato a un aumento delle terre dedicate alla coltivazione della vite secondo i sistemi dell’agricoltura biologica: nel 2019 gli ettari così coltivati erano 107.143 (su un totale di circa 670 mila ettari coltivati a vite da vino): il 112% in più rispetto al 2010.

Nella sola Franciacorta, nel Bresciano, oltre il 65% delle aziende vitivinicole sono bio. “Ciò è dovuto a una diffusa sensibilità ambientale”, afferma Silvano Brescianini, presidente del Consorzio Franciacorta, “e alla volontà di certificarla a favore del consumatore. Negli ultimi anni abbiamo avviato collaborazioni con le università di Milano, Brescia e Padova su progetti per studiare la biodiversità e conoscere la vita nel sottosuolo del vigneto. Vogliamo capire sempre meglio come poter ottenere vini più legati al territorio aumentando la fertilità dei suoli, sequestrando più CO2, incrementando la biodiversità”.

L’Italia tra i leader mondiali nella produzione di vino bio

“La superficie mondiale a vite biologica è poco meno di mezzo milione di ettari sui sette milioni di ettari complessivi”, continua Meo. “Spagna, Francia e Italia sono i principali produttori di vino bio e insieme coprono una superficie di vite biologica di circa 350 mila ettari. Seguono, a distanza, gli Stati Uniti e la Turchia”. Il vino bio italiano, prodotto in oltre duemila cantine, è particolarmente apprezzato nei mercati stranieri e il consumo riflette la geografia dell’agroalimentare biologico particolarmente gradito nei Paesi del nord Europa dove il potere di acquisto è mediamente più alto e dove è anche spiccata la sensibilità alle tematiche ambientali.

“I primi quattro Paesi consumatori di vino bio sono la Germania, la Francia, il Regno Unito e gli Stati Uniti dove l’acquisto delle bottiglie certificate cresce nonostante vi sia una tendenziale riduzione del consumo di vino”, precisa Meo, “Anche in Italia le vendite sono in ascesa: negli ultimi tre anni nella grande distribuzione sono cresciute a un ritmo di circa il 15% annuo”, continua, “con picchi di oltre il 30% durante le festività. L’incidenza resta comunque bassa. Su cento euro spesi al supermercato per il vino solo due sono da imputare a quello biologico”.

La nuova frontiera è il vino sostenibile

Negli ultimi anni anche per i vini, come per il resto dei prodotti agricoli, i consumatori pongono attenzione a quelli che valorizzano la sostenibilità ambientale. Su questo fronte numerose aziende, in Italia e non solo, stanno adottando processi produttivi che riducono molto l’impatto sul clima. “Uso di energie rinnovabili, stoccaggio di CO2 mediante l’impianto di siepi e boschi, impiego di materiali biodegradabili nei processi produttivi, uso di nemici naturali nel controllo dei parassiti e altre azioni ancora hanno permesso a queste aziende di raggiungere standard produttivi di alto livello in relazione alla riduzione degli impatti sull’ambiente”, afferma Gianfranco Caoduro presidente onorario di World Biodiversity Association, ideatrice della certificazione Biodiversity Friend. “Negli ultimi anni un numero sempre maggiore di viticoltori italiani ha adottato approcci innovativi nella produzione, coniugando l’uso di nuove tecnologie con il ritorno a pratiche agricole tradizionali, più rispettose dell’ambiente e della salubrità del prodotto”.

E il biologico come si pone rispetto alla richiesta dei consumatori di fare attenzione a tutte le pratiche che favoriscono la sostenibilità ambientale? “La vitivinicoltura biologica è un modello di agricoltura che prevede per i produttori diversi impegni agroambientali, tra i quali anche il divieto di utilizzare sostanze chimiche di sintesi”, ricorda Riccardo Meo. Per Caoduro, “seguire i dettami dell’agricoltura biologica è sicuramente un passo in avanti fondamentale. Ma, oltre all’abbandono dei pesticidi di sintesi, si dovrebbero introdurre anche più stretti criteri per la conservazione della biodiversità e la tutela del territorio. Per fortuna gran parte delle aziende biologiche viticole già lo fanno”.

Sostenibilità è anche la parola d’ordine della Slow Wine Coalition, una rete internazionale di cui fanno parte vignaioli, appassionati e professionisti della filiera. Alla base della Coalition c’è il “Manifesto per il vino buono, pulito e giusto” - al quale ha aderito anche FederBio - che fornisce le linee guida per una produzione vitivinicola improntata al rispetto del territorio, degli eco-sistemi e dei diritti di tutti gli attori della filiera. L’appuntamento per i produttori di tutto il mondo che praticano un’agricoltura sostenibile e che si riconoscono in questo Manifesto è a Bologna dal 26 febbraio al primo marzo 2022 con la prima edizione della Slow Wine Fair.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.