The show can't go on: la storia del circo itinerante bloccato in Belgio dalla pandemia
Artisti che si allenano come possono, animali da nutrire e mantenere e nessun biglietto da vendere
La Boschi sulla proposta di confronto di Italia Viva con il Governo
Dalla giacca in jeans agli occhiali da sole mignon e stondati, i look più belli della collabo di inizio anno.
L'ex parlamentare nel 2010 venne definito "voltagabbana" per il suo salvataggio al governo Berlusconi: "Non serbo rancore ma dobbiamo smetterla di denigrare l'avversario"
"Scegliete l'amore. La violenza non è mai giustificata". Il discorso della First Lady uscente.
Questa stagione la borsa dei (nostri) sogni ha il colore del cielo
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Il Milan è vicinissimo al calciatore in forza al Chelsea, Tomori. I dettagli della trattativa.
Il calciatore della Roma ancora alle prese con l'infortunio, e ora con il Coronavirus, ha cancellato il suo post
AGI - Per 15 anni è stato ignorato l'allarme sui rischi legati ad una pandemia, ora gli effetti rischiano di pesare sul mondo delle imprese, del lavoro e sulle giovani generazioni sulle quali si sono abbattute due crisi economiche globali. È l'allarme lanciato nel Global risks report 2021 del World economic forum che elenca nell'ultimo rapporto quali sono i rischi sugli effetti a breve, medio e lungo termine del Covid-19. Il Wef avverte che la pandemia rischia innanzi tutto di di ampliare le disparità d'accesso alle tecnologie e alle competenze digitali, e questo in futuro potrebbe "mettere in discussione la coesione sociale". A pagarne gli effetti infatti saranno "in particolare i giovani di tutto il mondo, perché si trovano ad affrontare la seconda crisi globale della loro generazione, che li potrebbe escludere dalle opportunità del prossimo decennio". Il report sottolinea inoltre come il 2020 abbia visto "gli effetti catastrofici dell'ignorare i rischi a lungo termine", come appunto le pandemie, un allarme lanciato dal Wef ma "ignorato negli ultimi 15 anni". "Nel 2020 abbiamo visto gli effetti dell'ignorare la preparazione e ignorare i rischi a lungo termine", precisa il Wef nel report, dove si aggiunge che "la pandemia Covid-19 non solo ha causato milioni di vittime, ma ha anche ampliato le disparità sanitarie, economiche e digitali di lunga data". Ma oltre all'impatto sulle nuove generazioni, l'istituto di Ginevra sottolinea come le difficoltà finanziarie, di digitalizzazione e di reputazione derivanti dal Covid-19 minacciano anche la persistenza sul mercato di molte aziende e della loro forza lavoro, creando disparità che potrebbero causare una ulteriore "frammentazione della società". Mentre una prospettiva geopolitica "sempre più tesa e fragile ostacolerà anche la ripresa globale se le potenze di medie dimensioni non avranno un posto al tavolo globale". Quanto ai pericoli più temuti, l'indagine del Wef svela che nel breve termine (0-2 anni) si teme soprattutto il diffondersi di malattie infettive, le crisi occupazionali, il divario digitale e la disillusione dei giovani. Nel medio periodo (3-5 anni) preoccupano i rischi economici e tecnologici, come lo scoppio di bolle finanziarie, il crollo di infrastrutture informatiche, l'instabilità dei prezzi e la crisi del debito. Mentre nel lungo periodo (5-10 anni) si temono soprattutto le minacce derivanti da armi di distruzione di massa, collasso dello stato e perdita di biodiversità, come il progresso di tecnologie pericolose per l'uomo. "Nel 2020, il rischio di una pandemia globale è diventato realtà, cosa che questo rapporto evidenzia dal 2006. Sappiamo quanto sia difficile per i governi, le imprese e le altre parti interessate affrontare tali rischi a lungo termine, ma la lezione qui è che tutti noi dobbiamo riconoscere che ignorarli non li rende meno probabili", commenta Saadia Zahidi, amministratore delegato del World Economic Forum. "Mentre i governi, le imprese e le società cominciano a emergere dalla pandemia, devono ora urgentemente plasmare nuovi sistemi economici e sociali che migliorino la nostra resilienza collettiva e la nostra capacità di rispondere agli shock, riducendo le disuguaglianze, migliorando la salute e proteggendo il pianeta", continua Zahidi, che conclude: "Per contribuire ad affrontare questa sfida, l'evento della prossima settimana, The Davos Agenda, mobiliterà i leader globali per dare forma ai principi, alle politiche e alle partnership necessarie in questo nuovo contesto".
Il premier Giuseppe Conte parla al Senato, in apertura della giornata di discussioni che si concluderà con il voto di fiducia per il governo.
Il neo assessore al Welfare della Regione Lombardia Letizia Moratti avrebbe chiesto di tenere in considerazione, per la ripartizione dei vaccini anti-Covid, il Pil delle regioni. Il web, in seguito alle dichiarazioni, si è scatenato: ecco i migliori meme da chi paragona la Moratti alla Regina Maria Antonietta per la celebre frase “Se non hanno più pane, che mangino le brioches” o Cetto Laqualunque con “Più pil(u) per tutti”.
LOLNEWS.IT - La pizza è tra i prodotti che fanno grande l'Italia in tutto il mondo: gustosa, economica, relativamente semplice da preparare, rappresenta un appuntamento settimanale irrinunciabile per molti Italiani. Impossibile elencare tutte le varianti che negli anni sono state realizzate (alcune decisamente discutibili), ma alla fin fine la più apprezzata resta sempre quella più semplice, condita con pomodoro e mozzarella. Nei mesi scorsi, inoltre, in tantissimi hanno provato a prepararla in casa - come hanno dimostrato la razzìa di farina e lievito nei supermercati - per darsi una botta di vita durante il lockdown, e in effetti tra i benefici della pizza c'è anche quello di influenzare positivamente l'umore e renderci felici: ecco cosa c'è nell'impasto. (Foto: Shutterstock - Music: "Funday" from Bensound.com)
Migliorando l’accesso ai vaccini, si potrebbero salvare 1,5 milioni di vite in più ogni anno. Rudi Van den Eynde (Candriam) spiega come la rivoluzione tecnologica agirà da vero e proprio acceleratore, amplificando tutti gli sviluppi in corso
Occhi puntati su Cattolica, dopo che un articolo del Sole 24 Ore ha riportato che dopodomani "giovedì 21 gennaio, come da precedente calendario, il board della società, già riunito in sede straordinaria domenica 17 gennaio, terrà una nuova riunione per lavorare sulle questioni aperte". Il titolo Cattolica Assicurazioni avanza di quasi +3% a 4,24 euro. La notizia viene ripresa dalla nota odierna di Mediobanca Securities, che fa notare, tra i temi chiave in agenda, la scelta di un consulente per la definizione di una lista di consiglieri, alla luce della richiesta recente dell'Ivass di dare il via a un cambiamento completo del board, a partire dal prossimo 1° aprile. Ancora, il board valuterà i progressi nei negoziati con Banco BPM aventi per oggetto la fine anticipata di Vera Vita (dell'accordo sulla bancassurance). Così il Sole 24 Ore: "Per fine mese Cattolica conta anche di aver definito, nel bene o nel male, anche la diatriba con Banco Bpm. In ragione di questo i contatti tra le parti continuano. L'ambizione sarebbe quella di accertare entro gennaio se è possibile trovare un'intesa che soddisfi le parti, ovviamente non ai prezzi proposti dal Banco (335 milioni contro 755 milioni pagati due anni fa), per chiudere l'accordo nella bancassurance. Se questo si rivelasse impossibile, l'intenzione sarebbe quella di procedere come da prassi con l'arbitrato. Di certo l'istituto, sebbene abbia l'interesse a chiudere la partnership per poter concentrare le proprie energie in altre direzioni, non ha particolare urgenza. Da capire dunque come procederà il confronto". Della fine di dicembre le indiscrezioni secondo cui "Cattolica sarebbe disposta a chiedere, oltre ai circa 340 milioni di valore dei fondi propri delle joint venture, ulteriori 500 milioni, ovvero la differenza rispetto a quanto pagato per la partnership due anni prima più 100 milioni di ulteriori danni di immagine", a seguito della decisione di Banco BPM di esercitare la call option sulla joint venture bancassicurativa. La call option è stata esercitata dall'istituto guidato da Giuseppe Castagna alla metà di dicembre. In particolare Banco Bpm ha esercitato l'opzione di acquisto della quota del 65% detenuta da Cattolica Assicurazioni nel capitale delle joint venture Vera Vita (che detiene il 100% della compagnia assicurativa irlandese Vera Financial DAC) e Vera Assicurazioni (che detiene il 100% di Vera Protezione). La banca ha motivato la mossa con l'ingresso di Generali in Cattolica, attraverso l'operazione societaria e industriale avvenuta nel corso dell'estate. L'operazione ha determinato un cambio di controllo su Cattolica e pertanto ha dato titolo a Banco Bpm di esercitare l'opzione di acquisto della quota detenuta da Cattolica nel capitale delle joint venture. Gli analisti di Mediobanca Securities hanno scritto nella nota pubblicata oggi che "deve essere compreso se le due parti potranno trovare un accordo, in caso contrario la questione passerà alla Corte. Infine, il vecchio piano strategico (di Cattolica) è terminato alla fine del 2020, ed è necessario un nuovo piano. Si tratterà di un piano triennale ma con una maggiore attenzione ai primi 12 mesi di attività, viste le circostanze attuali". Mediobanca Securities ha un rating "underperfom" su Cattolica, con target price a 4,20 euro.
MOSCA (Reuters) - Il Cremlino ha detto che non si lascerà intimidire dalla volontà espressa da alcuni Paesi dell'Occidente di imporre ulteriori sanzioni alla Russia per l'arresto del leader dell'opposizione Alexei Navalny, aggiungendo che si tratta di una questione esclusivamente interna.Navalny, che ha chiesto ai russi di scendere in strada a protestare, è stato arrestato domenica all'aeroporto di Mosca e messo in custodia cautelare e per 30 giorni dopo essere tornato per la prima volta in Russia da quando la scorsa estate è stato avvelenato con un agente nervino.
AGI - La pandemia di coronavirus ha colpito l'Africa. In molti avevano ipotizzato un'ecatombe, ma non c'è stata. I sistemi sanitari dei vari paesi del continente sono precari, insufficienti a sopportare un'ondata di contagio. A ragione, in molti, pensavano che questo avrebbe portato a un numero di contagi ma, soprattutto, di decessi enorme. Ma così non è stato. I catastrofisti della prima ora sono stati smentiti. Certo i problemi e le fragilità sono enormi, tuttavia, molti paesi africani sono stati in grado di far fronte al coronoavirus spesso in modo molto efficace, come il Senegal che è stato giudicato il secondo paese al mondo per capacità di contrastare la pandemia. Ora l'Africa è di fronte, come tutto il mondo, alla sfida dei vaccini, ma il rischio è che rimanga buon ultimo in questa lotta. I vaccini non sono ancora arrivati. Di questo, e molto altro, ne abbiamo parlato con Guglielmo Micucci, direttore generale di Amref Health Africa-Italia, che proprio oggi ha annunciato la fusione con un'altra Ong italiana, il Ccm-Comitato Collaborazione Medica. Partiamo subito da una considerazione: l'ecatombe che a inizio pandemia si pensava accadesse in Africa non c'è stata. I catastrofisti sono stati smentiti. Questo è merito dell'Africa o della debolezza della pandemia che ha colpito il continente? "È vero, l'ecatombe di cui si parlava ad inizio pandemia, e a cui si pensava che l'Africa sarebbe andata incontro, non c'è stata. Penso tuttavia che questo non sia stato determinato da un singolo fattore, ma che sia dovuto ad un'ampia serie di elementi. C'è da considerare che mentre l'Italia, in quanto primo Paese occidentale ad essere contagiato, è stata colta impreparata, il breve lasso di tempo che c'è stato tra lo scoppio della pandemia e la prima ondata africana, ha lasciato alla maggior parte dei governi africani il tempo di prendere le giuste precauzioni. Un ulteriore fattore da considerare nell'analisi del contagio limitato nel continente africano è l'età media. In Africa, nonostante l'elevata variabilità, l'età media è di circa 19 anni, e nell'Africa Subsahariana circa il 40% della popolazione ha meno di 15 anni e soltanto il 5% più di 60: questo potrebbe aver aumentato i casi di positivi asintomatici e i casi con sintomi meno violenti. È inoltre probabile che i numeri reali siano superiori a quelli dichiarati, per difficoltà di riconoscimento e monitoraggio del virus. Ciò detto, è necessario sottolineare che non esiste una motivazione cristallizzata o una risposta monolitica al perché del contagio limitato, ma esiste un ampio ventaglio di consapevolezze". In Africa ci sono paesi virtuosi e altri meno. Alcuni hanno affrontato la pandemia con determinazione, come il Senegal, altri l'hanno utilizzata per imporre restrizioni per mettere il bavaglio alle opposizioni e questo si è verificato in quei paesi che sono andati a elezioni. Cosa ne pensa? "Questo è il grande pericolo di questo percorso. Quando si vive in uno stato di emergenza, un governo è legittimato a ridurre, in maniera temporanea o permanente, dei diritti. Penso, per esempio, alla semplice libertà di movimento. In occidente, sappiamo che il nostro stato di diritto tornerà ad essere quello che era e anche per questo accettiamo, consapevoli della necessità delle limitazioni imposte, ciò che ci viene richiesto. In Africa, tuttavia, esistono diversi casi in cui il rischio di retrocedere in maniera duratura nell'ambito dei diritti che si stavano raggiungendo, con la scusa della competente sanitaria, è alta. Una legittimazione a ridurre la libertà dei cittadini, in contesti in cui lo stato di diritto è ancora molto fragile, purtroppo può essere estremamente pericolosa". L'Africa ha dimostrato una certa resilienza di fronte alla pandemia. Secondo lei quali sono stati i fattori, anche creativi, che hanno permesso al continente di non essere travolto dalla pandemia? "Non si può dire che questa sia una fortuna, ma sicuramente l'aver attraversato, in tempi recenti, altre epidemie, ha permesso ad alcuni Paesi africani di non essere travolti dalla pandemia, ma soprattutto di non essere colti impreparati. Penso soprattutto ad Ebola, un'epidemia per la quale molti Paesi dell'Africa occidentale hanno, negli anni, disposto un modello di preparazione simile a quello per COVID-19, e questo può aver aumentato la capacità di risposta". A suo giudizio quali sono stati i paesi che hanno dato maggior prova di determinazione nell'affrontare la pandemia? "Più di un Paese del continente africano ha affrontato concretamente ed efficacemente l'emergenza. Il Senegal, per esempio, ha dimostrato una gestione coesa della situazione di crisi, coinvolgendo i governi, gli individui e le comunità, e raggiungendo dei traguardi notevoli. Anche il Sudafrica, che sta vivendo ora un momento estremamente difficile a causa della variante 501.V2, ha dimostrato da subito un'ottima capacità di risposta. I numeri rilevati in Sudafrica sono stati, da subito, molto più alti rispetto ad altri Paesi; un esempio di un'elevata capacità di riconoscimento e monitoraggio del virus. Molti altri Paesi, nonostante abbiamo ottenuto risultati e traguardi meno considerevoli, hanno dato prova di altrettanta determinazione". La catastrofe che molti pronosticavano, non c'è stata. Cosa può insegnare l'Africa all'Occidente più ricco? "Più che sottolineare ciò che l'Africa può insegnare all'Occidente, credo che sia fondamentale evidenziare l'importante principio che la pandemia ha insegnato ad alcuni, e ricordato a tutti: quello dell'uguaglianza. Il COVID-19 ci ha ricordato che siamo figli dello stesso pianeta e ci ha insegnato il principio di una salute globale. Una cosa che accade in Cina o altrove si può riverberare ovunque, e questo è il nodo da cui è nata una battaglia comune: trovare rapidamente un vaccino. Bene, ora sconfiggiamo il COVID-19, ma mentre lo facciamo, e soprattutto dopo averlo fatto, non dimentichiamoci questi insegnamenti. Ci sono malattie facilmente debellabili che, se fossero gestite con il medesimo spirito universale, si potrebbero eliminare. Se oggi il COVID-19 ci ha fatto scoprire una salute globale, ci auguriamo che anche la lotta ad altre malattie lo diventi". Secondo lei, la cooperazione tra ONG e Stati ha funzionato nell'affrontare la Pandemia? "Penso di sì. Mi baso anche sull'esperienza di Amref, che ha dimostrato l'efficacia della cooperazione tra ONG e Stati. Amref, con molte istituzioni, ha da tempo una relazione precostituita e funzionale. Ma al di là della nostra esperienza, mi sento di dire che in molti Paesi, l'arrivo del COVID-19 ha creato talmente tanto terrore e sgomento che ha chiamato a raccolta le migliori risorse dei rispettivi Paesi, e ha fatto in modo che anche il rapporto tra gli Stati e le ONG – che non sempre è funzionale – si solidificasse. Ho notato un desiderio ed una necessità collettiva di rimboccarsi le maniche, senza mai sovrapporre ruoli. Grazie a questa collaborazione si è infatti riusciti a creare una risposta sistematica e coerente". L'Africa ora deve affrontare la sfida dei vaccini. Le vaccinazioni non sono ancora partite e il continente rischia di rimanere buon ultimo su questo fronte. E il problema sarebbe grave vista la crisi economica e le “varianti del virus” che si sono sviluppate, per esempio in Sudafrica. "Il fatto che il continente africano rimarrà ultimo su questo fronte non è un rischio, purtroppo, ma una certezza. Gli accordi che i Paesi Occidentali hanno preso in merito ai vaccini hanno quasi pienamente saturato le linee di distribuzione e le varie aziende che li producono. E di conseguenza, è presumibile che i Paesi africani si rivolgeranno alla Russia o alla Cina per la fornitura di vaccini, andando in questo modo ad amplificare la preesistente dipendenza e la potenziale sudditanza che i Paesi africani hanno nei confronti, soprattutto, della Cina. I Paesi africani già in debito con la Cina rischiano quindi di precipitare in una dipendenza permanente, a causa di una necessità talmente imminente da non poter essere ignorata. Come dichiarato dall'OMS, in materia di approvvigionamenti, sarebbe necessario infatti interrompere gli accordi bilaterali a danno del Covax, il programma istituito insieme all'organizzazione internazionale per i vaccini, per assegnare i lotti a 92 Paesi a basso e medio reddito. Da una parte c'è quindi l'aspetto sanitario, e dall'altra l'aspetto geopolitico, altrettanto difficoltoso". Infine, oggi lanciate una fusione tra la vostra organizzazione e un'altra ONG italiana. In un mondo spesso diviso, questa fusione cosa racconta al mondo della cooperazione? "Questa fusione, tra Amref e CCM, racconta che ci si può mettere insieme senza entrare in competizione. Racconta che ci si può unire in maniera diversa, che non sono utopie, che si può fare senza tagliare i costi, creando valori aggiunti e non levandone. Racconta di due realtà che mettendosi insieme dimostrano che una fusione significa provare davvero a fare di più e a farlo meglio. Perché ci permette di essere più forti, di ampliare l'impatto delle nostre azioni e di dare maggiore voce alle persone a cui ci rivolgiamo. Questo percorso racconta anche che bisogna essere pronti a lasciare indietro piccoli pezzetti di sé per una maggiore stabilità e sicurezza futura. Spero tanto che altre realtà possano prendere spunto. Spero che Amref e CCM abbiano dimostrato che si può fare".
(Reuters) - I prezzi del petrolio scambiano in rialzo per l'ottimismo sulle misure di stimolo dei governi e per l'aumento della domanda che riduce i timori che nuove misure restrittive contro la pandemia possano far diminuire il consumo di carburante.L'Agenzia internazionale per l'energia (AIE) ha tagliato le stime sulla domanda di petrolio nel 2021, ma ha indicato una ripresa nella seconda metà dell'anno a una media annua di 96,6 milioni di barili al giorno.
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